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Cari agli dei
di Giovanni Graziano Manca
Scrive Goffredo Fofi nell’introduzione di “Cari agli dei” che “Si, i morti sono presenti, sono tra noi, e dovremmo tenerne ben conto noi vivi, angosciati dal dover muoverci dentro un presente preoccupante e avvilente come è quello dei nostri anni, e in particolare del nostro paese” e che “I morti non muoiono, sono qui tra noi anche se tendiamo a dimenticarli per la paura di doverli presto raggiungere. […] È in questo quadro, quello della “sconfitta storica del socialismo” che appariva ormai ai più attenti come definitiva, che si sono consumate le morti, così diverse tra loro, dei “cari agli dei” che ho sentito fratelli.”
Nel libro, Fofi rende tutto il merito dovuto a persone non comuni, per lo più a lui legate (a motivo dei suoi numerosi spostamenti, in lungo e in largo, nel corso degli anni, per l’Italia) biograficamente. Si tratta di personaggi conosciuti nei più diversi contesti temporali, sociali e storico politici, spesso più giovani del giornalista e critico umbro oppure morti prematuramente; ognuno di essi per Fofi rappresenta un lutto particolarmente sentito che coinvolge “fratelli minori” in molti casi morti perché particolarmente “esposti”. Vite spezzate dalla mafia o dalla malattia, giovani assassinati dai fascisti o uccisi dalle forze dell’ordine, morti suicidi: a tutti va il più commovente e commosso omaggio dell’autore e il più tenero rimpianto per tutto ciò che le figure esemplari ricordate, ancora ai giorni nostri punti di riferimento morale e/o intellettuale per molti, avrebbero potuto donare agli altri o al paese. Fofi rievoca il commediografo greco Menandro (“muore giovane colui che gli dei amano”), e Leopardi (“muore giovane colui che al cielo è caro”) e fa rifiorire, non di rado con appassionata ed emozionante dolcezza, il ricordo di protagonisti di irrepetibili stagioni di impegno politico, civile, sociale e culturale. Spuntano tra le pagine i nomi del sociologo, saggista e politico Raniero Panzieri (“[…] Raniero era una persona d’eccezione, era un intellettuale interessato a cento cose, generoso e affettuoso – tutto il contrario dei professorini e dei professoroni di marxismo.”), dell’anarchico e partigiano Giuseppe Pinelli (“[…] una figura senza macchia e, in particolare, senza nessuno di quei cedimenti e di quei limiti, umani prima ancora che politici, che inficiarono l’azione collettiva di quegli anni.”), di Fausto e Iaio, uccisi nel Marzo del 1978 da giovani di destra loro coetanei a colpi di rivoltella, a pochi passi dal centro Leoncavallo a Milano ([…] due ragazzi “senza segni particolari”, belli della loro voglia di vivere come le loro foto ben dimostravano e ancora ci dicono […]). C’è anche posto, nel libro, per Peppino Impastato, ucciso dalla mafia nel 1978, per Mauro Rostagno, morto anch’egli per mano mafiosa nel 1988, per il sacerdote trentacinquenne Peppe Diana, ucciso nella chiesa di cui era parroco, a Casal di Principe, nel 1994. Ancora, tra i numerosi altri, anche i profili di Rocco Scotellaro, Marco Lombardo-Radice, Maurizio Flores d’Arcais e Grazia Cherchi che appaiono fondati su ricordi particolarmente affettuosi e vividi in grado di restituire al lettore il notevole spessore intellettuale e umano di ognuno.
Peraltro, non è solo un’elencazione pura e semplice di amici amati e perduti nel corso degli anni, quella operata da Fofi, ma una rievocazione più complessa che comprende anche storie ed eventi attraverso cui ricostruire aspetti importanti del clima sociale, culturale e politico della storia italiana più recente.
Goffredo Fofi – “Cari agli dei” – 159 pagg., euro 15 – edizioni e/o, Roma 2022.

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