Il posto, Francesco Di Benedetto

di Gisella Blanco

“Il posto” è quell’interazione etica e psichica tra simboli e unità percettive cripticamente radicate nel sistema ideologico dell’autore, appena indagabili per intuiti e reticenze da un visionario lettore che diventa libro esso stesso, impossibilità ontologica, disamina della vita sulla morte, allucinazione autoindotta e, attraverso lo sconvolgimento delle cornici e la distruzione dell’impaginazione, si scopre particella minima, perfettamente inventariata, dell’autore stesso. Il posto è “La maschera dello spazio e del tempo, / l’istante e la violenza in mezzo”. Il posto è trauma, malattia e morte, è la frantumazione dell’io che sopravvive, che si rielabora e si riproduce (“mio padre era diventato una pagina bianca da quando ho cominciato ad avvertire la sua presenza nel mio male”) in una narrazione non verbalizzata, soltanto accennata, di una “storia bella e terribile”, al cui nefasto presagio si sfugge (“Il nostro reciproco suicidio non ebbe la realizzazione”) attraverso il “regalo enorme” della morte che lascia come testimone la vita. Il posto è il terzo libro (“forse il più bello che ho scritto”), il terzo suicidio (“come nel disegno animato”), le “tre fotografie che mi rimangono”,. Il posto è la contaminazione reciproca tra prosa e poesia, è il peso dei film che si ricordano o che si cancellano dalla memoria, un’opera che non ha titolo e quella firmata ad ogni pagina, è l’Abruzzo a cui non appartenere ma che “dice l’abbandono” di cui sentirsi parte integrante, è il web con i suoi computer che contengono “il principio del lutto”. Il posto è quell’amnesia di visioni, di letture, di scritture, di fratture e di ipoteche sul dolore da cui ci si salva per l’àncora salda del ricordo, dell’amore sopravvissuto e di quello “stimolo da traboccare tutti gli assiomi” che è il testamento sentimentale di un padre che aveva intravisto in ogni uomo la possibilità d’esser fratello.

Francesco Di Benedetto

Il posto

Edizioni Ensemble, 2021

pp. 29, euro 12