Lo Zibaldone
I volti dell’avversario
di Francesco Roat
La cosiddetta lotta con l’angelo è un breve episodio biblico (Gen 32, 23-33) in cui si narra l’incontro/scontro notturno tra il patriarca Giacobbe ed un essere meta-umano sulla riva di un fiume. Sono solo una decina di versetti, ma ‒ come ci ricorda Roberto Esposito in un suo saggio su tale argomento ‒ notevole risulta: “la loro straordinaria irradiazione nella tradizione culturale degli ultimi due secoli in ambito filosofico, letterario, artistico, politico, psicoanalitico”. Ben pochi altri episodi della Bibbia, infatti, hanno dato origine ad: “una tale mole di interpretazioni, rivisitazioni, creazioni, per così tanto tempo e in linguaggi così diversi”.
E forse, come ritiene Esposito, ben oltre la contesa fra l’uomo ‒ che alla conclusione di essa assumerà il nome significativo di Israele ‒ ed il messaggero di YHWH, detto episodio ci parla: “della Lotta come forma ineluttabile della vita umana”, se è condivisibile quanto ebbe a dire Eraclito che polemos (il combattimento/conflitto) risulta essere il padre di tutte le cose. Ma facciamo un passo indietro, facendo riferimento al contesto narrativo in cui si innesta il nostro episodio biblico. Giacobbe sta viaggiando verso la terra promessa ad Abramo da Dio. Lungo il tragitto, prima di attraversare un affluente del fiume Giordano, egli attende di incontrare il proprio fratello Esaù, che un tempo era stato da lui ingannato e derubato della primogenitura. Il timore del protagonista è che questi voglia vendicarsi. E verso l’alba, guarda caso, Giacobbe è assalito da uno sconosciuto.
I due lottano tenacemente. L’uomo tiene stretto a sé l’angelo e, riconoscendolo quale inviato divino lo prega di benedirlo; cosa che quest’ultimo fa di buon grado, dopo avere però intimato all’avversario che d’ora innanzi lui non si dovrà più chiamare Giacobbe bensì Israele, nome il cui significato in ebraico è: colui che lotta con il Signore Iddio. Fine della vicenda, che non conclude certo la storia del patriarca, di cui tuttavia altro non diremo, in quanto ciò comporterebbe una trattazione ben più ampia ed articolata. Ma la domanda che ci si pone a questo punto è la seguente: chi ha vinto sul serio in questo conflitto? Difficile rispondere in modo netto. E l’uno e l’altro, verrebbe da dire o forse nessuno, in quanto l’incontro/scontro dell’uomo con l’Altro per eccellenza, ossia il divino, è destinato a ripetersi sino alla fine della Bibbia ed oltre essa: lungo i secoli a venire, per giungere a questo nostro tempo intriso al contempo di ateismo e di ricerca d’una spiritualità che appare antica e nuova insieme.
Così dice bene Esposito: chi pensi di far luce piena su quei versetti, scoprendo il “segreto della loro straordinaria durata” è destinato a rimanere deluso. Perfino gli psicoanalisti di matrice junghiana si sono interrogati sul senso di questa strana lotta biblica, sostenendo come l’avversario di Giacobbe non vada cercato tanto all’esterno di lui quanto al suo interno, essendo costituito dall’Ombra: dalla parte oscura, inquietante e sconosciuta del suo (e nostro) inconscio. E pure in ambito letterario vari scrittori hanno colto nell’intera storia di Giacobbe una sorta di complesso e sofferto “viaggio interiore”. Per non scordare il fatto che ‒ come ancora ci ricorda Esposito ‒ questioni di vario tipo: teologico, storico, geografico e testuale vengono ad incrociarsi intorno alla lotta in oggetto; questioni che però hanno sino ad ora fatto emergere risposte o forse meglio interpretazioni alquanto parziali anziché esaustive.
E vien davvero da pensare che la caratteristica precipua dell’avversario del patriarca sia costituita paradossalmente giusto dall’impossibilità di assegnargli una identità ben definita. A meno che non si ritenga, come mi pare tenda a fare abbastanza condivisibilmente l’autore del saggio, che lo sconosciuto lottatore sia giusto l’alterità nel senso maggiormente lato del termine. Per finire è opportuno accennare alla conclusione di questo scritto assai puntuale e suggestivo, che, trattando della ferita all’anca di Giacobbe, inflittagli dall’angelo ‒ la quale comunque rimanda a tutte le successive ferite sofferte dal popolo di Israele ‒, rileva come essa alluda alla figura dell’enigma. Enigma irrisolvibile relativo al dolore e/o al male: subito ma anche o inferto da uomini pur sedicenti religiosi. Perché, va detto chiaro e forte: se ieri gran parte di un popolo innocente è stata costretta ad attraversare l’inferno di Auschwitz, oggi assistiamo alla colpevole devastazione di Gaza.
Roberto Esposito, I volti dell’Avversario. L’enigma della lotta con l’Angelo, Einaudi, 2024, pp. 207, euro 25,00
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