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20 giugno #WithRefugees

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Il 20 giugno è la Giornata Mondiale del Rifugiato. Essa assume al giorno d’oggi una valenza essenziale per la Memoria e per la Pace; ché le grandi migrazioni della storia sono sempre state originate da cause eterogenee ed estremamente complesse di natura geopolitica e sociale. Il presente, dunque, ci sta a guardare assieme al passato; gli errori d’un tempo si ripetono. Sempre.
La letteratura ci permette altresì di conservare un ricordo della sofferenza e – a volte – della redenzione dei cosiddetti Migranti. A volte essere rifugiati significa subire discriminazioni a causa della propria identità o del proprio orientamento sessuale, per poi ritrovarsi isolati da ogni pietà.
E’ questo il caso del poeta greco Konstantinos Kavafis (“Settantacincque poesie”, Einaudi), che a cavallo tra ‘800 e ‘900 mise in discussione i dogmi del buonsenso antico: scrisse di erotismo bisessuale, di anticonformismo e di religione. Le sue 154 poesie sono un esempio di onestà, solitudine e squisitezza stilistica:

“Itaca ti ha dato il bel viaggio,
senza di lei mai ti saresti messo
sulla strada: che cos’altro ti aspetti?
E se la trovi povera, non per questo Itaca ti avrà deluso.
Fatto ormai savio, con tutta la tua esperienza addosso
già tu avrai capito ciò che Itaca vuole significare.”

Diverso il caso di Nazim Hikmet (“Poesie d’amore”, Mondadori), poeta turco del ’900. Scrisse forse i versi piu’ belli d’amore del secolo scorso; lo si definisce il “comunista romantico”. Discriminato, incarcerato, torturato poiché simpatizzante bolscevico. Fuggì a Mosca, dove morì nel 1963, lontano dalla sua Turchia. Ricorrente nelle sue opere il tema della lotta e della nostalgia:

“E ce ne andiamo come siamo venuti
arrivederci fratello mare.” (Giovanni Aiello)


Il tema del viaggio è al centro di “Partire è breve, arrivare è lungo. Racconti dall’altra parte del mare”, edito da Agra Editrice, un libro intenso che racconta le esperienze di cinque autrici accomunate da un identico percorso: l’abbandono della propria casa, il viaggio verso l’Europa, l’affermazione nel loro lavoro. Si parla del viaggio come metafora di un brusco cambiamento, con la perdita degli affetti più cari, ma anche di un possibile percorso di rinascita e speranza per nuova vita.
Il libro nasce dalla convinzione che la cultura crei integrazione, l’arma più efficace per sconfiggere il radicalismo e il terrorismo: chi ama la lingua, la storia e la letteratura di un Paese, ama anche i suoi abitanti. Il dovere di ospitalità è al centro della civiltà occidentale ed è il perno su cui poggia l’umanità buona. Nel mondo greco il forestiero era portatore di una presenza divina. Sono molti i miti dove gli dei assumono le sembianze di stranieri di passaggio. L’Odissea, per esempio, è anche un grande insegnamento sul valore dell’ospitalità. Le persone emigrano perché logorate dall’angoscia, con la consapevolezza che i loro sforzi serviranno a ben poco, che saranno spazzati via in un solo attimo da qualcun altro. (Caterina Lucia)

C’è anche chi, poi, a migrare non riesce. Varlam Šalamov non amava l’inverno, lo hanno sempre arrestato in inverno; è stato poeta, scrittore, e giornalista nella Russia sovietica, la sua condizione di prigioniero politico non gli ha mai permesso di lasciare il suo paese. Nel Gennaio del 1937 viene portato nella tristemente nota “Terra della Morte Bianca”, la Kolyma. Sopravvisse alla detenzione nei gulag, producendo “I Racconti della Kolyma” (Adelphi), che ha circolato in maniera clandestina per raggiungere poi la fama con la perestrojka, ora sua opera narrativa più importante. È un’analisi mestamente lucida della condizione umana e della realtà della prigionia. Metafora del suo destino è “Lo Scoiattolo”, racconto nel quale viene narrata la disperata fuga verso la foresta di una creatura tanto piccola e fragile, intercettata e ammazzata dalla folla senza manifesto motivo:

“Guardai il corpicino giallo dello scoiattolo, il sangue rappreso sulle labbra, il musetto e gli occhi
che contemplavano sereni il cielo blu della nostra tranquilla città.” (M.Beatrice Rizzo)

Ci sarà anche Roberto Saviano al Festival internazionale delle Letterature di Roma, che presenterà il suo ultimo libro “In mare non esistono taxi” sull’ attuale tema delle morti in mare, portando alla luce interessanti testimonianze, per mezzo di fotografie e interviste, di coloro che in prima persona si sono occupati di prestare soccorso ai migranti.
Piu’ che la questione politica dei “migranti”, Saviano pone l’accento sul piano umano, punto da cui ripartire e che lascia traspirare un briciolo di positività sulla questione. L’incontro con l’autore ci sarà il 27 giugno. (Vanessa La Cava)

Foto di copertina di Giovanni Aiello

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