Raccontare gli eventi
Pordenonelegge: un reportage
di GISELLA BLANCO
Il Festival Letterario Pordenonelegge, diretto da Gian Mario Villalta, si riconferma essere una finestra di voci polifoniche in ascolto del panorama contemporaneo, non solo italiano.
Un ruolo centrale è dato alla Poesia, con la Libreria della Poesia di Librerie.coop curata da Linda Del Sarto e Matteo Bianchi, gremita di sillogi, saggi, nuove pubblicazioni e volumi introvabili, accanto alla quale c’è una sala interamente dedicata agli eventi sulla scrittura in versi, nell’elegante cornice di Palazzo Gregoris.
Se le auto-antologie rappresentano sempre un atto di responsabilità – e di coraggio -, come è emerso dal dialogo tra i due autori Marco Munaro e Pasquale Di Palmo, rispettivamente editore de Il Ponte del Sale e curatore della collana Gli Insetti di MC Edizioni, è sul tema del disincanto che si è acceso il dibattito non polemico più interessante di questa edizione del Festival.
Il corpus poetico di Antonella Anedda è stato riunito in una importante pubblicazione di Garzanti: durante il ricco dialogo tra la poetessa e Antonio Riccardi è emerso come la poesia sia un meccanismo di ricerca formale non solo di carattere personale ma pubblico, rivolto necessariamente a una pluralità di lettori e di esperienze.
Isabella Leardini ha invece presentato l’antologia curata per Vallecchi, Costellazione parallela – Poetesse del Novecento. L’incontro, moderato da Alessandra Corbetta, ha messo in luce come la ricontestualizzazione storica sia necessaria per superare la damnatio memoriae che ha ammantato molte talentuose firme femminili del secolo breve, assenti perfino nelle antologie più famose.
Il confronto tra Franco Buffoni e Italo Testa, moderato da Tommaso Di Dio, ha fornito uno sguardo trasversale sulle poetiche dei due autori, sui punti di raccordo (come l’emersione, nelle opere di entrambi, dell’attenzione per i diritti civili), e sulle differenze di approccio e di ricerca, ambedue attente non solo al dato contenutistico ma anche a quello formale e teoretico del testo.
L’evento serale di Stefano Raimondi, moderato da Tommaso Di Dio, ha aperto una profonda finestra di riflessione sulla figura, effettivamente mai estinta, de L’Antigone, reinterpretata da Raimondi per Mimesis in una chiave ermeneutica attualizzata ed estremamente simbolica della presenza femminile nelle società.
Lo stesso Di Dio, in dialogo con Roberto Cescon, ha parlato della sua antologia Poesie dell’Italia contemporanea, 1971-2021, data alle stampe per Il Saggiatore qualche mese fa, e già al centro di molte considerazioni. Sono i testi ad essere i protagonisti assoluti, con la relativa riduzione della funzione autoriale che mette in ombra la ricchezza e la polifonia del panorama letterario. Il curatore ha fornito, per ogni decennio in esame, una serie di testi che fossero sintomatici dell’atmosfera linguistica di quel lasso di tempo.
Alla mia domanda sull’assenza – molto contestata – di alcuni nomi dall’antologia, Di Dio risponde che “le esclusioni derivano dal mio punto di vista, da ciò che ritengo significativo di un periodo o meno. Si tratta di un atto di onestà, la responsabilità è mia in qualità di unico curatore. Tali esclusioni derivano da due ordini di ragioni. Intanto c’è da considerare la questione del metodo. Ho scelto testi con una spiccata personalità stilistica che mi risultavano più utili per il mio lavoro. Mi sono reso conto che i testi degli autori con una lingua più tradizionale, più classica, sono stati un po’ penalizzati dalla mia selezione che non tiene conto, come ho più volte detto, dei percorsi autoriali. Ciò accade, per fare degli esempi, a coloro che si sono ispirati a De Angelis, a Sereni, a Bertolucci, a Bandini. Ferruccio Benzoni, per esempio, che a me piace molto, avendo una lingua vicina a quella dei suoi modelli, non è menzionato in questo lavoro perché non era funzionale. Invece, autori come Attilio Lolini, purtroppo dimenticato e con una lingua assai spigolosa e irriverente, è stato utile da inserire tra i poeti degli anni Settanta. Un’altra ragione strutturale è la fine della divisione tra la tradizione lirica e quella sperimentale: per me è arrivato il tempo di unire questi due filoni. D’altronde, probabilmente, le forme di scrittura più interessanti degli ultimi vent’anni sono quelle che hanno travalicato questi confini. Si possono fare due nomi, Mario Benedetti e Giuliano Mesa, interpretati in modi opposti a seconda del gruppo di appartenenza. Un lavoro antologico di questo tipo risiede anche in ciò che non viene inserito. Non ho voluto fare una antologia canonizzante ma dinamica, dialogica, che spero solleciti lavori anche di segno opposto. È necessario tornare a un livello dialogico della letteratura”.
Estremamente significativa è stata la presentazione del Sedicesimo Quaderno Italiano di Poesia Contemporanea, a cura di Franco Buffoni per Marcos Y Marcos, con i sette autori selezionati e, cioè Marilina Ciaco, Alessandra Corbetta, Noemi Nagy, Dimitri Milleri, Antonio Francesco Perozzi, Michele Bordoni, Stefano Modeo. Il tema del disincanto, prorompente soprattutto nella poesia dei più giovani, mette in evidenza un atto di coscienza sulla realtà che ha perso, agli occhi di questi autori – forse bruscamente – la sua indole incantata.
