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Lo Zibaldone

Romano Guardini, Silenzio e verità

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di Francesco Roat

Romano Guardini (1885-1968) è uno fra i grandi maestri di pensiero dell’Europa novecentesca. Compagno di studi di Heidegger a Friburgo fu poi docente in varie università tedesche (Bonn, Berlino, Tubinga, Monaco di Baviera), celeberrimo conferenziere, presbitero, nonché autore assai prolifico (di lui si annoverano quasi 500 scritti, tra libri, articoli e testi che ripropongono sue lezioni/predicazioni). Memorabili sono soprattutto i saggi intorno ad autori quali Platone, Agostino, Dante, Pascal, Hölderlin, Kierkegard, Nietzsche, Dostoevskij, Rilke.

Nel complesso si tratta quindi ‒ come nota Giulio Osto, curatore d’una interessante scelta di brevi testi del Nostro, appena pubblicata dalle Edizioni Messaggero Padova ‒ di un patrimonio immenso, estrarre dal quale un’essenziale antologia divulgativa risulta davvero “impresa audace”, non solo per la poliedricità/ampiezza degli argomenti trattati e lo “stile” caratteristico di Guardini, poco amante della brevità sintattica, ma pure a causa del suo particolare metodo espositivo-articolativo, ovvero la cosiddetta “opposizione polare” (Gegensatz), che rende ogni pagina/tematica apparentabile a qualche altra: “per cui la ricerca delle pagine «più belle» dovrebbe sempre proporne almeno un paio «in coppia» per gustare a tutto tondo la riflessione dell’autore”.

Cifra del pensiero di Guardini credo comunque possa venir colta nella sua attenzione privilegiata alla crisi al contempo esistenziale e spirituale dell’uomo moderno, sospeso tra relativismo e disincanto, individualismo esasperato e tracotante volontà di potenza, nonché assillato dalla consapevolezza della propria precarietà/finitudine nonostante i sempre maggiori progressi tecnologico-scientifici, non in grado però di affrancarlo dall’angoscia di un destino nel segno dell’annichilimento, dell’ineluttabile nostro singolare venir meno. Si tratta allora, per l’intellettuale cattolico, di promuovere una nuova visione del mondo (Weltanschauung) in grado di cogliete mediante uno sguardo unitario la totalità del reale attraverso quella che potremmo chiamare un’ottica intuitiva che vada oltre la mera razionalità.

Quindi: “Deve formarsi”, nota Guardini, “un nuovo tipo umano, dotato di una profondità spirituale, di una libertà e di un’interiorità nuove, di una capacità di assumere forme nuove e di crearne”. E soprattutto occorre la consapevolezza della: “responsabilità che l’uomo esercita nei confronti della propria esistenza e dell’esistenza altrui, entrambe bisognose di molte cose, e per sua personale responsabilità nei confronti delle cose stesse”. Un tale atteggiamento responsabile, di apertura e cura, proviene ‒ scrive poeticamente il Nostro ‒: “dalle radici del cuore” e si declina attraverso: “l’amore in tutte le sue forme, il proteggere e il dispiegare, sciogliere e liberare, aiutare e curare”. Ovvio che, dalla prospettiva del cristiano Guardini, amore nella sua forma più alta equivalga a Dio, secondo quanto sostiene l’evangelista Giovanni, per il quale: “Dio è amore” (ho theos agape estin).

Il modo di porsi suggerito dal Nostro è dunque quello agapico, amorevole, oblativo, che non va disgiunto dall’accettazione di ciò che è. Un’accoglienza/apertura che è esattamente il contrario della passività, dell’indifferenza ignava o, peggio ancora, del masochismo e che prende le mosse a partire da una basilare auto-accettazione, per cui: “io sono d’accordo di esistere, in senso puro e semplice”. Ciò implica una fede ovvero un affidarsi alla vita, all’esserci, all’energia che ci informa e muove (o in Dio, per quanti a lui credono) e successivamente/paradossalmente tale accettazione ‒ e solo essa ‒ conduce ad un reale superamento di noi stessi, ad una liberazione dalla prigione egoica permettendoci di raggiungere l’unica autentica libertà.

Concluderei questa breve presentazione trattando di come Guardini intende il raccoglimento interiore ‒ oggi lo chiameremmo forse meditazione ‒, che per lui significa/comporta: “creare il presente, sostare e diventare presenti”; vivere insomma l’hic et nunc, il qui e ora, consapevoli che altro non ci è dato esperire, ma anche della profonda ricchezza/pienezza del: “Vivere l’adesso in quiete”. Leggendo il filosofo/teologo italo-tedesco sembra di ripercorrere gli itinerari suggeriti dagli antichi mistici renani: non una sola parola è superflua, ognuna di esse è piuttosto una vera perla di saggezza.

“Raccoglimento vuol dire recuperare noi stessi; richiamare le nostre forze dalla dispersione all’unità. Superare la confusione e ristabilire una tranquilla semplicità (…) imparare a riposare in noi stessi senza brame, a diventare silenziosi e sereni. Raccoglimento significa imparare a essere padroni di noi stessi. Il nostro intimo è spesso oppresso da preoccupazioni; agitato da passioni; gravato dalle contrarietà e dalle sofferenze. Qui il raccoglimento significa (…) Che in noi si levi qualcosa di profondo, cha a tutte queste cose contrarie dica: questo veramente non mi appartiene. Devo sopportarlo e lo farò lealmente. Ma non sono tutt’uno con esso. C’è in me qualche cosa al di là di tutto questo. Questo qualche cosa è chiaro e forte: l’essere vivente del mio spirito”.

Romano Guardini, Silenzio e verità, Edizioni Messaggero Padova, 2022, pp. 106, euro 9,50.

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