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Lo Zibaldone

Lost in translation

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di Federico Mussano

Scambiare la parola tsundoku per un gioco di logica con ottantuno caselle è di certo un errore (il sudoku è ben altra cosa) ma relegare il volume “Lost in translation” al ruolo di tsundoku sarebbe un errore ancora più grave. Questo sostantivo giapponese indica infatti «un libro comprato senza essere letto» e, mal comune mezzo gaudio, «di solito impilato con altri libri mai letti». L’opera della Sanders – non solo scrittrice ma anche raffinata illustratrice – merita invece attenzione, un’attenzione che si tramuta in curiosità man mano che si scoprono parole provenienti da ogni parte del mondo caratterizzate da una sostanziale intraducibilità, figlie quindi di sensibilità lessicali e riferimenti sociolinguistici che costringono all’uso di perifrasi con lo svantaggio della prolissità e, soprattutto (nella maggior parte dei casi), della perdita di precisione nell’enunciare concetti.

Non è quindi un caso che l’autrice dichiari di trovarsi «a riconoscere questi sostantivi, aggettivi e verbi nelle persone che incrocio per strada» ricordando di aver «visto boketto negli occhi di un uomo anziano seduto in riva all’oceano» e resfeber nel «cuore di amici che si accingevano a fare un viaggio dall’altra parte del mondo» con il primo termine – di nuovo tratto dalla lingua giapponese – a indicare lo sguardo che vaga in lontananza senza pensare a niente e il secondo a rappresentare il misto di ansia e aspettativa (forse più di ansia, considerato il battito cardiaco irrequieto) del viaggiatore svedese. Il giapponese di komorebi e lo svedese di mångata provano a ricordarci due modi diversi di ammirare le suggestioni che la luce provoca in noi legandosi alle meraviglie della natura: sole e luna, nel primo caso è il sole che filtra tra le foglie degli alberi mentre nel secondo è la luna che lascia una scia luminosa nel riflettersi sull’acqua.

Si può ben dire che con questo libro ci si nutre di parole e sarà un sostantivo proveniente dalla Germania (non quindi dal lontanissimo oriente o dalle lontane terre scandinave) a ricordarci che, quando si tratta di cibo reale e non di cibo metaforico (sostantivi, aggettivi, verbi), bisogna nutrirsi con moderazione: il tedesco infatti contempla la parola Kummerspeck per indicare la “pancetta da stress” e cioè i chili di troppo che prendiamo per fame nervosa. Una cosa che fa certo innervosire è chiedere informazioni stradali, annuire convinti di aver capito tutto e di riuscire a ricordare tutto… e poi non ricordarsi più nulla! Dovesse succedere alle Hawaii saremo dunque un àkihi, questo il termine specifico.

ELLA FRANCES SANDERS

Lost in translation

Traduzione di Ilaria Piperno

Marcos y Marcos, 2015

pp. 120, euro 15,00

 

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