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Mistero risolto a Trieste: ritrovati i  libri scomparsi di Alberto e Carlo Michelstaedter.

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di Alessandra Sofisti

Il fondo bibliografico, acquistato a Trieste alla libreria antiquaria del poeta Umberto Saba da Cesare Pagnini, avvocato e storico, è stato recuperato nel 2013 dal direttore della Biblioteca Isontina di Gorizia Marco Menato, grazie ad un finanziamento del MIBACT. La figura di Pagnini è controversa: triestino  studioso del Risorgimento e dell’irredentismo, fu podestà della città giuliana negli anni ’43-45, contestato duramente per il suo ruolo di collaborazionista. Il recupero si deve al bibliofilo Simone Volpato, titolare del negozio di antiquariato ‘Drogheria 28’ di Trieste, a poca distanza dalla stessa  libreria di Saba,  che ebbe il compito di inventariare la bibliotecadel Pagnini, tra i cui libri trovò l’inestimabile fondo bibliografico appartenente al padre del filosofo Carlo: Alberto Michelstaedter. Uomo colto e d’affari, direttore della Agenzia goriziana delle Assicurazioni Generali di Trieste, titolare di svariati incarichi nell’ambito del Gabinetto di Lettura di Gorizia, aveva acquisito nel tempo un significativo fondo librario multilingue, con volumi in tedesco, francese, croato, friulano. Tutti i libri erano stati contrassegnati da etichette manoscritte, firmati da Alberto  e annotati dal figlio Carlo con schizzi, disegni, postille. .  La madre Emma e la sorella Elda erano decedute in un campo di concentramento. L’unica sorella del filosofo, morto suicida il 17 ottobre 1910, Paula Michelstaedter  Winteler, sopravvissuta al nazismo grazie alla fuga in Svizzera, aveva già donato negli anni ’70 all’Isontina il primo corpus di dipinti, disegni,  e documenti autografi appartenuti al fratello e i libri più letti, amati e maggiormente personalizzati da Carlo. Nel fondo ritrovato sono ben rappresentati le letterature di area veneta, triestina, friulana,  gli autori classici, tra i quali spicca Leopardi, il cui  concetto di pessimismo bene si accosta alla teoria della persuasione del giovane Carlo Michelstaedter. “Occorre  giungere – secondo il filosofo – al superamento delle illusioni, al pieno possesso di se stessi e alla libertà dalle necessità quotidiane, dai piaceri fittizi, dai desideri, dai timori. Bisogna non aspettarsi nulla né dagli uomini, né dalle cose, bensì riscoprire in se stessi l’universale ed assoluta essenza umana, senza inseguire eterni ed immutabili valori destinati a rivelarsi vani, contraddittori e corruttibili”. Carlo Michelstaedter – scrivono gli autori del libro La biblioteca ritrovata –  fu un ribelle, un innovatore, un resistente all’assimilazione al mondo delle convenzioni borghesi, difensore di ideali nobili e alti che non gli impedirono però la scelta suicida.  Nel saggio risulta affascinante il parallelismo, anche se in epoche diverse,  della relazione tra Giacomo Leopardi e il padre Monaldo, cattolici,  e tra Carlo e il padre Alberto, ebrei. Un secondo filo invisibile unisce entrambe le famiglie: la biblioteca costituiva per loro il cuore dei palazzi dove risiedettero. Sembra incredibile che opere artistiche, documenti, libri abbiano potuto resistere alla distruzione di due guerre mondiali, alla persecuzione antiebraica, alla naturale dispersione e all’oblio  del tempo.  La sorella Paula, ritornata dopo la guerra a Gorizia, aveva potuto rivedere le carte, i documenti, i disegni del fratello, ma, in assenza di inventario, aveva ceduto al poeta Saba numerosi e ingombranti  scaffali di volumi, quasi tutti appartenuti al padre Alberto,  conservando solo i libri del fratello definiti “del cuore”. Per la ricostruzione dei fatti nel libro La biblioteca ritrovata viene citata la lettera che Umberto Saba scrisse a Cesare Pagnini, senza data, ma indicativamente dei primi anni ’50 e sottoscritta, in cui il poeta consiglia titoli e autori di libri presenti nella sua Libreria e informa l’avvocato “di essere in possesso di una biblioteca goriziana di uno scrittore-filosofo che conobbi a Firenze anni addietro”. Definisce la biblioteca “molto interessante”, indica un alto prezzo e aggiunge tra parentesi “se passa in Libreria le spiego la tragica storia sua e della sua famiglia, molto simile alla mia”. Si sa con certezza che Umberto Saba e il giovane  Carlo Michelstaedter si incontrarono a Firenze negli anni 1905-1907 e che proprio Carlo, in quell’occasione, aveva fatto un ritratto del poeta, sconosciuto ai più, non avendo pubblicato ancora nulla. .  Per chi volesse approfondire la storia e il pensiero del filosofo alla Biblioteca Isontina di Gorizia è catalogato il fondo costituito da 33 manoscritti, 200 lettere,  14 album di disegni, dipinti, fotografie,  7 volumi a stampa a lui appartenuti, nonché le edizioni delle opere e volumi, saggi, articoli, tesi di laurea. Sempre a Gorizia alla Sinagoga “Gerusalemme sull’Isonzo” in via Ascoli 19,  è esposta presso il Museo una parte delle sue opere.

Note

Carlo Michelstaedter

Filosofo e poeta (Gorizia 1887 –  1910). Nel 1905 si recò a Firenze, dove, iscrittosi alla facoltà di lettere e filosofia, dimorò fino al 1909. Concepì la vita come eroica espressione di una volontà piena e consapevole, svincolata da ogni compromesso e da ogni maschera retorica con cui gli uomini tentano di eludere la propria solitudine, il dolore e il timore della morte. La persuasione e la rettorica si intitola infatti il maggiore dei suoi scritti (pubblicati postumi, nel 1912-13), i quali, in una forma che alterna al rigore concettuale l’impeto lirico e alla prosa il verso , rispecchiano il suo pensiero. Morì suicida. Nel 1958 è stata pubblicata un’edizione completa delle sue Opere, frutto dell’accresciuto interesse intorno alla sua figura come precursore dell’esistenzialismo

Umberto Saba

Pseudonimo del poeta Umberto Poli (Trieste 1883 – Gorizia 1957), di famiglia ebraica dal lato materno, fu avviato agli studi commerciali e fu per lunghi anni direttore e proprietario di una libreria antiquaria a Trieste. I suoi primi versi risalgono al 1900 ma il primo libro, Poesie, è del 1911, seguirono: Coi miei occhi (1912), Cose leggere e vaganti (1920), Il Canzoniere (1921) e altri.

Cesare Pagnini

Trieste, 1899- 1989, politicogiornalista e storico, pubblicò gli atti del processo relativo all’omicidio di Johann Joachim Winckelmann (1717-1768), bibliotecario, storico dell’arte e archeologo tedesco, avvenuto a Trieste nel 1768 ad opera del cuoco. In piazza della Borsa, dove risiedette fino alla morte avvenuta a 90 anni nel 1989, raccolse come collezionista libri e documenti, fondi storici tra i quali quello di Alberto e Carlo Michelstaedter.

 

 

 

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