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Pasolini, Soriano e gli altri letterati che amavano il calcio
Perché tanta attrazione da parte degli scrittori verso quello che poi non è nemmeno il più nobile tra gli sport? “Il calcio è metafora della vita”, scriveva Sartre.
di Mimmo Mastrangelo
“Il football è un sistema di segni, cioè un linguaggio […]. Ci può essere un calcio come linguaggio fondamentalmente prosastico e un calcio come linguaggio fondamentalmente poetico […]. Ci sono nel calcio dei momenti che sono puramente poetici: si tratta dei momenti del goal. Ogni goal è sempre un invenzione, è sempre una sovversione del codice, ogni goal è ineluttabilità, folgorazione, stupore, irreversibilità. Proprio come la parola poetica. Il capocannoniere di un campionato è sempre il miglior poeta dell’anno”.
Questo parole di Pier Paolo Pasolini le tengo riscritte a penna da moltissimi anni su un’agenda del cinema (di quelle eleganti e ricche di notizie che pubblicava “Il Castoro”). Insieme alla frase del poeta e regista friulano, tifosissimo del Bologna, ne ritrovo sulle stesse pagine altre sul football, sempre di scrittori, filosofi, poeti di tutto il mondo. Una mania-piacere tutta personale di conoscere come la letteratura con la sue acrobazie ha narrato e teorizzato (e continua a raccontare e teorizzare) il calcio.
Ma ci sarebbe da chiedersi perché tanta attrazione, lusinga da parte degli scrittori verso il gioco del calcio che poi non è nemmeno il più nobile tra gli sport. A trovare una risposta ci può aiutare Jean Paul Sartre che pensava: “Il calcio è metafora della vita” o il grande Osvaldo Soriano secondo cui il pallone giocato “ha le sue ragioni misteriose che la ragione non conosce”, oppure Eduardo Galeano che continua ad avvicinare il calcio a Dio per la “devozione che gli portano molti credenti…”.
Ma è vero pure – come credeva ancora Pasolini – che il football “è l’ultima rappresentazione del nostro tempo. E’ rito nel fondo, anche se è evasione. Mentre altre rappresentazioni sacre, persino la messa, sono in declino, il calcio è l’unica rimastaci. Il calcio è lo spettacolo che ha sostituito il teatro”.
E non solo. Albert Camus, che prima dello scrittore faceva il portiere, ha messo nero su bianco che: “la palla non arriva mai dove la si aspetta. Mi è servito nella vita. Soprattutto a Parigi dove non ci si può fidare di nessuno”. Invece, Salman Rushie, tifoso del Totthenam ha scritto che “il calcio è un amore monogamo, fino a morte che non ti separi, essere tifosi ha un sapore particolare significa supportare decenni di disillusioni”. Sempre Rushie ha colto bene lo stato del tifoso quando la beneamata è vittoriosa o perdente: “se il Totthenahm vince sento il fine settimana più gradevole, più promettente. Se perde si addensano nuvole nere”. Il poeta salernitano Alfonso Gatto – che teneva nel suo studio la foto di Gianni Rivera e bolliva di una passione rossonera rivaleggiante con la fede nerazzurra del suo amico (e poeta) Leonardo Sinisgalli – ha messo stupendamente in versi quell’atmosfera malinconica che offusca le domeniche di inizio primavera quando la stagione calcistica rotola verso la fine . “I pomeriggi si fanno lunghi/l’aria rabbrividita dagli ultimi freddi/è già luminosa e trasparente dopo le acquate di marzo/ c’è una luce di dolce crepuscolo sul campionato”.
Tante, tantissime frasi sull’arte pedatoria conserva ancora quella l’agenda sul cinema de “Il Castoro” come quella di Jorge Luis Borges: “Ogni volta che un bambino prende a calci qualcosa per la strada lì ricomincia la storia del calcio”, oppure “In fin dei conti il calcio è fantasia, un cartone animato per adulti”, firmato ancora da quel centravanti mancato che fu l’argentino Osvaldo Soriano. Ma penso che una delle definizioni più belle sul gioco inventato dagli inglesi c’è l’ha regalata a noi amanti di un calcio romantico il filosofo Edilberto Coutinho: “Il calcio se ben praticato è forza di popolo. I dittatori passano sempre, ma un gol di Garrincha è un momento eterno non lo dimentica nessuno”…. Ben detto professor Coutinho. Un dribbling, un gol di Garrincha o Gigi Meroni può essere un ricordo infinito. Quasi una rivoluzione.
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