Lo Zibaldone
Friedrich Nietzsche, La gaia scienza
di Francesco Roat
“La gaia scienza” (Die fröhliche Wissenschaft), di Friedrich Nietzsche, è oggi considerata unanimemente dagli studiosi una delle opere cruciali del filosofo tedesco tra quelle composte nell’ultimo, intenso suo periodo creativo; si pensi appena al fatto che tra la prima edizione (1882) e la seconda (1887) vengono pubblicati testi quali Così parlo Zarathustra e Al di là del bene e del male; e che La genealogia della morale verrà data alle stampe giusto nel novembre 1887. Senz’altro opportuna ci pare perciò, da parte di Feltrinelli, la scelta di riproporre ai lettori italiani tale scritto basilare nella nuova e pregevole traduzione di Susanna Mati, a cura della quale è pure l’ampia nonché puntuale postfazione (un vero e proprio saggio critico) che completa il volume. Va precisato altresì che per la prima volta, ne La gaia scienza, Nietzsche utilizza testi poetici che qui si pongono sullo stesso piano degli aforismi filosofici.
Come si evince a partire dal titolo, il sapere a cui l’autore si riferisce è connotato da una gaiezza (Frölichkeit) che pare contrastare molto con la concezione/venerazione fatta propria dai coevi di Nietzsche rispetto alla scienza, che essi (al contrario di lui) concepivano quale serioso ambito di ricerca al fine di conseguire certezze, evidenze inconfutabili, verità definitive. E, come sottolinea Mati, già solo la comparsa reiterata di una figura caratteristica: quella del giullare (Narr) ‒ termine che in tedesco significa non solo burlone/buffone ma pure folle ‒, vuoi nella Gaia scienza, vuoi nello Zarathustra, ci fa comprendere quale assolutamente altro modo di concepire la scienza sia quello nicciano, che potrebbe forse venir esemplificato tramite un estratto dall’aforisma intitolato Causa ed effetto: “di tutto facciamo in primo luogo una immagine, la nostra immagine! È sufficiente considerare la scienza come l’umanizzazione più fedele possibile delle cose”.
Come siamo lontani dalla fiducia positivistica tardo ottocentesca nelle presunte verità/oggettività che la moderna metodologia scientifica sarebbe in grado di far raggiungere all’uomo. “Guardiamoci dal dire che vi siano leggi nella natura”, stigmatizza invece il filosofo di Röcken, in quanto: “Ci sono solo necessità”. Colto attraverso tale ottica, ogni nostro tentativo di spiegare il mondo, più che un’argomentazione si rivela piuttosto essere un’interpretazione. Ed i postulati logico-matematici che stanno alla base del nostro sapere tecnico-scientifico non risultano altro ‒ a detta di Nietzsche ‒ che meri “articoli di fede”. Inoltre, una: “interpretazione che non ammette che contare, calcolare, pesare, vedere e afferrare e nient’altro” sarebbe “una grossolanità e un’ingenuità”. La scienza tradizionale, dunque, non garantisce né produce giudizi universalmente validi; quindi essa appare al Nostro una sorta di “pregiudizio”. Mentre una gaia scienza sarà semmai quella tesa ad irridere ogni vano tentativo di assolutizzazione, e soprattutto in grado di far sì che gli uomini sappiano autoironicamente/salutarmente: “Ridere di sé stessi”.
La critica della scienza materialistico-positivista si lega al discorso intorno alla cosiddetta morte di Dio che, nel testo in questione, “L’uomo folle” (Der tolle Mensch) annuncia al mercato. Ritener Dio defunto equivale qui al declino/rigetto di ogni credenza/istanza metafisica e al venir meno della fede in principi assoluti e fondanti, che per Nietzsche non hanno più senso alcuno. L’illusione di poter basarsi su un qualche fondamento (Grund) stabile è abbandonata nella consapevolezza di trovarci semmai di fronte ad una realtà abissale (Ab-grund) senza fondo/fondamento saldo. Ma il no nei confronti dell’ipotesi/ipostasi divina è coniugato ad un deciso sì nei confronti dell’esistenza, giacché la filosofia del gaio sapere nicciano non s’arresta certo alla semplice pars destruens e non si limita a stilare un referto dei mali irreversibili del pensiero occidentale. Nel coraggio dell’amor fati, nella serena presa d’atto dell’irrazionalità e caoticità del mondo sta la forza del laico éthos espresso nella figura dell’Übermensch nicciano (super-uomo od oltre-uomo, che dir si voglia), il quale, una volta liberatosi completamente dalle pastoie di moralismi e dogmatismi, dovrebbe essere in grado di superare lo stallo nichilistico, riuscendo ad accogliere l’esistenza per ciò che è tramite la strategia del saper “gaiamente vivere”, volta a far propria e celebrare l’eterna gioia del divenire.
Si tratta allora di giungere ad essere davvero degli spiriti liberi intorno ai quali tratta a lungo un altro libro di Nietzsche: Umano, troppo umano, dove si auspica un’umanità che, nonostante sia stata costretta ad abbandonare le illusioni di certezze assolute e consapevole di non potere far più riferimento a garanzie ontologiche d’alcun genere, sia in grado di muoversi senza angoscia attraverso la molteplicità/precarietà delle apparenze. Sviluppando cioè, come ha bene suggerito Gianni Vattimo: “la capacità di sostenere l’esistenza oscillante, e la mortalità”. Si tratta, in altri termini, di puntare a quella che il Nostro ‒ alla fine del Quinto libro della Gaia scienza ‒ chiama: “la grande salute”, ossia “una nuova salute, una più vigorosa, più scaltra, più tenace, più temeraria, più gioiosa, di quanto sia stata ogni salute fino a oggi”. Benessere globale costantemente da riconquistare e da saper all’occorrenza sacrificare, allorché la dura necessità ce ne privi, tramite un vitalismo entusiastico il cui carattere gaio è ben compendiato nell’ultimo canto del principe Vogelfrei: poesia con la quale l’opera termina e di cui mi pare opportuno citare almeno le due strofe conclusive (davvero felicemente tradotte da Susanna Mati), all’insegna di un sapere poetico-poietico.
“Cacciamo i perturba-cielo,
gli oscura-mondo e spingi-nubi,
rendiamo limpido il regno dei cieli!
Soffiamo… oh spirito di tutti gli spiriti
liberi, essere in due con te fa
stormire la mia gioia come una tempesta. –
Affinché eterna sia la memoria
di questa felicità, prendi il suo lascito,
prendi con te e solleva questa corona!
Lanciala in alto, più lontano, più oltre,
assalta la scala del cielo,
e appendila – alle stelle!”
Friedrich Nietzsche, La gaia scienza, a cura di S. Mati, Feltrinelli 2022, pp. 368, euro 11,00

You must be logged in to post a comment Login