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PERCHE’ IL DANTE-DI’ CADE IL 25 MARZO?
Siamo sicuri che sia la data giusta?
Riflessioni di Aldo Onorati
Da un po’ si parla di dedicare un giorno dell’anno a Dante, come si fa coi santi della religione cattolica. A parte che il genio dell’Alighieri non ha bisogno di tale ricorrenza, poiché ogni giorno è suo per chi lo ama e lo studia seriamente; tuttavia l’iniziativa è lodevole dal momento che forse è proprio l’Italia, patria del Poeta, ad avere meno dimestichezza col genio a suo tempo mandato in esilio da Firenze, sua città Natale (una nostra particolarità che si ripete da secoli quella di far espatriare i migliori cervelli: basterebbero solo pochi esempi, da Cristiforo Colombo a Guglielmo Marconi, da Enrico Caruso a Pontecorvo a Fermi etc.).
Allora, alcuni dantisti hanno proposto un “dì” per festeggiarlo. Lo hanno fatto sulla base di alcune date probabili, e, alla fine, dopo vari sforzi, hanno scelto il giorno e il mese d’inizio del viaggio profetico: 25 marzo. “Cosa fatta, capo ha”. Punto.
Quando dette le dimissioni papa Benedetto XVI, scrissero e proclamarono in giro che il nostro pontefice aveva agito come Celestino V che Dante pone all’Inferno, anzi: nell’Antinferno, fra gli ignavi. A nessuno di questi divulgatori della notizia venne il dubbio che Dante non intendesse affatto identificare l’uomo “del gran rifiuto” con il santo eremita Pietro del Morrone, ma più probabilmente con uno dei centri della storia cristiana, cioè Ponzio Pilato. Il dubbio era venuto già a Pietro Alighieri, a Boccaccio, a Benvenuto da Imola, fino a Pascoli e a Petrocchi (ma potrei citare altri nomi, tanti sono stati i commentatori propensi ad assimilare l’ombra innominata con colui che si lavò le mani dando in pasto alla folla cieca il Messia).
Con una simile approssimazione, e non so perché (il motivo potrebbe nascondere qualcosa?), è stato scelto questo 25 marzo sul quale bisogna ragionare con fermezza. Dunque, la collocazione dell’inizio del viaggio profetico è stata sempre motivo di dibattito, perché – e lo hanno ammesso pure coloro i quali hanno vinto nell’imporre questa data – nessuno è sicuro né del giorno, né del mese, né dell’anno. Infatti, le ipotesi sono due. Vediamole.
La prima (dal 25 al 31 marzo 1301), nel plenilunio (cfr. Inferno, XX canto, v. 127-129: “e già ier notte fu la luna tonda: / ben ten de’ ricordar, ché non ti nocque/ alcuna volta per la selva fonda”: chi parla è Virgilio, il quale rammenta al Pellegrino che la notte precedente, nella selva, c’era la luna piena dell’equinozio di primavera, circa, appunto, il 25 marzo del 1301), quando il Sole stava nella costellazione dell’Ariete (cfr. Inferno, primo canto, v. 38-40: “e ‘l sol montava su con quelle stelle/ ch’eran con lui quando l’amor divino/ mosse di prima quelle cose belle”: nel Medioevo era opinione comune che il mondo-universo fosse stato fatto in primavera, quando il Sole è in congiunzione con la costellazione dell’Ariete). Tale ipotesi è in base ai riferimenti astronomici, e quindi – se ci fosse solo questa – andrebbe bene; ripeto: 25 marzo 1301. Ma esistono riferimenti storici inoppugnabili dentro la “Commedia”, che anticipano di un anno (1300) il viaggio provvidenziale, e precisamente al 7 aprile, giovedì della Settimana santa dell’anno giubilare. Ecco i punti di indicazione “storici” (e più credibili proprio perché coincidenti con l’Anno santo indetto da Bonifacio VIII). Siamo alla seconda ipotesi: Inferno, canto X, v. 60-72. Cavalcante Cavalcanti chiede a Dante perché il figlio Guido non è con l’Alighieri in questo viaggio “commissionato per altezza d’ingegno”, e il Poeta risponde che forse Guido “ebbe” a disdegno la teologia. Allora il vecchio, piangendo, rivolge accorata la domanda se il figlio è morto, poiché Dante ha usato il passato remoto. E il Pellegrino ritarda la risposta perché si chiede come mai solo quel dannato non conosca il futuro. Il silenzio è preso da Cavalcante come un assenso: cade svenuto nella tomba e non riappare più. Ma poi Dante spiega il suo titubare a Farinata degli Uberti, dicendogli che Guido è vivo. Se il viaggio fosse stato fatto secondo la data “ormai ufficiale del Dante-dì”, cioè nel 1301, l’Alighieri avrebbe dovuto dire al vecchio che il figlio era morto. Ancora: Farinata profetizza l’esilio al Pellegrino: una data esatta (v. 79-81, X canto: “Ma non cinquanta volte fia raccesa/ la faccia de la donna che qui regge, / che tu saprai quanto quell’arte pesa”, cioè: “Non passeranno cinquanta mesi lunari da oggi, che tu proverai cosa significa stare in esilio”; 50 mesi lunari corrispondono a circa 4 anni. Infatti, il fallito tentativo della Lastra – 20 luglio 1304 – costrinse Dante ad allontanarsi dai compagni d’esilio e a “far parte per se stesso”). Ancora: in Inferno, canto XVIII, v. 28-33, Dante descrive il doppio senso di marcia, inventato dal papa, su Ponte Castel Sant’Angelo l’anno giubilare: “come i Roman, per l’essercito molto, / l’anno del giubileo, su per lo ponte / hanno a passar la gente modo colto, /che da l’un lato tutti hanno la fronte/ verso ‘l Castello e vanno a santo Pietro, /da l’altra sponda vanno verso il monte”.
