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Creatura futura
Piergiorgio Cattani, chi era costui?
di Francesco Roat
Assai noto nell’ambito trentino ma probabilmente meno altrove, egli rappresentò una figura esemplare di intellettuale militante, leader politico (fondò il movimento denominato Futura, restandone presidente sino alla sua dipartita), giornalista e scrittore. Però innanzitutto preme dire che fu uomo generoso e coraggioso, essendo stato costretto ad affrontare fin dall’infanzia la distrofia muscolare che lo ridusse sì alla (quasi) inabilità/immobilità fisica, ma non certo a quella mentale, emozionale e soprattutto relazionale. Scomparso all’età di soli 44 anni (traguardo considerevole per la patologia di cui era affetto) rappresentò forse in primo luogo per quanti ebbero la fortuna di conoscerlo ‒ come nota Paolo Ghezzi in un bel libro a lui dedicato ‒ una persona appassionata dell’esistenza e fiduciosa in essa, ad onta degli ostacoli che la sua breve ma intensa parabola esistenziale gli parò innanzi ad ogni piè sospinto, per usare un eufemismo che forse al nostro Piergiorgio non sarebbe dispiaciuto: ironico e per nulla vittimista com’egli era.
Nutriva infatti, scrive l’amico Paolo: “una passione profonda sia per la filosofia, la letteratura e le «cose ultime» della teologia, sia per le cose semplici della vita. Le canzoni e la musica classica, la vista delle montagne e, ultimamente, mezzo bicchiere di rosso da bere con la sua cannuccia”. Personaggio altresì umano, troppo umano, per dirla con Nietzsche. Nel senso che, un po’ come tutti noi, talvolta si arrabbiava o intristiva, scontrandosi anche molto aspramente con gli avversari politici pur essendo tollerante ed in genere molto equilibrato. Ancora ‒ nota sempre Ghezzi ‒: “Per lui così crudelmente inceppato, la politica è stata movimento, conoscenza, avventura. Gli è piaciuto tessere relazioni, coltivare progetti, lanciare sfide”. Che altro chiedere ad un portatore di handicap che non si sentiva per nulla handicappato? Che altro aggiungere al suo ritratto se non la giusta precisazione che si trattava di una creatura futura, sempre protesa verso il prossimo, verso il tu e il voi, che per Cattani valevano ben di più del minuscolo e autoreferenziale io?
Forse è bene ricordare che egli fu tenace credente in Dio e nella vita “futura” post mortem, senza tuttavia traccia alcuna di dogmatismo e/o settarismo. Un uomo insomma non solo caratterizzato da una profonda vitalità/esuberanza di parola ‒ testimoniata dai libri e dagli innumerevoli articoli redatti ‒ ma ancor più amante di quella del testo biblico, poiché affascinato: “da questa idea della parola come soffio vivente e creatore”; nonostante il suo, di respiro, dovesse affidarsi negli ultimi tempi quasi sempre alla mascherina dell’ossigeno. Uomo fragile, dunque, pur nella sua indefettibile voglia di combattere non solo contro il proprio male, ma in difesa altrui, con la parola e con la penna, perché, ricorda sempre Ghezzi, per lui era necessario: “Resistere al male, denunciarlo, non piegarsi mai. Però anche puntare in alto, ricercare la felicità, il bene e la bellezza”.
Non teme l’autore, nel suo testo in memoria dell’amico, di lasciare spesso la parola ad altri, raccogliendo varie voci di parenti e amici di Piergiorgio e scegliendo pure di passare il testimone allo stesso Cattani, che, in Creatura futura, torna a colloquiare e a scrivere ancora, come non fosse mai venuto meno. E in effetti non lo è del tutto per chi lo conosceva e/o leggeva; in primis per Ghezzi, il quale, in questo libro per nulla narcisistico, si preoccupa non già di dire appena come la pensa ma di fare (e raccogliere) testimonianza attraverso un vero e proprio: “fiume di ricordi e di parole”. L’invito implicito ai lettori è quindi di prestare ancora una volta orecchio attento a quelle espresse da Cattani, da sempre convinto di come sia vitale/fondamentale l’ascolto, che ‒ egli ebbe a osservare in un suo saggio ‒ «significa anche provvisorietà della propria interpretazione, apertura all’altro, infinita ricerca, verità penultima e sempre a venire».
Davvero commovente è infine la lettera-testamento ‒ scritta molto prima dell’exitus da un lucidissimo Piergiorgio, dedicata agli amici e che Ghezzi ripropone in chiusa di volume ‒ dove il morituro (ma non lo siamo tutti?) tratta di sé come avesse già effettuato il passo al di là, per dirla con Blanchot, e asserendo francamente di non sopportare la retorica degli elogi funebri. Piuttosto. «Che bello sarebbe», si augura Cattani, «se parlaste di me come un uomo normale, certo con un po’ più di difficoltà in partenza ma comunque minori di quelle della stragrande maggioranza dell’umanità».
Parole sagge, parole umili e autentiche. Ma altrettanto sinceramente generose mi paiono quelle del suo biografo, che ha realizzato il felice ritratto d’un uomo la cui vocazione e il cui impegno sono stati cercar di vivere all’insegna dell’amore come agape: come condivisione, accoglienza e altruismo.
Paolo Ghezzi,
Creatura futura. Piergiorgio Cattani e le parole che resistono
ViTrenD, 2021
pp. 238, euro 16,00
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