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Svelati i nomi dei 22 cantanti che recitano l’Infinito di Giacomo Leopardi

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Il ministro per i Beni e le Attività culturali e per il turismo, Dario Franceschini, ha finalmente svelato i nomi dei 22 cantautori italiani che hanno recitato L’Infinito di Giacomo Leopardi. «Grazie a Pausini, Zucchero, Giorgia, Vanoni, Paoli, Baglioni, Ligabue, Conte, Zero, Mannoia, Nannini, Turci, Venditti, Morandi, Pravo, Jovanotti, Vecchioni, Fossati, Guccini, De Gregori, Celentano, Mina», ha twittato Franceschini, «le loro voci insieme un atto d’amore per la poesia».
Composta nel 1819 e pubblicata nel 1825, L’infinito è senza alcun dubbio la poesia più famosa di Giacomo Leopardi. È il primo degli Idilli leopardiani, ovvero di quei sei componimenti con cui il poeta intende recuperare la condizione originale della Poesia tramite il ricordo, e venne poi introdotto dall’autore nella sua raccolta poetica più famosa, quella dei Canti del 1831.
L’infinito venne composto da Leopardi negli anni della sua prima giovinezza a Recanati, la tanto odiata/amata cittadina natale. Ambientata sul Tabor, monte poco distante dalla residenza leopardiana e presso il quale l’autore amava rifugiarsi per riflettere, la poesia è un testo emblematico della poetica del vago e dell’indefinito che Leopardi, proprio in quegli anni, stava elaborando nel suo Zibaldone.
I versi di Leopardi parlano all’uomo di ogni epoca, e per questo anche dopo due secoli questa poesia conserva ancora un fascino incredibile: ma, allo stesso tempo, essa ci parla di mondi remoti e lontani, di un’epoca in cui l’uomo era ancora capace di ascoltare e far propri i “sovrumani silenzi” e la “profondissima quiete”. Il tutto attraverso la lente dell’immaginazione. L’idea straordinaria è tutta nei primi versi, ne l’incipit de “L’infinito”: e cioè che sia una siepe a suscitare l’immaginazione di spazi infiniti e lo faccia proprio perché impedisce la vista, è di per sé sorprendente. Ci aspetteremmo che a farlo siano piuttosto gli spazi aperti dai quali sia possibile spingere lo sguardo a grande lontananza. Invece è l’interiorità di ciascuno a fare la differenza, come dimostra duecento anni dopo il capolavoro di Leopardi. Si tratta di una lirica di una forza incredibile, che parla di un processo interiore. Per Giacomo Leopardi, infatti, l’infinito è in stretta relazione all’immaginazione. Non è un caso che, nel luglio del 1820, cioè in seguito alla composizione di questo idillio, il Sommo appunta sullo Zibaldone che a volte “l’anima” desidera “una veduta ristretta, perché allora in luogo della vista lavora l’immaginazione, e il fantastico sottentra al reale”.
Rai e Mibact, per celebrare la chiusura del bicentenario dell’Infinito, hanno ideato un video nel quale 22 artisti della canzone italiana leggono un frammento della poesia. E’ andato in onda su tutti i canali Rai e sulla piattaforma RaiPlay dal 19 al 31 dicembre: “Un dono senza volto e senza nome, una dichiarazione d’amore collettiva da parte di grandi artisti nei confronti di una poesia che ci portiamo dentro per tutta la vita. Del resto la canzone d’autore è erede della grande poesia”

Video 200 anni di Infinito

di Caterina Lucia

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