Lo Zibaldone
Vecchi e nuovi mondi: una libreria che non deve chiudere
Cosa significa civile? Cultura, conoscenza e coscienza legate insieme. E chi propaga la civiltà se non i libri tramite biblioteche e librerie come Luoghi simbolici? E quando una libreria chiude non per volontà del libraio, la civiltà rimane intatta?
Queste domande sono importanti se si pensa che vecchi e nuovi mondi di Torino è l’unica libreria specializzata nel fantastico del Nord Italia: tutti i generi, nuovo e usato, fumetti, pellicole, giochi…
Che verbo usare? La libreria esiste, ma sta chiudendo e l’incertezza verbale non è mera questione di stile. Chiude un luogo specializzato nella diffusione dello stimolo all’immaginazione, una piccola tragedia che svela il rischio del Nord di perder intimamente il senso della fantasia;
e senza d’essa, la vena della creatività necessaria in ogni fatto della vita s’inaridisce, privando la possibilità di fare le svolte necessarie per uscire dai problemi d’ogni grado. Torino, capitale italiana del libro, cuore pulsante della propagazione della lettura (Roma e Firenze sono le guardie sacrali del patrimonio storico) ma qui è il fulcro vitale. Paradossi: la capitale della lettura fa grandi numeri con il Salone, ma le librerie storiche come le giovani chiudono, così nomi importanti come Lattes, Paravia e Zanaboni svaniscono, come nel suo piccolo Vecchi e nuovi mondi. Ma Leggere:tutti è qui per far sapere qualcosa di più di un fenomeno che va arrestato prima che intacchi corde profonde. Da uno dei quartieri più suggestivi, fra le pareti azzurrine del negozio parla per bocca del suo ideatore di Vecchi e nuovi mondi. Marco ci accoglie col sorriso sotto un ciuffo di capelli scuri.
E risponde alle nostre domande.
L’idea: come nacque e perchè.
Nacque nel 2015. Avevo finito il mio periodo di praticantato in uno studio legale ma non avevo intenzione di fare l’avvocato. In molti mi dicevano che mi avrebbero visto bene lavorare in una libreria, data la mia passione per la letteratura. Siccome in quel periodo gestivo con alcuni amici una community che ruotava intorno a un simulatore spaziale, mi resi conto che la passione per la fantascienza c’era eccome, tra i più giovani e i meno giovani, così, a inizio 2016, iniziai a lavorare al progetto.
Anni difficili per lavorare. Ripeteresti l’esperimento?
Anni difficili per le realtà come la mia. Se avessi iniziato 10 anni prima, forse avrei avuto più tempo rispetto all’avvento degli ebook e dei grandi colossi del mercato, riuscendo a garantirmi una bella fetta di appassionati. Ripeterei certamente l’esperienza, ma iniziandola prima e magari non da solo. Gestire tutto da solo è stato massacrante.
La clientela.
In questi anni ho visto entrare in negozio persone di tutti i tipi: ragazzi o appassionati di lungo corso. Mi ha stupito la preparazione in materia di alcuni giovani, come la refrattarietà di altri clienti ad approcciarsi a nuovi autori. Ci sono stati clienti che ogni sabato passavano a trovarmi, mi hanno dato anche l’appellativo di Wolverine, “il migliore in quello che fa”. Mi è dispiaceva (e faceva un po’ arrabbiare) quando invece entrava qualcuno solo per raccontarmi di libri che magari avevano comprato in sconto su internet. La trovavo una mancanza di rispetto nei confronti di chi i libri li vende per poter vivere. Altri addirittura partecipavano alle presentazioni per poi farsi regalare dall’autore o dall’editore una copia del libro presentato con la scusa che lo avrebbero recensito sul loro blog o pagina facebook. Sembrava quasi che io svolgessi un servizio dovuto, e non che stessi lavorando per potermi mantenere.
Gli incontri con gli scrittori fonte principale d’introiti. Non basta il negozio in quanto tale?