Fra le due ipotesi, avrebbero dovuto scegliere la seconda, dimostrabile “storicamente” e non con l’astronomia.
Ma la questione non finisce qui.
Si erano cercate altre date: quella di nascita e quella di morte, ma entrambe sono incerte. Da quanto Dante scrive riferendosi al segno zodiacale sotto il quale vide la luce, dovrebbe essere tra il 14 maggio e il 13 giugno (la costellazione dei Gemelli) del 1265. Alcuni propendono per la fine di maggio, ma non sappiamo altro. In quanto alla morte, il Villani afferma essere avvenuta il luglio del 1321, ma Boccaccio, molto più preciso, data il 14 settembre (“Nel dì che la esaltazione della Santa Croce si celebra dalla Chiesa”); però gli epitafi di Menghino Mezzanti e Giovanni del Virgilio danno il 13 settembre. Insomma tutti riferimenti incerti. Ma – guarda caso! – una sicura c’è!!! E’ la data del battesimo: 26 marzo 1266, Sabato santo. Si chiederà: come mai tanto tempo dopo la nascita? Perché era uso a Firenze, in quei secoli, di recare al fonte battesimale, in pubblica cerimonia, i bambini nati entro l’ultimo anno. Ripeto: unica data sicura! E di quale grande importanza per il cristianissimo Dante! Nel XXV canto del Paradiso, nell’anelito a tornare in Firenze onorato come poeta, si augura di prendere il “cappello” (cioè l’incoronazione d’alloro) nel suo “bel san Giovanni”, dove era stato fatto cristiano “: “Con altra voce omai, con altro vello/ ritornerò poeta, e in sul fonte/ del mio battesmo prenderò ‘l cappello; /però che ne la fede, che fa conte/ l’anime a Dio, quivi intra’ io, e poi/ Pietro per lei sì mi girò la fronte”. Il battesimo ha “girato la fronte” a Dante, indirizzandolo verso Dio. L’entrata nella religione cattolica è fondamentale per Dante: il “Poema Sacro” nasce da lì, dal momento della sua appartenza a Cristo. Non è solo una cerimonia apparente: per l’Alighieri è il pilastro della sua Fede. Io, personalmente, avrei messo questa data: 26 marzo, momento determinante per la spiritualità d’un grande cristiano, il quale – scrivendo un Quindo Evangelio – è scelto da Dio per un viaggio escatologico provvidenziale, come un nuovo Evangelista, sulla base delle previsioni di Gioachino da Fiore il quale aveva profetizzato l’inizio dell’Età dello Spirito con la morte dell’Anticristo (identificato con Federico II, che morì nel 1250). Dante, nato di lì a poco, si sentì investito dell’alto compito di rivelare al mondo le punizioni e i premi dell’al di là, egli terzo uomo ammesso a tale viaggio, dopo Enea e San Paolo.
Dunque, perché non prendere quale “Dante-dì” la data del suo battesimo, l’unica certa? Io non faccio ipotesi, ma il 26 marzo 1266 è un giorno “religioso”… Forse agli equilibri della nostra epoca avrebbe creato qualche problema? E’ una riflessione vagante la mia: non prendetela in considerazione, ma riflettiamo tutti che è stata scartata l’unica data sicura!
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