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Risposta a Dante
di Francesco Roat
È recentemente stata pubblicata la seconda parte dell’opera Risposta a Dante, scritta dallo psicoterapeuta e musicoterapeuta Giorgio Moschetti e dedicata ad una riflessione sull’Inferno dantesco. Ma non solo; potremmo aggiungere che essa, in parallelo, è rivolta pure ad esplorare (e magnificare) la musica di Beethoven. Non per nulla il ritratto del Gran Sordo ‒ puntualmente corrucciato ‒ appare sulla copertina del libro, in luogo del Grande Fiorentino. E questo perché i due personaggi o forse, meglio ancora, la poesia e la musica, vengono qui celebrati/e quali espressioni emblematiche dell’umana artisticità.
Ho utilizzato volutamente il vocabolo opera, per indicare questo originale ed interessante scritto di Moschetti, non volendo ripiegare sul termine saggio, poiché in questo testo non mancano vari stralci autobiografici dal tono prettamente narrativo, nonché pagine dal sapore tutto romanzesco. Ciò per dire che Risposta a Dante non si limita ad un colloquio con il poeta italiano per antonomasia, ma finisce con l’essere una meditazione sulla creatività dell’homo sapiens: sulla poiesis che è nostra massima espressione, dalla più remota antichità sino ad oggi.
Per far un esempio di ciò, ecco l’elenco degli autori senz’altro autorevoli che vengono citati nel primo capitolo del libro: Dino Risi, Beethoven, Albinoni, Thomas Mann, Richard Strauss, Hermann Hesse, Jung, Bach, Goethe. Questo solo per dare un’idea della vastità di personaggi, prodotti culturali e temi che l’autore perlustra con una levità stilistica ed una chiarezza espressiva davvero notevoli; tant’è che ad onta della problematicità/complessità degli argomenti affrontati ‒ terzine dantesche e partiture beethoveniane comprese ‒ Risposta a Dante si legge agilmente e risulta scrittura accattivante, che talvolta assume persino le caratteristiche di un vero e proprio romanzo breve sul Gran Sordo e sull’Alighieri.
A questo punto, al di là delle mie parole interpretative, è opportuno presentare un esempio della scrittura di Moschini; non a caso intorno al processo della sua realizzazione, giacché: “lo scrivere: è il cruciale passaggio dall’esperienza informe, caotica, solitaria, alla forma comunicabile, condivisibile. Solo quando condividi qualcosa con qualcuno lo metti a fuoco, ne hai più profonda conoscenza. Ne prendi distanza ‒ ci vuole sempre un po’ di distanza per vedere ‒ e poi riesci a vederlo realmente solo col dargli forma nel raccontarlo. Così accade quando scrivi, solo che le parole in questo caso vanno da te al Mondo intero. E quanto dovrai pesarle perché sdiano non futili ma veraci, piene di verità per il Mondo!”
Debbo dire che la scrittura di Moschini non solo risulta verace ma soprattutto condivisibile e fruibile in sommo grado. Anche quando parla di esperienze non comuni, come il far musica, sedendo al pianoforte per risvegliare a vita quei simboli astratti che noi chiamiamo note, per trasformarli in “vita che canta”. Come fece mirabilmente Beethoven, e come le sue partiture vengono descritte con puntualità raffinata e sensibilissima il nostro autore. Senza mai scordarsi Dante ‒ è ovvio ‒, che nonostante i sette secoli trascorsi dalla sua dipartita rimane un poeta sempre attuale per noi disincantati postmoderni, giusto quando parla dell’amor che move il sole e l’altre stelle e ci fa comprendere che: “amor è movimento, è palpito dell’universo intero”.
Verso la fine del suo libro Moschini ammette di non riuscire a staccarsi dalle parole sublimi della Divina Commedia, che egli cerca di parafrasare o maneggiare ‒ come umilmente confessa l’autore ‒ per riconsegnarle ancora una volta all’attenzione dei lettori. Eppure nell’Inferno si parla in primo luogo di sofferenza: quella altrui e di Dante, che mai si rivela insensibile al dolore dell’umanità più derelitta. Ma il patire è inevitabile. Da esso, tuttavia può scaturire una miglior conoscenza di sé (pathei mathos, sostenevano gli antichi sapienti greci) ed una migliore capacità d’accettare la precarietà/finitudine: che è poi la cifra ineludibile del nostro stare al mondo, il destino comune ad ogni altra creatura vivente.
Giorgio Moschetti, Risposta a Dante. Inventio II, Moretti&Vitali, pp. 138, euro 2,00

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