Lo Zibaldone
Ogni creatura è un’isola
di Giovanni Graziano Manca
Racconta il personaggio principale in una delle prime pagine del libro:
“Prima di partire la dottoressa mi ha detto di eliminare la parola paura dal dizionario. Dalle un altro nome, un nome carino. Tipo pinguino?, ho chiesto. Si, tipo pinguino. Pinguino mi sembra un’ottima parola, sono animali carini.”
In questo romanzo di Andrea De Spirt, a tratti, la linea di demarcazione che separa poesia e prosa è sottilissima. È la forma stessa del romanzo che incoraggia il linguaggio poetico: “Ogni creatura è un’isola” ha una struttura diaristica che comprende un insieme di 458 brevi paragrafi. Attraverso di essi si dipana la trama del racconto, una trama molto scarna che somiglia più a un filo conduttore non sempre visibile. Essa appare essenziale perché pochissimi sono i fatti e gli accadimenti descritti dovuti ad azioni vere e proprie concretamente svolte dal protagonista; per altri versi, invece, l’intreccio (sempre che di intreccio, appunto, si possa parlare) si presenta densissimo di emozioni e di stati d’animo, diversi e talvolta contrastanti tra loro, di questo o quel personaggio di cui tra le pagine di volta in volta si parla (oltre al protagonista: sua madre, suo padre, suo fratello, J la ragazza della bici, e così via).
Le parole di J e quelle del protagonista in uno dei paragrafi significativi del libro, il numero 454:
“”Quella notte dentro di me è scattato qualcosa. Si è creato un vuoto. Una voragine. È stato come arrendersi, come morire e in quel morire si è accesa una luce, senza che io premessi alcun interruttore. Per tutta la vita avevo cercato proprio una storia, qualcuno che riuscisse a vedermi, qualcuno che potesse dirmi come esistere. Ma da quel momento niente per me ha avuto più davvero importanza, nemmeno chi fossi o chi non fossi. Tutto era importante e non importante allo stesso tempo. Improvvisamente avevo capito come diventare reale.” J si è alzata e ha fatto qualche passo in avanti verso il limite della scogliera. Mi ha detto di guardare. Di guardare con attenzione. Ha indicato qualcosa di lontano. Mi sono alzato. Ho socchiuso gli occhi. Eccole, le altre isole. Non avevo mai visto così tante isole come in quel momento.”
Si è detto di una narrazione che si sviluppa per paragafi brevi: alcuni di essi denotano, da parte dell’esordiente autore, un modo di scrivere istintivo che si può osservare in quelle che potrebbero apparire al lettore come annotazioni scritte di fretta. Come peraltro è possibile constatare, nel libro di De Spirt la sintesi non è manifestazione di assenza di significato o di argomenti, tutt’altro. Il protagonista del libro si trasferisce su una non ben identificata isola; qui cerca di scrivere il finale di un libro lasciato incompiuto da suo fratello F., morto forse suicida, sperando di trovare qualche risposta sulla sua scomparsa. Personaggio notevole di questa storia è J., una ragazza che nell’isola fa la commessa e che gira con una bicicletta rossa. È anche attraverso gli approcci incerti con J. che la “voce narrante” del libro mostra le proprie insicurezze e la propria incapacità di comunicare. Già il titolo rivela esplicitamente i temi principali del libro. Esso appare ispirato al brano di Enzo Avitabile e Francesco De Gregori “Attraverso l’acqua”, che descrivendo il mare come fonte di vita da un lato, rappresenta la massa d’acqua come un ostacolo da superare dall’altro. L’espressione “ogni creatura è un’isola” sembra così alludere alla sostanziale condizione di solitudine (spesso ricercata, come capita continuamente al protagonista) in cui l’uomo vive non di rado ostaggio delle proprie paure.
Andrea De Spirt
“Ogni creatura è un’isola”,
pagg. 188, euro 19,
Il Saggiatore, Milano 2021.
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