Connect with us

Articoli

Natalia Ginzburg, la verità nello sguardo

Published

on

di Valeria Susini

 

Natalia Ginzburg nasceva a Palermo cento anni fa, il 14 luglio 1916; sarebbe poi cresciuta a Torino. Ha vissuto il ventennio fascista, la guerra, l’occupazione, l’uccisione per mano dei nazisti di suo marito, la fuga con i figli, la lenta ripresa, l’esperienza parlamentare. Decenni su decenni, eppure la stupefacente lucidità intellettiva ed emotiva di questa donna ha il pregio di giungere fino ai nostri giorni come sempre attuale, disarmante nella sua aderenza alla contemporaneità. Credo sia questo il valore distintivo dell’intellettuale: saper vedere prima, lanciare uno sguardo di previsione che scavalchi trenta, quaranta anni, così come si salta una pozzanghera dopo un acquazzone estivo.

 

Così, ad esempio, in Non possiamo saperlo si ritrovano riflessioni sull’aborto, sull’orgoglio femminista, omosessuale e religioso, che sono chiare e puntuali disamine di realtà esplose oggi in tutta la loro urgenza e/o disillusione. Natalia Ginzburg, sebbene concordasse con larga parte delle questioni femministe, non si è mai schierata con quell’ideologia perché non amava calarsi in etichette che escludessero per principio realtà eterogenee. Ogni situazione, ogni persona, diceva, va considerata singolarmente. Verso l’essere omosessuali, uomini, donne o ebrei, si dovrebbe provare un sentimento di totale indifferenza, poiché, diceva, «simili condizioni non sono né un merito, né una colpa». (Ragioni d’orgoglio 1975, in Non possiamo saperlo).

 

Amava la Verità, Natalia; traspare da ogni suo scritto. «Noi non possiamo mentire nei libri e non possiamo mentire in nessuna delle cose che facciamo. E forse questo è l’unico bene che ci è venuto dalla guerra. Non mentire e non tollerare che ci mentano gli altri.». La sua ricerca dell’onestà non trapela solo dalle sue opinioni, ma ne è cesellata la sua intera sintassi: parole come gocce di pioggia, precise, puntuali, ognuna con la sua traiettoria, ognuna con il suo peso specifico. Tutta la complessità delle contraddizioni umane viene dipanata dal lessico di Natalia con estrema nitidezza. Nella semplicità della sua prosa si ritrova tutto il dolore e, spesso, il non senso di stare al mondo, di essere individui, genitori, coniugi, uomini, donne, credenti o atei.

 

Natalia Ginzburg amava interrogarsi, non celava i propri dubbi; il suo modo di tentare di risolverli pare fosse mettersi davanti a un foglio e mettere tutto nero su bianco. Film, romanzi, libri, attualità, dilemmi esistenziali come la vecchiaia, la morte, la maternità o Dio, per lei erano pagine dello stesso libro, da leggere e rileggere, e da cui trarre il siero della vita. Nel ‘48 Natalia scrisse Discorso sulle donne, un piccolo saggio in cui enuclea il problema atavico dell’essere donna, ossia quello di “cadere ogni tanto in un pozzo” e non sapervi uscire. La metafora della Ginzburg è eterna, non ha tempo né scadenza, perché pizzica un aspetto preciso dell’essere femminile che è quella sorta di malinconia cupa e profonda che connota ogni sorta di donna e che rappresenta un buco nero, un angolo recondito che nei vari momenti della sua vita assume un ruolo talvolta trascurabile, talvolta travolgente.

 

La Ginzburg giocava molto con un’ingenuità dalla quale, invero, emerge una forte ironia che, mescolata ad una minuziosa attenzione analitica, ha dato vita ad alcuni meravigliosi ritratti, da quello di Balbo a quello di Pavese; da quello di suo padre, a quello di sua madre; da quello di Calvino a quello di suo marito, Leone Ginzburg, e molti altri. Lessico famigliare è uno degli universi letterari creati dalla Ginzburg da cui affiorano quelle figure che per lei furono di amici e familiari, e che per noi sono dei più grandi intellettuali e uomini politici dell’Italia del ‘900.

 

Natalia usava gli strumenti della quotidianità, le parole povere e schiette per perlustrare sia i problemi più pratici, come l’amministrazione casalinga della famiglia, che quelli più alti e ontologici, come il credere o non credere in Dio e la visione da offrirne ai nostri figli. Centrava la semplicità delle cose, perforandole come se ponesse una lastra di vetro in controluce, per poterne osservare anche le più piccole venature. Era capace di far ridere, come scrive Domenico Scarpa, ripercorrendo la gamma di tutti gli stati d’animo, dalla speranza fiduciosa all’amara disillusione. Si ride, si spera, si riflette, si teme, si piange leggendo tutti i suoi libri. E, soprattutto, non si può sfuggire alla più onesta introspezione; Natalia Ginzburg con perentorietà è pronta a dire ciò che per lei è giusto e sbagliato, vero o falso, e così facendo ci pone di fronte alla medesima scelta. Prendere posizione, persino nel secolo della precarietà assoluta in ogni ambito.

 

Natalia Ginzburg è un’intellettuale dallo sguardo potente. Era una donna dai valori nitidi e saldi, dai dubbi e dai tentennamenti umani, dallo sguardo commosso e commovente, dalla voce rotta dalla storia e dalla memoria. La sua tomba al Verano, oggi, rende omaggio alle sue esequie, ma le sue parole ed i suoi pensieri la rendono viva e immortale, fonte inesauribile di insegnamento e riflessione. Grazie, Natalia.

 

Continue Reading
Click to comment

You must be logged in to post a comment Login

Leave a Reply

Copyright © 2020 Leggere:tutti