Recensioni
L’inquisitore Eymerich raccontato e letto
La narrativa popolare italiana non ha più grandi personaggi seriali come potevano essere un tempo Sandokan o il Corsaro Nero. Se non consideriamo le pubblicazioni da edicola – dove sono molto attivi, soprattutto nella collana periodica Segretissimo, scrittori appassionanti come Stefano Di Marino (Stephen Gunn) o Carlo Andrea Cappi (François Torrent) – ce ne sono in pratica solo due: il Commissario Montalbano di Andrea Camilleri per il giallo e L’Inquisitore Eymerich di Valerio Evangelisti per il fantastico. Singolarmente, questi due scrittori, Camilleri ed Evangelisti, soffrono uno stesso handicap: la popolarità dei loro personaggi e il vasto numero di opere a loro dedicate nocciono alla loro produzione più seria, romanzi storici ponderosi, documentati e impegnati socialmente e politicamente, messi in ombra soprattutto da parte della critica paludata proprio dalla serialità dei romanzi più di consumo.
L’eroe raccontato da Valerio Evangelisti è meno popolare del commissario di Camilleri, che raggiunge più pubblico in virtù degli sceneggiati televisivi, ma anche lui ha un seguito di diverse migliaia di lettori, tanto che i romanzi che ne raccontano le avventure assommano ormai a dodici.

Alberto Sebastiani, Nicolas Eymerich: il lettore e l’immaginario in Valerio Evangelisti, Odoya, 2018, pp. 249, euro 18,00
Non ci si deve quindi meravigliare che uno studioso, Alberto Sebastiani, tra l’altro pubblicista e insegnante presso l’università di Bologna, gli abbia dedicato il saggio Nicolas Eymerich: il lettore e l’immaginario in Valerio Evangelisti. Eymerich è un personaggio storico realmente esistito (1320-1399), domenicano e strenuo difensore della fede e dell’ortodossia, fu inquisitore generale del Regno di Aragona e scrisse un manuale dell’inquisizione, pubblicato però solo nel Cinquecento. Evangelisti ovviamente lo stravolge per i suoi fini narrativi, o meglio ne esaspera i tratti caratteriali rendendolo un idealista fanatico, spesso feroce ma mai meschino. I romanzi che ne raccontano le imprese sono una commistione tra il romanzo storico e la fantascienza, con venature horror e influssi evidenti dalla narrativa pulp e dal feuilleton. Commistione molto ben riuscita, in cui, se l’impianto generale è sicuramente fantastico, non mancano richiami all’attualità, similitudini con il periodo storico attuale (dal punto di visto socioeconomico e politico) e riflessioni di carattere filosofico e teologico. Il fulcro centrale dei romanzi è costituito da una indagine su qualche eresia o manifestazione del Male che Eymerich si trova a combattere e infine a debellare, compreso nel suo ruolo di estremo difensore della fede, senza posto per la pietà o la considerazione che siamo tutti essere umani e possiamo sbagliare. Sebastiani, dopo un cenno sulla biografia di Evangelisti e sulle sue opere storiche, si concentra sull’inquisitore esaminando tutti i romanzi e i racconti e quelle che definisce “estensioni”, che potremmo anche chiamare con un termine ormai entrato nell’uso, spin-off: racconti fuori dal canone principale, fumetti, scritti di altri autori che hanno preso in prestito il personaggio, eccetera. Successivamente affronta il problema delle fonti cui Evangelisti attinge, dagli stilemi della narrativa popolare all’impegno politico, ed esamina Eymerich sotto il profilo psicologico, concludendo infine con i motivi per cui egli piace ai lettori. Una disamina puntuale e precisa, assolutamente condivisibile, di un personaggio e di un autore diventati meritatamente di culto.
Tutti i romanzi e i racconti legati al ciclo sono singolarmente analizzati, compreso il recentissimo Il fantasma di Eymerich che Sebastiani deve aver letto in anteprima. In questo l’inquisitore si trova a Roma proprio nei giorni in cui muore Gregorio XI e viene eletto Urbano VI, il quale si inimica i cardinali corrotti che si ribellano ed eleggono un antipapa, Clemente VII, dando vita allo Scisma d’Occidente. Seppure romanzata la vicenda rispecchia perfettamente gli avvenimenti storici e i personaggi che vi parteciparono, ma ancora più interessante è la descrizione della vita di un’Urbe lontanissima dai fasti passati e degradata. Eymerich non si lascia coinvolgere da questi fatti perché la sua preoccupazione è un’altra: debellare l’ennesima manifestazione demoniaca, che in questo caso consiste nel tentativo di ripristinare l’antica religione mitraica. E qui, dopo vari accenni negli altri romanzi, c’è finalmente una spiegazione più approfondita del perché l’inquisitore consideri Raimundo Lullo un eretico e di come il lullismo possa condurre a deviare dalla vera fede a causa degli influssi sul suo pensiero della cultura araba e di quella ebrea (almeno secondo Evangelisti, che riesce a inserire nel discorso anche il culto di Mitra e un’improbabile commistione tra il simbolo francescano del Tau e la radice di taurus, “toro” in latino, animale sacrificale del mitraismo). Una storia appassionante e profonda che mostra in tutta la sua complessità la figura di Nicolas Eymerich, da parte sua splendidamente analizzata nel saggio di Sebastiani, anche questo di lettura scorrevole.
di Gian Filippo Pizzo

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