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Librerie chiuse e tabaccai aperti, ha senso?!

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Librerie chiuse fino al 25 marzo, così impone il nuovo decreto firmato dal Presidente del Consiglio lo scorso 11 marzo, ma ci chiediamo, ha senso che vengano chiuse queste attività ma non, per esempio i tabaccai? Ci sarebbero diversi punti a favore di questa domanda, come la gestione degli spazi all’interno del negozio: in libreria generalmente le persone vagano da scaffale a scaffale in cerca di qualcosa di nuovo, permettendo così di poter rispettare il metro di distanza con facilità, in tabaccheria invece spesso ci si sta in fila per comprare le sigarette, per pagare le bollette o comprare un gratta e vinci, difficile pensare che sia facile tenere un metro tra una persona e l’altra in questo caso. C’è l’aspetto etico, l’urgenza di tenere aperti i tabaccai è prettamente legata alle dipendenze da tabacco, cosa che personalmente potrei anche capire essendo io fumatore, ma chiudere una libreria per così tanto tempo (non si parla di Feltrinelli, Mondadori o di altre grandi catene che si riprenderanno in poco tempo) è una frustata sulla schiena dei già zoppicanti piccoli rivenditori che stavano già attraversando un periodo estremamente complicato. L’Associazione Italiana Editori, su questo argomento, si è subito mossa chiedendo “Immediate misure di sostegno per l’intera filiera del libro, così da ripartire dopo lo stop per l’emergenza Coronavirus”. Continua poi Riccardo Franco Levi, il presidente di AIE “È indispensabile e urgente che il governo e il parlamento facciano tutto ciò che serve per far sì che il mondo del libro regga e superi questo difficilissimo momento. Già prima dei decreti che hanno limitato e quindi sospesa la libera circolazione dei cittadini in Lombardia e poi in tutta Italia avevamo segnalato un calo di vendite del 25% con punte del 50%. La chiusura totale avrà conseguenze gravissime per noi editori e rischia di compromettere la rete delle librerie fisiche, già in forte difficoltà prima dell’emergenza Coronavirus, e dell’intero sistema”.
Levi chiede poi al Governo “Una deduzione fiscale per gli acquisti di libri, ricostituzione della dotazione originaria della carta cultura per i giovani (la cosiddetta 18App), un rafforzamento del fondo destinato alle famiglie bisognose per l’acquisto dei testi scolastici fermo da vent’anni alla cifra di 103 milioni di euro”. Prosegue poi il comunicato dell’AIE che “Chiede inoltre, accanto alle altre associazioni confindustriali, strumenti per far fronte alla crisi di liquidità e ammortizzatori sociali in grado di preservare ogni professionalità interna al settore e scongiurare così perdite di posti di lavoro. La chiusura delle librerie non è il solo grave danno che sta subendo il settore, oggi alle prese con la cancellazione e la riprogrammazione delle Fiere e dei Saloni nazionali e internazionali. “Stiamo rischiando – spiega Levi – un circolo vizioso fatto di calo dei consumi, cui segue diminuzione delle prenotazioni, delle tirature, quindi del lancio delle novità. Questo si può tradurre in un calo della lettura i cui bassi indici già adesso segnalano che siamo in emergenza. L’Italia che uscirà dalla crisi Coronavirus non può permettersi di ripartire senza libri e lettori”.
Sono tante le librerie che hanno provato con coraggio e convinzione a rimanere aperte, ma questo ultimo decreto taglia di fatto le gambe alle piccole realtà, inoltre ribadendo ancora una volta quanto questo Governo abbia realmente a cuore la cultura.
Io fumo e leggo, toglietemi il tabacco e impazzisco, ma toglietemi i libri e mi ammalo di tristezza.

Pietro Patrizi

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