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Poesia

Mario Fresa, “Bestia divina”

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di Gisella Blanco

Benché una delle immagini proposte dall’autore tra i suoi versi sia il Cane interrato nella sabbia (“o immerso in una paludosa corrente”) di Goya (figura, quella del cane, ricorrente e polisenso: “un cane violentissimo, gentile”), mi sembra che l’impressione che queste poesie suscitano sia simile all’horror vacui che trasfondono le figure spezzate della Guernica di Picasso, con la sola differenza dell’assenza di pathos drammatico che, nella parola poetica di Fresa, diventa ironia, quasi sempre. E se i versi “un’acqua ragazzo/così aperta da far tremare il mondo;/in una mossa di oscurità” perché “ci si ama perfino nel minuto/del fuoco ben tirato sugli occhi” lasciano trapelare un rigurgito emozionale dialogico nella scompostezza grammaticale del pensiero, ecco affiorare il meccanismo della poetica di Fresa che, partendo dalla consapevolezza della destrutturazione dell’io attraverso pluralismi e polimorfismi, attua l’operazione intellettualistica di annientare le pre-concezioni dell’etica. Si riesuma una materia plastica non comunicabile che può essere sezionata fino a diventare condivisibile. L’io si scinde dall’univocità del proprio nome (“si chiama con due nomi di silenzio”). Uno sfalsamento tra voci verbali e soggetti si compie attraverso l’estroflessione delle viscere corporee che si fanno linguaggio (“si taglia fuori da tutto l’alfabeto,/con l’aiuto di uno sparo”) e la realtà (mai uguale a se stessa) si compie in un vortice centrifugo di citazioni (omaggiando la concezione eliotiana della simultaneità del passato con la novitas del presente), di termini eterocliti maggiorati da inattesi accostamenti (sudario treno, madre orologio, odore vocabolario), di esperienze rese schegge umorali. La rivelazione sistemica della frantumazione esistenziale, se per E. Pound era angoscioso rimpianto del passato, nella sintassi psicologica di Fresa è necessario sincretismo antropologico. Alla fine della lettura di questa silloge si avrà una molteplicità di intuizioni intellettualistiche e il timore che non sia più tempo di percezioni emozionali ma una possibilità (che volutamente non risiede nelle “soluzioni” fornite dall’autore) ci potrà rasserenare: è proprio quest’impudente versatilità etica che permette alla bestia divina di domare se stessa con la “carnivora felicità” che ci ricollega alla nostra ancestrale natura di essere umani.

 

Bestia divina

Mario Fresa

La scuola di Pitagora editrice, 2020

61 pp, 8 euro.

 

 

 

 

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