Lo Zibaldone
Succedeva a Chicago in una fredda sera d’inverno
Una pièce di Giuseppe Marchetti Tricamo
Nella pièce Succedeva a Chicago in una fredda sera d’inverno, scritta da Giuseppe Marchetti Tricamo che, con la Compagnia Ad Hoc, debutterà in prima nazionale il 6 maggio alle ore 20:30 al Teatro Manzoni di Roma (ma si potrà leggere: il libro è edito da Ibiskos – Ulivieri) si rappresenta magistralmente in forma poetica e appassionata, la vicenda del giovane avvocato Paul Harris e dei suoi amici che il 23 febbraio 1905 diedero vita a Chicago, sulle rive del lago Michigan, al Rotary, importantissima organizzazione filantropica che si è diffusa in tutto il mondo entrando a far parte del Consiglio delle Nazioni Unite.
Assistiamo, nel susseguirsi dei quadri e delle scene, con in sottofondo lo swing della tromba di Buddy Bolden, il sapiente uso dei chiaroscuri, le luci soffuse, l’emergere dei protagonisti dal fondo verso il proscenio, al vivace dialogo e le varie fasi dell’elaborazione dell’idea, fino al suo inverarsi quando, a fine rappresentazione Paul e Jean Thomson, sua moglie, ormai anziani, ripercorreranno le tappe di un viaggio lungo un sogno. Anzi, proprio la prima scena vede Jean sola in una stanza illuminata, nella casa di Comely Bank sulle colline di Chicago, ricordare ed ella rimane poi in penombra quando entrano in scena i quattro amici. Mi pare, oserei, che l’Autore abbia sottolineato in tal modo l’importanza del ruolo della compagna di una vita di Paul Harris e quella di tutte le donne che, pur profondendo tante energie, non poterono entrare ufficialmente nel Rotary fino agli anni Settanta.
Composta di sette scene la pièce ci mostra l’ambiente americano in cui i protagonisti si muovono. La Chicago trasformatasi in pochi anni da poco più che un paese in una metropoli industriale e mercantile, nella quale fu costruito il primo grattacielo, che doveva fare i conti con il gangsterismo portato dal flusso immigratorio soprattutto di origine italiana. Tutti gli amici si lamentano del venir meno, con la crescita incontrollata della città, dei valori di solidarietà, di umanità, amicizia, vicinato in un vivere frenetico indifferente e con tanta povertà. Harris sostiene che non si debba fare l’elemosina a chi non ha mezzi, bensì cercare di aiutarlo perché riesca a prendere in mano la propria vita. L’umanesimo propugnato da Harris, il valore dei rapporti umani e dell’amicizia, sarà questa una delle basi di fondo di tutti i Rotariani che oltre l’impegno in campo sociale, morale, li ha visti occuparsi nella campagna di eradicazione della polio e nel Terzo Mondo – ma non solo – combattere la denutrizione, la carestia e le tante malattie frutto della povertà.
La pièce evidenzia con tocco lieve e al tempo stesso fortemente icastico, le similitudini di quei tempi col nostro presente. Gli Stati Uniti che dovevano fare i conti con una immigrazione da tutto il mondo che portava anche gli italiani a volere la merica. Così Paul Harris e i suoi amici discutono dell’arrivo a Ellis Island e dell’attesa cui dovevano sottostare i migranti. E la statua della Libertà con i sette raggi del Sole sul capo, allegoria della diffusione della Libertà nei sette mari del mondo, in mano la Dichiarazione d’indipendenza, le catene spezzate. Paul racconta della sua difficile vita fatta di fatica e lavoro e solo alla morte del nonno adorato decise di studiare mantenendosi agli studi con mille lavori.
Gli amici si rifanno a Jefferson secondo il quale tutti gli uomini sono creati liberi e uguali, espressione di quella religione civile che dà un senso di appartenenza alla Nazione Americana.
Essi vogliono lottare contro le diseguaglianze, l’indifferenza, lo schiavismo e l’oppressione dell’uomo sull’uomo, le discriminazioni e qualunque forma di esclusione. Paul sostiene che ci si debba sostenere reciprocamente con amicizia e onestà manifestando queste qualità nell’ambito del lavoro. Egli si rifà anche al grande poeta Emerson che scriveva che l’unico modo per avere un amico è essere amico.
Ma Paul non è l’unico saggio della “compagnia”: c’è anche Harry che afferma che bisogna saper guardare oltre i confini della propria casa, del proprio Paese, per trasmettere sentimenti di pace, di speranza, di gioia, di bellezza della vita.
Così, in quella fredda sera di Chicago, è cominciata la storia.
L’Autore nel finale fa dire a Jean che è il presente che ha fatto e farà sempre la Storia, anche quella del Rotary.
Nel libro la pièce è introdotta magistralmente da Massimo Teodori che sottolinea le capacità dell’Autore.
La pièce è molto ben strutturata, sia nella scelta dei tempi che dei dialoghi e rende l’entusiasmo dei protagonisti che si avviano verso un’avventura straordinaria. L’inizio e la conclusione sono affidate a Jean, protagonista donna e espressione di capacità introspettiva e sensibilità particolarmente acute.
In questi particolari vedo un omaggio a tutte le donne, non posso che essere grata all’Autore.
Cesira Fenu
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