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Lo Zibaldone

L’irritante questione delle camere a gas

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di Francesco Roat

Vi sono a tutt’oggi sedicenti storici per i quali la shoah, ovvero lo sterminio del popolo ebraico effettuato dai nazisti durante la II guerra mondiale, sia solo un’invenzione. Mi riferisco ai cosiddetti negazionisti, che escludono persino siano mai esistite davvero le camere a gas ad Auschwitz. Il negazionismo resta, per fortuna, un fenomeno minoritario ma ad esso tuttavia, in Europa e altrove, fanno riferimento ancora sin troppi seguaci, nonostante in alcuni Paesi siano state varate leggi intese a colpire quanti affermano la shoah non abbia mai avuto luogo. Tuttavia tra i sostenitori della libertà d’espressione molti stimano questo metodo punitivo un errore, giacché non solo non consentirebbe alle persone di esprimere le proprie idee – per quanto aberranti possano essere –, ma paradossalmente favorirebbe gli stessi negazionisti trasformandoli in vittime d’un sistema repressivo, finendo per conceder loro pubblicità/visibilità a buon mercato. Che fare, quindi? Negar loro la parola o piuttosto parlare di come essi costruiscono le loro ipotesi pseudo storiche evidenziandone gli errori di metodo, la mancanza di valide argomentazioni documentaristiche e le distorsioni con cui manipolano fonti e testimonianze?

Valentina Pisanty − nel suo poderoso/ponderoso saggio, dal titolo: “L’irritante questione delle camere a gas” (Bompiani) – propende senz’altro per la seconda strategia. Non è infatti con le mere sanzioni o riprovazioni censorie che il negazionismo viene estirpato; anzi in tal modo si rischia persino di fomentarlo, in quanto: “è gratificante sentirsi presi di mira dai poteri forti”. Inoltre negli ultimi tempi – soprattutto in America – i negatori della shoah hanno iniziato a utilizzare siti Internet per favorire il proselitismo e, nota giustamente l’autrice, “il canale informatico si rivela un’ottima soluzione contro la censura che in alcuni paesi europei colpisce gli scritti dei negazionisti”.

Serve semmai in primo luogo analizzare con cura come questi ultimi leggano a loro uso e consumo i documenti storici operando su di loro delle vere e proprie interpretazioni aberranti. Ed evidenziare come, qualora le ammissioni/dichiarazioni dei testimoni dell’olocausto (siano essi i carnefici o i perseguitati) non possano venir in alcun modo distorte, di esse viene negata la veridicità affermando, senza l’ombra d’una prova, che si tratta di affermazioni imprecise, contraffatte, bugiarde o estorte fraudolentemente. Valga, ad esempio, come è ritenuto dai negazionisti inattendibile o menzognero il rapporto Gerstein (dal nome dell’ufficiale SS che forniva di gas tossico i lager nazisti per la “disinfezione”), dove questi fornisce tutta una serie di dati sui campi dove erano in funzione le camere a gas e su come in queste si eliminavano i deportati.

Ovviamente anche l’autobiografia di Rudolf Höss (per anni comandante ad Auschwitz) non è considerata veritiera dalla paranoia revisionista. Forse per il fatto che le sue descrizioni sono sin troppo eloquenti. Giudichino i lettori il rilievo da dare a quanto il boia confessa/sottoscrive:

Gli ebrei destinati alla morte venivano condotti con la maggior calma possibile ai crematori. Negli spogliatoi i prigionieri del Sonderkommando li inducevano a spogliarsi, dicendo che li avevano portati lì per il bagno e la disinfestazione (…). Dopo la vestizione gli ebrei entravano nelle camere a gas, provviste di docce e di lavandini per meglio dare l’impressione di stanze da bagno. Per primi entravano le donne con i bambini, quindi gli uomini, che di solito erano in numero inferiore (…). Quindi si chiudevano rapidamente le porte e il gas veniva immediatamente fatto uscire dagli appositi serbatoi e immesso, attraverso fori praticati nel soffitto, in un pozzo d’areazione che li faceva arrivare fino al pavimento. Questo assicurava l’immediato diffondersi del gas. Attraverso gli spioncini praticati nelle porte, si poteva osservare come le persone più vicine al pozzo d’areazione cadessero morte all’istante (…). Non passavano venti minuti, e già più nessuno si muoveva”.

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