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Versi sulla fiducia nel cuore

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di Francesco Roat

 

Fabieu Martino Torneri è un monaco buddhista, noto per i suoi corsi e ritiri spirituali, effettuati non solo in vari Paesi del Sud-est asiatico, ma pure negli Stati Uniti ed in Europa. Da un paio d’anni, inoltre, egli pratica e insegna anche in Italia. E giusto grazie alla Casa Editrice torinese Lindau ha recentemente pubblicato un commento ad uno dei testi basilari dello Zen: i Versi sulla fiducia nel cuore: opera poetica attribuita al maestro Sengan (VI secolo d.C.). Tenuto conto che nella lingua cinese mente e cuore sono indicati con il medesimo carattere: , qui con il termine cuore non si allude alla mera dimensione organica o emozionale, né con esso si fa riferimento alle facoltà intellettuali o alla conoscenza. “Questi versi ‒ precisa Torneri ‒ parlano di una realtà che trascende il pensiero e il senso stesso di essere separati dal mondo, ed è questo che vogliamo indicare con la parola cuore”. Allo stesso modo la cosiddetta fiducia nel cuore presuppone un atteggiamento che non è fideistico, ottimistico o speranzoso, ma una totale apertura alla realtà così come essa è.

Un altro termine da riconsiderare è la parola meditazione, la quale ‒ in ambito buddhista ‒ non implica affatto la riflessione su alcunché, né propriamente fa riferimento ad un metodo o ad una tecnica particolare per raggiungere la quiete interiore. Meditare, semmai, è da intendere: “come un modo di spingere la mente a lasciare la presa”, limitandosi a percepire/esperire la realtà ‒ ogni aspetto di essa ‒ senza filtri interpretativi o pregiudizi d’alcun genere. Ovvio si tratti anche di fare esperienza della nostra interiorità; il che significa in parole povere semplicemente stare in ascolto di se stessi. Questo comporta però fare attenzione solo al momento presente ed una sorta di non-agire intenzionale. Ovvero bisogna limitarsi al qui e ora, con l’astensione da intenti programmatici o, peggio ancora, da progetti di miglioramento spirituale.

Occorre inoltre mettere al bando ideali, aspettative, nonché convinzioni basate su concetti e teorie astratte; basta: “disdegnare ogni scelta e preferenza”, scrive il maestro Sengan, che ci invita ad evitare: “avversione e attaccamento”. Va evitata quindi la divisione fra le cose, situazioni e persone classificate manicheisticamente come positive o negative, piacevoli o spiacevoli, buone o cattive. Si tratta di accogliere la vita così come viene. È necessario appunto far sbocciare in noi un quotidiano atteggiamento fiducioso, sereno ed accogliente. Il segreto, osserva Torneri, è uno sguardo interiore che ci dica: “Vai bene così come sei. Non c’è bisogno che cambi”. Se sorge improvvisa un’agitazione o un’inquietudine non serve a nulla cercare di allontanarle; meglio ospitarle nella nostra psiche fino a che svaniranno spontaneamente. La meditazione, in fondo, è tutta qui: accettare quanto accade. Amor fati, per dirla col Nietzsche interprete dello stoicismo, amore nei confronti del fato, di ogni sorte.

Allora e soltanto allora, a detta dell’autore, la realtà si può manifestare come vastità. “È uno spazio sconfinato dove c’è posto anche per il dolore, anche per la tristezza, e dove dolore e tristezza possono sbocciare ed evolversi secondo il loro corso naturale, senza forzature né manipolazioni”. Altrove egli nota ancora, questa volta rispetto ai periodi di scoraggiamento, nel problematico momento in cui tutto ciò a cui ci aggrappavamo si rivela illusorio rifugio: “Quando un’illusione scoppia, come una bolla di sapone, piano piano iniziamo a scoprire che quello che è rimasto è infinitamente più bello e più prezioso di quello che abbiamo perso. L’insicurezza è l’atto di prendere coscienza della mia limitatezza, ma è anche la realizzazione che c’è qualcosa di molto più grande di me, e che sono indissolubilmente parte di quello”. È la scoperta della fondamentale unità di tutto quanto esiste.

Per concludere, a onor del vero, va precisato che non solo i maestri buddhisti ci hanno insegnato quanto detto sopra. Anche in Occidente vi sono stati veri filosofi (= amanti della saggezza) e mistici che si son rivelati praticamente in linea con lo Zen o il taoismo, suggerendoci l’accettazione incondizionata, il distacco dall’inessenziale, il rifiuto dell’individualismo/egocentrismo e l’amore altruistico (agape). Basterebbe soltanto fare riferimento alla predicazione ed all’esempio di Gesù. A questo proposito mi permetto di citare l’ultimo saggio di Raffaella Arrobbio ‒ Fratelli spirituali, Gabrielli editori ‒ intorno alle figure parallele del Buddha e di Cristo, dove viene attestata la basilare affinità tra i testi buddhisti e quelli evangelici, evidenziando un aspetto di non poco conto, ovvero che le predicazioni dei due maestri ‒ al di là di ogni distinguo dottrinale o teologico ‒ esprimono alla fin fine la stessa esperienza/visione spirituale.

Fabieu Martino Torneri, Versi sulla fiducia nel cuore, Lindau 2024, pp. 202, euro 19,00

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