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Lo Zibaldone

Riflessioni essenziali su intelligence e geopolitica

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Persone, tecniche, esperienze, momenti raccontati da Giancarlo Elia Valori che, nel suo recente libro, mette in campo la sua conoscenza approfondita e diretta dei fatti.

DI GIANLUCA COLOMBO

Qual è la logica dei Servizi Segreti? Che relazione c’è fra la loro azione, spesso considerata con sospetto e imbarazzo da politici e opinione pubblica, e il Senso dello Stato? Quali dovrebbero essere le caratteristiche fondamentali delle Agenzie in una fase storica in cui le società democratiche europee sono minacciate da vicino dal terrorismo “jihadista”? A queste e a tante altre domande risponde il professore Giancarlo Elia Valori con il suo ultimo libro su Intelligence e geopolitica. Riflessioni in libertà, Edizioni Rubettino.

In questo libro l’autore mette in campo una conoscenza approfondita e diretta di fatti e di persone che hanno rappresentato alcuni momenti cruciali della storia del nostro Paese, una storia spesso di eccellenza nelle massime Istituzioni  dello Stato. Come quella dell’Ammiraglio Fulvio Martini, o del Capo della Polizia Vincenzo Parisi o quella, caratterizzata da una profonda amicizia personale con l’autore, di Francesco Cossiga, grande esperto in materia di Intelligence

Professor Valori, cosa sono i servizi segreti?

Preferisco il termine Servizi di Intelligence, cioè quella Amministrazione dello Stato che si occupa di quella parte di tecniche, saperi, esperienze, tradizioni che riguardano gli arcana imperii  (segreti o meglio, principi del potere, dello Stato ndr). Il segreto riguarda anche altre parti dello Stato, ma nel caso dell’Intelligence ha senso perché riguarda il possesso di una logica profonda per la decisione politica, che di per sé vale molto di più di una notizia o di una raccolta di dati, più o meno riservati. D’altro canto, come diceva Nietzsche: “ciò che è profondo ama la maschera”…

Professore, ci viene d’obbligo la domanda sui “servizi deviati”, di cui tanto abbiamo sentito parlare nel nostro paese in passato…

Facciamo un passo indietro: senza Intelligence, non c’è Stato e viceversa: se l’Esecutivo funziona, allora la raccolta dei dati informativi funziona e si operano le scelte giuste. Se questo non accade, allora lo Stato passa inevitabilmente in mani sconosciute, spesso nemiche. Se si legittima la “leggenda nera” dei Servizi, con le sciocche chiacchiere sulle loro “deviazioni”,  si delegittima ancor oggi la loro attività. Le deviazioni ci furono, ma casomai riguardavano la classe politica: purtroppo abbiamo avuto decenni in cui i Servizi , peraltro troppo collegati a partiti e correnti, sono stati utilizzati per mascherare il lungo ventennio di Stragi di Stato (secondo alcuni il periodo che va dalla strage di Piazza Fontana-1969 alla strage di Bologna-1980 ndr) in cui i veri operatori furono agenti di Servizi nemici in primo luogo, ma anche di quelli formalmente amici…

Professore, lei pensa che ci sia una relazione fra la “trasparenza” di queste strutture e la democrazia?

La contrapposizione fra “segreto” e “democrazia” è falsa e superficiale. Tanto maggiore è il segreto e tanto più forte la sicurezza dello Stato. E quindi di tutti i suoi cittadini. Sottoporre i Servizi ad una pluralità di figure politiche (come succede oggi in Italia) vuol dire fare in modo che essi assumano sempre la decisione più facile, indolore, tranquilla, meno invasiva o pericolosa, ma non è affatto detto che sia la più giusta. È la politica che deve adeguarsi alle categorie di un vero Servizio di Intelligence, non il contrario.

Può farci qualche esempio calato nella storia del nostro Paese?

Pensi a Fulvio Martini, uno straordinario direttore del SISMI. Fulvio era convinto, me lo ricordo bene, che nel Mediterraneo ci fosse la nostra vera base di influenza. Ricordo che sotto l’ala di un aereo ci fu un duro colloquio fra nostro Amm. Martini e il pari grado francese: il tema era la Tunisia e la Libia…non fu’ possibile un accordo perché i Francesi avevano obiettivi contrastanti con i nostri. Alla fine furono i nostri Servizi che, in una notte convulsa, fecero arrivare al potere Zine El Abidine Ben Ali, il nostro candidato rispetto ai francesi e ai sovietici. Questa scelta, presa in assoluta autonomia e segretezza, tutelava efficacemente i nostri interessi energetici e stabilizzava la nostra posizione in Libia, tutto questo senza andare contro Israele, anzi Tel Aviv stimava profondamente l’Amm. Martini, e infatti lo appoggiò in questa brillante operazione. Vorrei citare anche Vincenzo Parisi, lo straordinario prefetto che comandò la Polizia di Stato nelle crisi del terrorismo rosso e nero : ben prima dell’inizio del jihad globale proclamato da Osama Bin Laden con l’azione contro le Torri Gemelle dell’11 Settembre 2001, l’Ammiraglio Fulvio Martini e il capo della Polizia Parisi parlavano, con me e con altri, di una nuova strategia italiana nel Mediterraneo e di una nuova lettura dei tradizionali contrasti di quell’area, che sono per noi un problema di vita o di morte politica e economica…

Cosa è cambiato oggi? Come possiamo contrastare lo jihadismo che cova nelle nostre società europee?

Fondamentale in questa situazione sempre piu’ HUMINT (Human Intelligence ndr) …ma temo che senza una azione di guerra, anche prolungata, in Medio Oriente contro l’Isisi/Daesh, condotta da una coalizione UE, dalla Federazione Russa e con l’aiuto della Cina, magari anche solo logistico e finanziario, l’azione del Califfo avrà successo.

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