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Il profumo del bene
di Francesco Roat
Viviamo in un tempo all’insegna dell’individualismo più esasperato. Gli altri, il mondo, tutto quanto esiste ha valore solo in quanto può giovare al singolo soggetto, essergli di beneficio, soddisfarlo. Altrimenti non vale la pena occuparsene (chi se ne frega!) o si cerca di farlo con il minor dispendio di forze possibile. Per la maggior parte di noi, purtroppo, l’unico dio (o idolo) rimastoci è l’io. Ma è pur vero che si sta facendo strada ‒ sia pure con estrema lentezza ‒ l’idea che perseguire ostinatamente i bisogni egoici non porti alla soddisfazione sperata; che il nostro bisogno più autentico di serenità, d’essere amati e amare ha ben poco a che fare con l’egocentrismo e i suoi mille desideri che, una volta soddisfatti, ne generano sempre di nuovi, in una stancante corsa al piacere che non ha mai sosta.
In parallelo, molti si stanno rendendo conto che lasciare andare pretese, ambizioni, brame di ogni tipo può giovare al proprio benessere; che preoccuparsi del futuro, cercar di controllare tutto e tutti, voler sempre di più per sé è impresa vana e a accresce solo ansie e frustrazioni. E comprendono che ‒ come scrive Corrado Pensa in un saggio scritto a quattro mani con la moglie Neva Papachristou ‒: “abbandonare la dolorosa morsa dell’egoismo è un aspetto fondamentale del prendersi cura di se stessi”. E che: “il cammino interiore ci aiuta dunque a muoverci da uno stato di paura e chiusura verso uno stato di pace e di profonda fiducia che per noi sia possibile fiorire alla nostra stessa natura”.
Si tratta di imparare ad accogliere in modo consapevole la realtà, il qui e ora, il presente. Occorre, anziché cedere alle rimuginazioni/lamentazioni, esser piuttosto grati anche solo per il fatto di esistere. Bisogna aprirci alle persone e al mondo senza pretender nulla in particolare. Ascoltare invece che chiedere; aiutare invece che cercar solo il soccorso altrui. Prevedo l’obiezione pessimistica: facile a dirsi, difficile a farsi. Verissimo, ma si può sempre provare; magari grazie al contributo ‒ alle puntuali indicazioni ‒ di questo libro davvero illuminante/liberante. Iniziando a comprendere, ad esempio, come l’insoddisfazione si instauri in primo luogo a causa di tre fattori. L’attaccamento (a quanto ci piace o risulta gradevole), l’avversione (nei confronti di quanto non ci piace, giudichiamo negativamente o disprezziamo), l’ignoranza (soprattutto rispetto al non comprendere come ogni cosa sia impermanente e mutevole).
Ciò significa: “perdere l’ossessione di aggrapparci alle nostre preferenze e di respingere compulsivamente tutto ciò che non ci piace, e quindi cominciare a sviluppare una maggiore capacità di contatto. Contatto con i nostri stati d’animo, con la qualità dei nostri pensieri, contatto con gli altri, con la vita, contatto con la ricchezza di ciò che si manifesta attimo per attimo”. Divenendo consapevoli di come: “non accorgersi del nostro potenziale interiore e continuare a identificarsi e a proteggere quell’io che troppo spesso ci separa da noi stessi e dagli altri, diventa fonte di ulteriore infelicità e insoddisfazione. Questa, a sua volta, rafforza l’io e la sofferenza, generando una spirale di non consapevolezza, confusione e paura”.
Parole sante, o quantomeno sagge, che ci invitano ad accettare con tranquillità qualunque esperienza ci tocchi sperimentare; badando a non considerare l’accettazione come un atteggiamento di mera stasi, passività o pavida sottomissione (un calar le brache). È indispensabile, infatti, sempre e comunque prendere atto della realtà, specie di quella ritenuta avversa. Non etichettarla a priori come negativa. Saperla tollerare ovvero riuscirne a sopportare il peso se non sia possibile scaricarcene. Apprendere la resilienza: la capacità di far fronte agli eventi. Imparare infine a soffrire, quando non se ne possa fare a meno. Unito a questi aspetti è pure quello, non marginale, di: “accogliere uno scoraggiamento con piena consapevolezza. L’effetto sarà che l’energia dello scoraggiamento diventerà meno forte e, di conseguenza, molto meno negativa”.
Alla base degli insegnamenti di Pensa e consorte sta tuttavia la meditazione. In che consista tale pratica millenaria è presto detto. Comporta rilassarsi a livello psicofisico, quindi ‒ seduti, rimanendo in silenzio, ad occhi chiusi o semichiusi ‒ prestare attento ascolto a quanto ci dice il corpo, alle emozioni che possono sopraggiungere, infine ai pensieri ed alle immagini che tendono a distrarre la mente. Ma senza alcun timore o fastidio nei confronti di tali ospiti. I quali non vanno scacciati, ma appunto ospitati, senza farli al contempo divenire padroni della nostra consapevolezza. Come le nuvole vanno e vengono nel cielo, così accade con qualunque cosa si abbia a percepire. Il risultato ‒ a seguito di una pratica costante, sia ben chiaro ‒ è la quiete interiore, la tranquillità ed una gioia gratuita, che è forse il dono più bello offertoci dalla meditazione.
Corrado Pensa – Neva Papachristou, Il profumo del bene. Meditare è cambiare il mondo, Casa Ed. Astrolabio – Ubaldini Ed., pp. 312, euro 26,00

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