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Politici e cittadini dialogano su twitter

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La ricerca di linguaggi nuovi coinvolge tanto la classe politica quanto la sua narrazione giornalistica. L’analisi condotta dall’Osservatorio Mediamonitor (“Sapienza”) è diventata un libro di Morcellini, Antenore, Ruggiero.

 

La campagna elettorale del 2013 propone linguaggi nuovi, in linea coi tempi. La domanda di novità coinvolge tanto la classe politica quanto la sua narrazione giornalistica.

Il quadro politico resta frastagliato: ne risulta un tripolarismo polarizzato in cui a lanciare la sfida terzista non è il centro, bensì una forza anti-sistemica come il MoVimento 5 Stelle.

Silvio Berlusconi catalizza l’attenzione su di sé in due momenti fondamentali: il Giorno della Memoria, riportando in auge un suo celebre leitmotiv revisionista: «Mussolini ha fatto anche cose buone»; il 3 febbraio, con la “proposta shock” di restituzione dell’IMU. Seguono le inaspettate dimissioni di Papa Benedetto XVI e ondate di scandali. Questo lascia inesorabilmente fuori dall’agenda il Paese reale, l’Europa, la cultura e i temi etici. Ma soprattutto, schiaccia il Partito Democratico sotto il peso degli eventi e del protagonismo degli altri leader politici, obnubilando la figura di Bersani.

Mentre le forze politiche tradizionali mantengono una certa influenza nei confronti degli elettori abitualmente esposti al messaggio televisivo, come pensionati e casalinghe, il M5S imperversa in quel bacino elettorale che vede nella rete la fonte di informazione privilegiata. Ma il rapporto tra Tv e M5S resta saldo, a tratti morboso. Ai portavoce ufficiali del movimento viene negata la possibilità di offrirsi al contraddittorio televisivo. Eppure, da un lato, le piazze gremite dal comico genovese vengono offerte ripetutamente ai telespettatori, e, dall’altro, la retorica dello streaming legittima l’idea del “vedere per credere”.

La Tv resta, così, la sfera pubblica mediatizzata per eccellenza dove riproporre logiche cartesiane di stampo politico. “Sono in Tv, quindi esisto”. Ma il peso televisivo non corrisponde necessariamente al peso politico e al consenso nel Paese. La sopravvivenza della videopolitica passa anche per le mani dei giornalisti che sperimentano nuovi format, come quello di Lucia Annunziata che in Leader gioca con la prossemica per enfatizzare l’idea del tutti (la “gente”) contro uno (il candidato).

L’incalzante richiesta di partecipazione attiva ai talk show da parte dei cittadini-utenti si traduce nell’eterna conversazione dei social network. Twitter in particolare, che rappresenta l’informative network per antonomasia, si presenta come second screen su cui commentare in livestreaming ciò che avviene sul piccolo schermo.

Approfondimento politico televisivo e conversazioni in 140 caratteri sono rette parallele che, talvolta, si incontrano. Accade allora che il giornalista Antonio Polito si presenti a Linea Notte armato di dispositivo tablet, per seguire in tempo reale la discussione generata in rete attorno alla trasmissione di cui lui stesso è ospite.

Perno centrale dell’analisi della campagna è stata la ricerca su due binari condotta dall’Osservatorio Mediamonitor. Da un lato, l’analisi dell’agenda dei talk show ha cercato di individuare le issues dominanti, i tentativi di framing e i processi sottesi all’attivazione dei diversi temi. Dall’altro, la social web research ha sfruttato le potenzialità dei supporti tecnologici per analizzare in real time il buzz generato su Twitter dagli internauti, valutando l’influenza degli utenti e l’intensità di topic e hashtag di riferimento.

Federico Sbandi

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