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Zero Gravity

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di Elena D’Alessandri

“I miei genitori si aspettavano due gemelli, e furono distrutti quando scoprirono che c’ero solo io. Non riuscivano a farsene una ragione. Per i primi anni mi vestirono come due gemelli. Due berretti. due paia di scarpe. Ancora oggi mi chiedono di Chester”.

 

Woody Allen: intramontabile. Dopo l’enorme successo di ‘A proposito di niente’ del 2020, Allen è tornato nelle librerie italiane, con ‘Zero Gravity’, edito, come il precedente, da La Nave di Teseo (192pp, 19 Euro). Ma al contrario della precedente pubblicazione, un’autobiografia ‘fiume’, stavolta lo straordinario regista, sorprende con una serie di ‘short stories’, alcune delle quali apparse sul New Yorker tra il 2008 e il 2013 e altre scritte apposta per questo volume.

Inutile dire che tra le pagine – in particolar modo di alcuni racconti, davvero esilaranti – sembra quasi di vederlo ‘in scena’ e sentirne la voce. L’umorismo raffinato, acuto, pungente, pieno di riferimenti letterari cui Allen ci ha abituato coi suoi tanti film, unito alla sua tipica malinconia, si respirano a pieni polmoni in queste pagine.

 

Dietro storielle divertenti, in apparenza frivole, si nascondono rimandi e riferimenti alti. Vanno assaporati con calma, facendo attenzione ai tanti dettagli.

Tra tutti, esilarante il racconto dal titolo “Park Avenue, piano alto. Vendi o buttati”, sul difficile mercato immobiliare newyorkese: “Con spirito missionario, il signor Vigorish, della finanziaria Trangugia & Divora, estrasse la siringa dal mio braccio e sfregò sul foro un tampone imbevuto d’alcol. Tenga premuto, disse. Così non le viene un ematoma. Le ho preso solo qualche litro, a mo’ di acconto… Ma non è un po’ azzardato il diciannove per cento? borbottai. Soprattutto con questi chiari di luna… Ehi, (replicò il sig. Vigorish – ndr) gli ebrei del New Jersey chiedono il venticinque per cento, e ti fracassano le rotule se sei in ritardo con le rate. Noi ci limitiamo a requisire la garanzia… Lieto di essere uscito intero da una difficile trattativa e fiero del mio netto rifiuto di usare le mie figlie a garanzia del prestito, firmai il contratto mentre gli occhi da lupo di Vigorish mi guardavano come se sotto la mia giacca di tweed Ralph Lauren ci fosse un piatto di costolette d’agnello. ‘Adesso abbiamo due case’, annunciai a mia moglie con voce belante, mentre cercavo la capsula di cianuro che il mio commercialista mi aveva dato nel caso gli eventi avessero preso una brutta piega”.

 

Il volume si compone di diciannove racconti, variegati nei soggetti e nelle trame. Tuttavia, che parli di mucche assassine piuttosto che di cavalli che dipingono o di galline annoiate e spettacoli ad hoc per intrattenerle – senza mancare l’irrinunciabile tagliola che si abbatte su Hollywood e i suoi personaggi, verso i quali prova da sempre un mix di odio e amore – Woody Allen risulta sempre originale, acuto, sofisticato e incredibilmente divertente.

E come scrive giustamente Daphne Merkin nella prefazione “In questi tempi ancora più cupi, in cui un mafiosetto russo sembra determinato a scatenare caos e distruzione in tutto il pianeta, uno dei pochi rimedi affidabili alla cupezza e alla disperazione che ci è rimasto è l’umorismo”.

 

 

 

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