Francesco Brancati, intervistato per lo speciale su Pordenonelegge a cura di Fahrenheit a Rai Radio3, ha affrontato un tema importante: i poeti raccontano sé stessi? Il suo ultimo libro, L’assedio della gioia (Le Lettere), si struttura attorno a due parole, due concetti: assedio e gioia.
La gioia ha un aspetto duplice, si può indagare come un sentimento che viene recepito in senso positivo, ma può avere anche esiti negativi se portato all’eccesso (gioia è solo felicità ma anche individualismo e realizzazione dei propri bisogni). Dall’altro lato, l’assedio – concetto tristemente venuto alla cronaca negli ultimi tempi – mette in risalto la stra-ordinarietà delle situazioni comuni di vita: l’emergenza della nostra società spesso diventa la norma.
La possibilità di fare innesti linguistici e concettuali è una delle caratteristiche più spiccate della poesia. Leggendo Brancati, si può pensare a Variazioni belliche di Amelia Rosselli, poetessa che risuona fortemente nel suo lavoro poetico. Quella di Rosselli, infatti, è una figura fondamentale per il poeta, che l’ha conosciuta, non a caso, su una rivista musicale. Si rimarcano, così, le connessioni tra le arti. Unire il linguaggio poetico e quello musicale, senza separazioni di discipline, è una suggestione necessaria. Un aspetto fondamentale della poesia, d’altronde, è quello visivo, legato alla sintassi percettiva delle immagini. Da qui, l’ispirazione per l’evento Musica, colore, immagine dell’autore durante il Festival, presso la Casa della Musica.
Alla mia domanda sul concetto di disincanto, Brancati risponde: “Credo che il disincanto sia in parte legato allo scorrere del tempo, e quindi, per alcuni, assumere un atteggiamento disincantato può equivalere a provare nostalgia per qualcosa che è stata e adesso non è. Oppure rappresenta una disattesa proiezione del futuro: in entrambi i casi il disincanto (che può essere sociale e collettivo o strettamente personale) deriva da uno slittamento temporale. Un po’ come la poesia”.
Un altro rilevante focus ha riguardato il poeta irlandese Premio Nobel Seamus Heaney, del quale ricorreva, ad agosto, il decennale dalla morte. Un evento dedicato alle scuole superiori è stato condotto a Palazzo Montereale Mantica da Paolo Febbraro e Matteo Bianchi che si sono confrontati sul rapporto letterario e traduttivo del poeta d’oltralpe con il nostro Pascoli, a partire da On home ground – Come a casa (Samuele Editore) e sul nuovo volume di tutte le sue poesie, curato da Marco Sonzogni per Mondadori.
Al Premio Strega Poesia, promosso dalla Fondazione Bellonci e diretto da Stefano Petrocchi, è stato dedicato un importante evento a Palazzo Montereale Mantica, condotto da Gian Mario Villalta ed Elisa Donzelli. Erano presenti i cinque finalisti: Silvia Bre con le sue parole “che sembrano persone” e il profondo senso del mistero; Umberto Fiori con la sua compulsione al divertissement (e agli autoscatti); Vivian Lamarque, con la sua levitas e le molte voci che si uniscono in un unico canto d’amore; Stefano Simoncelli con il suo coraggio nell’esposizione all’io che si sveste e alla vita che finisce; Christian Sinicco con la sua ricerca di una ragione unificatrice dei fenomeni dell’esistenza.
Con l’evento dedicato a Versodove, condotto da Vincenzo Bagnoli, Linda Del Sarto, Francesco Deotto e Fabrizio Lombardo, si è affrontata la spinosa questione dell’esistenza e della sopravvivenza delle riviste cartacee e di quelle on line. La sinergia con la casa editrice Puntoacapo nasce dalla vicinanza di quest’ultima con la poesia, impresa oggi coraggiosa e quasi controcorrente. La rivista lavora su scritture letterarie che non sono necessariamente poetiche e soprattutto su inediti, attraverso un approccio critico ma non di impianto accademico. Anche in questo caso, le contaminazioni tra le arti sono centrali.
Gli eventi dedicati alle nuove uscite delle due Collane storiche di Pordenonelegge – Samuele Editore hanno cristallizzato la tematica del disincanto e dell’inquietudine legata al modo di vivere contemporaneo, accendendo un dialogo tra voci poetiche che va oltre il mero discorso generazionale.
La Gialla ha presentato le sue nuove pubblicazioni con gli autori Alessandro Anil, Vincenzo Della Mea e Giuseppe Nibali, mentre la Gialla Oro ha dato alle stampe i libri di Mario De Santis, Martin Rueff e Tina Volarič. I poeti hanno raccontato le loro opere, attraversando gli insidiosi sentieri del linguaggio poetico e del loro personale approccio con la realtà, il paesaggio e il tempo.
Il Premio Pordenonelegge Poesia 2023, dedicato ai poeti che non hanno ancora compiuto trent’anni, è stato vinto da Diletta D’angelo con la sua silloge Defrost edita da Interno Poesia.
Se la scrittura non è – o non dovrebbe essere solo – espressione della vita individuale ma di quella sfera esistenziale che appartiene a tutti, un Festival Letterario come Pordenonelegge continua a confermare come la letteratura abbia, allo stesso tempo, una forte dimensione intimistica e una altamente congregante.
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