Connect with us

Sociale

Non è un destino

Published

on

di Francesco Roat

Se c’è un libro da leggere tutti credo sia proprio: Non è un destino, di Lella Palladino (sociologa, femminista, nonché attivista dei centri antiviolenza), incentrato su: La violenza maschile contro le donne, oltre gli stereotipi, come recita il sottotitolo del testo. L’aberrante e tragico fenomeno, infatti, non fa che riproporsi; specie in Italia, dove la cronaca riporta un femminicidio circa ogni tre giorni. Tuttavia i misfatti che colpiscono l’altra metà del cielo ‒ per dirla con Mao Tse Tung ‒ non si limitano solo a tali eventi delittuosi estremi, ma comprendono svariate altre forme di prevaricazione, abuso, brutalità e maltrattamenti d’ogni tipo, che spesso non vengono nemmeno denunciati, anche soltanto per timore di violenze ulteriori/peggiori.

Per non parlare dell’atteggiamento di quanti (troppi) pensano ancora che la maggior parte delle donne molestate ‒ specie all’interno dell’ambito familiare ‒ non siano brave moglie/madri, risultino incapaci di gestire i conflitti di coppia o, comunque sia, abbiano in qualche modo provocato/favorito coi loro atteggiamenti la violenza subita. Se poi il contesto degli abusi è esterno alla famiglia, molti benpensanti spesso ritengono che le vittime siano quanto meno colpevoli d’esser state troppo disinvolte/disponibili con gli uomini o non abbiano tenuto conto del pericolo consistente nel frequentare luoghi e persone poco convenienti ad una donna onesta. Come a dire, in parole povere: “è sempre lei che se l’è cercata”.

Sottolinea a tale proposito Palladino, con l’amarezza di chi si scontra ogni giorno coi pregiudizi e/o i negazionisti: “È incredibile come più gravi siano state le violenze, più forti le umiliazioni e le offese, e più generalizzato si riveli il rimprovero per colei che tutto questo lo ha subito”. Rimarcando un altro stereotipo, quello sugli autori dei femminicidi e degli stupri, spesso dipinti dai media come quasi sempre affetti da patologie psichiche, tossicodipendenze o devianze di vario genere, che in un certo qual senso motiverebbero (o, peggio ancora, almeno in parte giustificherebbero) ‒ i delitti perpetrati. Si tende insomma a psicologizzare la violenza maschile: “spostando il problema sull’altro, sul diverso, su chi è fuori dalla normalità”.

Invece purtroppo, afferma risolutamente l’autrice, tali atti criminosi sono compiuti da persone normalissime, di qualsiasi estrazione sociale e culturale. E il luogo dove la maggior parte di queste violenze vengono compiute non è certo la strada, ma la casa, le mura domestiche, oltre le quali il grido di dolore di tante donne non riesce nemmeno a farsi udire da chi sta fuori: da quanti preferiscono pensare che il violento abbia il solo volto dell’extracomunitario, del drogato, dell’alienato; mentre invece finisce per rivelare i tratti dell’uomo della porta accanto ‒ marito, fidanzato o ex di turno che sia ‒ il quale, poverino, magari non ha retto all’abbandono o al rifiuto ed ha perso la testa finendo per prendersela con lei.

Sbarazzarsi di questi stereotipi, di queste banalizzazioni, è allora il primo passo per affrontare seriamente il problema in questione. Bisogna, insiste Palladino, cambiare prospettiva e ‒ è la tesi del libro ‒: “adottare un’ottica femminista riconoscendo la violenza come la manifestazione di rapporti di potere squilibrati tra i generi e come la modalità attraverso la quale gli uomini cercano di tenere ancora le donne in posizione subordinata”. Il j’accuse è netto, circostanziato e sofferto, nella constatazione di come decenni di “impegno politico”, spesi a denunziare la violazione della di libertà e dei diritti umani delle donne, non sono bastati: “a scardinare radicalmente stereotipi e luoghi comuni”. Ma una consapevolezza, secondo l’autrice, è ormai chiara all’interno dei movimenti femministi, ossia che: “la genesi della violenza maschile è profondamente radicata nell’ordine simbolico” sedimentato nella visione del mondo tradizionale/maschilista tutt’ora dominante.

Vale a dire che in un mondo/discorso culturale, com’è ancora il nostro, generalmente gestito dall’uomo-maschio, il soggetto finisce per rimanere quasi sempre declinato al maschile e la femmina viene piuttosto ad assumere sin troppe volte solo il ruolo di oggetto cui affidare mansioni in subordine o di cura/accudimento; in primis del proprio partner: spesso una sorta di vero e proprio signore al quale è dovuta obbedienza e docile sottomissione. Si obietterà: non è così, non siamo più nel medioevo, la donna ormai è del tutto emancipata. Christine Lagarde è la presidente della Bce, Ursula von der Leyen è presidente della Commissione europea, Kamala Harris è la vicepresidente degli USA.

Verissimo, ma il pianeta è pur sempre governato nei suoi molteplici ambiti cruciali soprattutto da uomini. E resta il fatto che, come denuncia Palladino, quanto che oggi più ci dovrebbe inquietare è: “la normalità della violenza maschile, quella che trasversalmente attraversa le biografie delle migliaia di donne che si rivolgono ai centri antiviolenza, giovani o vecchie, povere e ricche, laureate o scarsamente scolarizzate, disoccupate o brillantemente in carriera, quella che nella quotidianità rende un inferno la vita di una donna su tre”.

Lella Palladino,

Non è un destino.

La violenza maschile contro le donne, oltre gli stereotipi

Donzelli Editore, 2020

pp. 216, euro 14,00.

Continue Reading
Click to comment

You must be logged in to post a comment Login

Leave a Reply

Copyright © 2020 Leggere:tutti