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Le signorine di Margherita Manzelli

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di Lorenzo Pompeo

La mostra di Margherita Manzelli  Le signorine, fino all’11 maggio prossimo  al Centro per l’Arte Contemporanea Luigi Pecci di Prato, è l’occasione per conoscere più da vicino il mondo di un’artista italiana emergente (nata a Ravenna nel 1968, vive a Milano) che negli ultimi tempi si sta conquistando una meritata visibilità nel panorama artistico internazionale (sue opere sono state esposte a Dublino, Chicago, Londra, Ginevra, San Paolo del Brasile).

Nella mostra sono presentate le tele, quasi tutte di grandi dimensioni, realizzate dagli anni ‘90 ai giorni nostri. Il titolo è ispirato alla modalità dell’artista di riferirsi ai personaggi femminili, che da sempre popolano le sue opere. Dopo essersi diplomata all’Accademia di Belle Arti della sua città natale, la Manzelli dopo  diverse esperienze nel campo della performing art e alcune installazioni, è approdata alla pittura. Nella presentazione alla mostra al Mart di Trento del 2023 Oscuro è il cuore della bellezza, Vittorio Sgarbi scrive: “La sua conversione alla pittura è irriducibile: un destino. Non ho avuto dubbi davanti  all’irrimediabile solitudine delle sue ragazze condannate all’isolamento come una corazza, indifese ma protette nella loro condizione femminile, incontrovertibile”.

La scelta della pittura, nel panorama dell’arte contemporanea, rappresenta già di per sé un atto di coraggio. Se ciò non bastasse, una presa di posizione così netta a favore dell’arte figurativa può essere considerata vero e proprio azzardo.  La Manzelli ha fatto del  suo essere “pittrice”, con la messa in scena di tele che mostrano la maestria nella tecnica, la coerenza dei temi, il fulcro della sua creazione artistica.

La rappresentazione della figura femminile è al centro della sua figurazione. Ma quello che rende uniche e riconoscibili le sue tele è proprio il modo personale, unico e originale con cui l’artista rappresenta il corpo femminile. La “corporeità” dei nudi della Manzelli non ha nulla a che fare con i canoni della bellezza rinascimentali. Al contrario, le donne che l’artista ravennate rappresenta non sono “oggetti del desiderio”, né icone di una bellezza ideale, quanto piuttosto espressione artistica di un disagio, di un rapporto problematico con la propria corporeità; esse sembrano vivere in un loro indefinito mondo pre-puberale, al confine tra l’adolescenza e la maturità sessuale.

Queste figure femminili dalle grandi dimensioni appaiono in relazione ad un paesaggio astratto che ne amplifica la loro solitudine e fragilità. Centrale nelle opere di Manzelli, infatti, è la relazione tra soggetto e sfondo, mantenuta in una continua tensione per cui il soggetto principale sembra emergere, e al contempo fondersi, con il contesto in cui è inserito. In questo esercizio di percezione, con i colori dello sfondo che vengono a comporre i tratti somatici delle “signorine” dipinte,  la pittrice seduce lo spettatore e, allo stesso tempo, lo perturba. Con le sue opere, l’artista ravennate sembra dare voce a quella consapevolezza della fragilità e resilienza dell’essere umano sperimentata a livello globale con la più recente pandemia. La sua arte è utile e necessaria a comprendere meglio il mondo in cui viviamo, e per questo è profondamente contemporanea.

 

 

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