Erano il valore aggiunto che la libreria dava all’acquisto del libro. Si poteva conoscere la genesi, l’idea di base dell’autore. Negli anni passati ne organizzavo tante;
ora mi è praticamente impossibile. Venuta meno chissà per quanto questa possibilità, è venuto meno il valore della libreria come intermediario tra lettore e libro. Il negozio si trasforma in una succursale di Amazon, dove non c’è spazio per il dibattito,e a questo punto Amazon mi si beve in un attimo. Se tieni conto dei due mesi a reddito zero appena trascorsi e ci aggiungi l’impossibilità di ripartire in quarta, le ragioni della chiusura sono più che evidenti.
L’incontro più bello.
Ci sono state quelle che mi hanno reso fiero di ciò che avevo costruito (ad esempio la Independent Legions, casa editrice horror romana, è venuta fino a Torino per l’assegnazione del primo premio Laymon per farla proprio nella mia libreria), ma anche nel piccolo, sentire un solo ragazzo che, mentre se ne va, dice “È stato molto interessante, grazie!” mi ha riempito di orgoglio.
Torino. La tua idea della città e il rapporto col Salone.
Torino è sempre stata una città all’avanguardia, proiettata verso il futuro. Negli anni 60, se non fosse stato per le pressioni provenienti dalla FIAT, la città avrebbe potuto dotarsi di una modernissima monorotaia. Sapevo che di appassionati di fantascienza Torino era piena, bisognava solo dar loro un nuovo punto di incontro. Parlo poco del Salone, perchè si tratta di un evento dedicato alle case editrici e ogni anno a farla da padroni sono sempre le solite. I piccoli editori spesso vengono relegati in spazi di cui l’avventore medio del Salone non conosce nemmeno l’esistenza.
L’unica del Nord. Perchè?
L’unica nel nord perchè sono stato l’unico folle ad avere un’idea simile. Scherzi a parte, a Torino esisteva, anni addietro, la mitica Sevagram. Ho sperato che gli appassionati del genere apprezzassero l’idea. Così è stato, ma la cosa che preferiscono tutti ormai è, purtroppo, il risparmio. Siamo disposti a lasciare laute mance ai ristoranti, ma 12 euro per un libro per alcuni sembra davvero troppo. Salvo poi farsi stampare i loro libri e venderli a 28 euro. Lo dico sempre:
in Italia si legge pochissimo, ma a quanto pare tutti scrivono, non sempre avendone davvero le capacità.
Consigli per chi volesse tentare un’attività simile.
Non state mai fermi. Organizzate, fate, introducete nuovi prodotti in negozio, diversificate l’offerta, create una bella rete di conoscenze. È una strada pericolosa, ma le soddisfazioni (non economiche, ovviamente) sono tante. Il periodo non è dei migliori. Come detto, forse 15 anni fa un’attività come questa avrebbe potuto mettere radici più profonde, ma se c’è la passione e la voglia di fare, si può ancora tentare di battere questo percorso.
C’è qualcosa che si potrebbe fare per aiutarti a non chiudere?
Ora come ora non credo di aver bisogno di nulla, non è nemmeno mia intenzione chiedere aiuti economici, come qualcuno mi ha suggerito. L’unica cosa che potrebbe salvare il salvabile di questo orribile 2020 sarebbe la possibilità di tornare alla carica, ma visto che tutto sarà bloccato ancora per un bel pezzo, credo non ci sia più nulla da fare. Se già prima la libreria era una realtà che si autofinanziava lasciandomi poco margine di guadagno, un anno così è una cosa terribile, e non posso pensare di intaccare i miei già miseri risparmi per poter tenere aperto. È stata una bella avventura, che avrebbe potuto durare ancora, se solo le tante persone dispiaciute per la chiusura si fossero fatte vive più spesso nei periodi in cui ero normalmente operativo.
Giorni e orari.
Sto studiando per un corso che mi permetta di ricollocarmi. Sono costretto a tenere aperto solo il mercoledì e il sabato pomeriggio, dalle 14.30 alle 18.30 circa in Via S. Francesco da Paola, 41.
Grazie Marco. Tu chi ringrazi?
Quei clienti e gli amici che mi hanno dato una mano, partecipando attivamente alle attività e agli incontri organizzati dalla libreria, trasformandola in ciò che davvero speravo diventasse:
un luogo di ritrovo per appassionati. Questo perchè, se mi fossi limitato a creare un “negozio di libri”, non avrei potuto realizzare ciò che sognavo quando ho aperto. Forse non avrei nemmeno iniziato.

You must be logged in to post a comment Login