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Lo Zibaldone

Un “indagatore dell’incubo” in Danimarca

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Alessandro Fambrini è docente universitario di lingua e letteratura tedesca ma la sua preparazione è ancora più nordica e arriva alla Scandinavia, in particolare alla Danimarca. Perciò non c’è da meravigliarsi se, nella veste di scrittore, abbia scelto come teatro dei suoi racconti proprio quelle terre, che naturalmente conosce benissimo: lo si vede da come descrive minuziosamente ma anche con partecipazione emotiva le varie isolette dai nomi (per noi) impronunciabili che stanno nel Mare del Nord oppure nel Mar Baltico, ai confini con la Svezia, queste ultime storicamente contese fra le due nazioni. E naturalmente anche la capitale, Copenaghen, soffermandosi a volte sui palazzi più antichi e su altri luoghi di cui accenna la storia. E lo si vede da come descrive gli abitanti, spesso sottolineandone la parlata e commentando la pronuncia del danese anche da chi proviene dalla nazione limitrofa e parla una lingua simile.

Questi racconti hanno un unico protagonista, Johannes W. Jørgensen, un poliziotto che nel corso della sua carriera arriva alle cariche prima di ispettore, poi di commissario e infine di procuratore, e che con pieno diritto entra a far parte della categoria degli “investigatori dell’occulto” che vanta esempi celeberrimi come il John Silence di Algernon Blackwood, il Carnacki di William Hope Hodgson o il Martin Hesselius di LeFanu (e pure il fumettistico Martin Mystère di Alfredo Castelli). Perché, essendo appunto un poliziotto, Jørgensen viene mandato a indagare su morti sospette e sparizioni misteriose, ma se qualche racconto resta confinato nei parametri del giallo tradizionale la maggior parte racchiude un mistero le cui origini si perdono nella notte dei tempi o hanno una spiegazione fantascientifica. Se di spiegazione si può parlare, perché in realtà Fambrini non la offre spiattellandola come fanno i detective dei gialli quando hanno risolto il caso, ma la lascia intuire al lettore, a volte fornendogli tutti gli elementi e altre rimanendo più sul vago; lo stesso Jørgensen non ci riflette su, non ne parla con i colleghi o con i superiori, si limita a prendere atto di quello che è successo. Come lui stesso dichiara: “I fatti si svolgevano casualmente e io ne ero un testimone casuale. Si può dire, tutt’al più, che fingessero di lanciare una traccia, e io fingevo di recuperare quella traccia. Questo era tutto. Non ero altro che un testimone”. Questo aspetto lo fa accostare a J. L. Borges, del quale Fambrini condivide levità e distacco; anche se Ugo Malaguti, nell’introduzione al volume, lo paragona a Theodore Sturgeon, non senza ragione perché come il grande scrittore americano ha uno stile pulito, ineccepibile, non privo di slanci, unito a una profonda umanità che si sostanzia nell’indulgenza verso tutti i personaggi delle sue trame. I sedici racconti di questo falso romanzo – una serie di interludi raccordano i racconti a formare una unità – si svolgono dal 1929 al 1972 (con Jørgensen ormai vedovo e in pensione) e sono ambientati prevalentemente a Copenaghen e sulle isole danesi, fino alla Groenlandia, ma c’è anche un excursus in Toscana, a Volterra, dove il mistero è fondato sulla nota statuetta detta “Ombra della sera”.

ALESSANDRO FAMBRINI Girotondo: l’ultimo caso dell’ispettore Jørgensen - Elara Editrice, 2018 pp. 292, euro 25,00

Le trame sono le più svariate e vanno da incidenti provocati da indecifrabili entità aliene a manifestazioni del subconscio che generano fenomeni paranormali, dalla impossibile ricomparsa di Hitler nel 1948 a un paio di chiara ispirazione lovecraftiana: nel primo – che denuncia il richiamo sin dal titolo (Oltre le muraglie della follia) – il Solitario di Providence è citato espressamente; il secondo cioè Il mostro dei laghi è una intelligente variazione del classico di H.P. Lovecraft Il colore venuto dallo spazio.

Alessandro Fambrini, che è anche un valido critico letterario sia nel campo della germanistica che in quello della fantascienza, ha scritto romanzi e una nutrita serie di racconti apparsi su riviste e antologie, alternando il taglio satirico a quello più drammatico delle storie horror e di fantascienza distopica, ma i racconti dedicati all’ispettore Jørgensen hanno qualche cosa in più. Con questa strana ma riuscita miscela fra un approccio al fantastico di tipo sudamericano, l’ambientazione nel nord freddo e buio (molto rilevante, ai fini delle trame) e questo impenetrabile ma affascinante protagonista sempre in bilico fra il distacco e l’adesione ai fenomeni cui gli accade di assistere.

di Gian Filippo Pizzo

 

 

 

 

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