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Poesia

Roberto Bolaño, L’università sconosciuta

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di Augusto Ficele

Quando penso a Bolaño, penso a un corpo magro e sudato, che riprende fiato dopo una corsa, mentre aspira avidamente dal filtro di una sigaretta. E penso anche che i romanzi dell’autore sudamericano, come I Detective selvaggi e 2666, siano scialuppe ubriache nel mare magnum del Novecento e veri e propri seminari della gioventù, disposti a tutto pur di farti desiderare che la tua casa sia l’uscita di quella casa e che la maglietta sporca di pomodoro si possa sostituire con il tuo sangue. Il volume intitolato L’università sconosciuta è il concentrato dell’intera opera poetica di Roberto Bolaño, che ultima il percorso che la casa editrice Sur ha cominciato pubblicando prima Tre e in seguito I Cani romantici, con l’immancabile traduzione di Ilide Carmignani. Le poesie, scritte tra il 1977 e il 1993, nutrite di irruenze espressive e svolte surreali, rappresentano in parte le fasi digestive della sua produzione in prosa. È bene ribadire che la sua vocazione lirica è una miccia che si accende nella dimensione narrativa, acquista respiro e musicalità, non perde tensione rispetto alla forma “tradizionale” che adopera in poesia, seppur in maniera discontinua, oscillando tra poemetti, racconti brevi e versi liberi. Bolaño, tra gli innumerevoli lavori, è stato anche un guardiano notturno in un campeggio poco distante da Barcellona, non serve altra tesi per sostenere la fondatezza di un poeta: «Non ammalarsi mai Perdere tutte le battaglie / Fumare a occhi socchiusi e recitare bardi provenzali / nel solitario andare e venire dalle frontiere / Questo può essere la sconfitta ma anche il mare / e le taverne Il segno che equilibra / la tua immaturità premeditata e le allegorie / Essere uno e debole e muoversi».

Roberto Bolaño,

L’università sconosciuta

pp. 476, euro 24,00,

edizioni Sur, 2021

 

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