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Lo Zibaldone

L’imperturbabile placidità del gatto

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di Francesco Roat

È un libretto davvero interessante e godibilissimo: L’imperturbabile placidità del gatto, di Véronique Aïache, costituito da una serie di lezioni all’insegna della saggezza felina, per trovare un poco di quiete in questi tempi incerti e ansiogeni. Sì, perché tali bestiole domestiche sono molto di più che semplici animali da compagnia, e ‒ secondo l’autrice ‒ andrebbero considerate dei veri e propri “modelli di serenità”; al contrario degli umani così inquieti, tesi/presi da mille impegni o problemi da risolvere al più presto. Per non parlare dell’incertezza riguardo a un futuro che spesso avvertiamo come minaccioso e ci incute il timore di non farcela ad affrontare quanto accadrà. Tutto al contrario dei gatti, che pare non si preoccupino mai e se la godano a non far niente di particolare, come starsene sdraiati a guardare nel vuoto o a far le fusa.

Si dirà: è così perché non hanno da lavorare tutti i giorni e il cibo glielo forniscono gratis i padroni. Osservazione corretta ma riduttiva: per la maggior parte di noi procurarsi da mangiare non è certo l’assillo maggiore e il lavoro rappresenta semmai un grosso guaio soprattutto per chi non ce l’ha. Inoltre moltissimi gatti, dalla preistoria fino ai giorni nostri, hanno dovuto procurarsi il cibo da soli, tuttavia per questo non ci sono mai apparsi insoddisfatti o angosciati, bensì ‒ una volta terminata la caccia quotidiana ‒ sempre tranquilli e in pace con sé stessi. Per millenni, nelle zone rurali un po’ di tutto il mondo, hanno anzi svolto un’utilissima attività eliminando i roditori e vivendo quasi sempre all’esterno delle abitazioni, in cui semmai avevano accesso a fine giornata, quando uomini e donne li vedevano rientrare tranquilli e accovacciarsi da qualche parte in silenzio, meditativi come dei piccoli Buddha.

Concordo senz’altro con Véronique Aïache: la presenza del gatto ci dona “un piacere delicato”, in quanto: “Tutto in lui invita alla calma: la serenità impassibile, la bellezza placida, i movimenti aggraziati, i passi silenziosi…”. E forse il suo segreto sta nella sua capacità di vivere pienamente il presente senza pretese e senza perdersi in rimpianti per il passato o ansietà per il futuro; sta nel cogliere il qui e ora in modo quieto, confidando nella vita. La scrittrice francese lo sottolinea più volte nel libro: “Se volete mantenervi calmi e lucidi interiormente, impedite alla coscienza di fuggire in avanti o all’indietro. Smettete di rimuginare, se vi interessa trovare la strada che porta alla pace nell’anima”.

Si tratta, insomma, di assaporare ogni attimo, come fanno i gatti, prendendo le distanze da ambizioni, velleità e aspettative, focalizzandoci sul momento che stiamo vivendo. Noi non sappiamo cosa pensino i gatti, ma se e quando lo fanno probabilmente si affidano a immagini mentali positive che li rendono ottimisti, capaci di affrontare la realtà, anche quella più greve, senza i fantasmi che la rendono intollerabile. C’è da imparare dalla quieta consapevolezza dei gatti, che si accontentano di poco, come l’acciambellarcisi accanto su un divano. Al contrario, noi raramente ci facciamo bastare quelle piccole soddisfazioni/comodità che pur sperimentiamo nella vita di tutti i giorni, da cui invece vorremmo troppo spesso evadere, nell’illusione che altrove sarebbe meglio, andrebbe diversamente, come se potessimo mai allontanarci un passo da noi stessi.

Si tratta quindi di imparare a connettersi con la realtà senza distorcerla con le nostre proiezioni mentali. Tutto il resto, ai saggi di ogni tempo e luogo è sempre apparso superfluo, insignificante, persino dannoso; specie se siamo presi dall’agitazione di ottenere o scongiurare questa o quella cosa che tanto ci turba. Ha ragione l’autrice: pur non possedendo alcun bene materiale il gatto sta bene egualmente e inoltre: “non si prefigge traguardi che sa di non poter raggiungere”. Chiediamoci allora dove stia l’autentica libertà guardando il gatto, che si sente libero ovunque, anche nei minuscoli alloggi metropolitani da cui non può mai uscire ed entro i quali è costretto a trascorrere una vita di reclusione. Eppure questo nostro compagno peloso non si lamenta e gode di ciò che può godere. Ovvio che se/dove gli è concessa la possibilità di andarsene a zonzo per i fatti suoi, lo fa; però se questo non gli è consentito accetta la sua sorte. Che stia in questa capacità di accoglienza serafica il suo segreto?

Forse è un’intuizione spontanea a guidare i suoi passi; infatti: “Quando la sua voce interiore gli mormora quale direzione prendere o cosa fare, il gatto la segue ciecamente. E fa bene, perché non sbaglia mai. Sa ascoltare i consigli della propria saggezza, quello che noi chiamiamo intuito”. O forse i gatti sanno meditare, raggiungendo una perfetta quiete in modo spontaneo. Contrariamente a noi, che abbiamo bisogno del supporto di qualche tecnica, come focalizzarci sul respiro, recitare un mantra o fare silenziosa attenzione a questo o quell’oggetto scelto per la meditazione: sia esso un colore, un suono o persino una parte del nostro corpo. Ma i supporti sono relativi. L’importante ‒ ammonisce la Aïache ‒ è fare in modo che i pensieri non abbiamo più il sopravvento e la mente si svuoti di ogni contenuto per giungere all’unica vera libertà: quella interiore.

Véronique Aïache

L’imperturbabile placidità del gatto. Imparare la tranquillità dai nostri amici felini

Giunti, 2021

pp. 126, euro 14,00

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