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Lo Zibaldone

Le cose di prima

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di Giovanni Graziano Manca

Sorta di Spoon River in prosa, questo splendido romanzo d’esordio di Bruno Vieira Amaral vincitore di una delle ultime edizioni del prestigioso premio Saramago rappresenta a modo suo un atto d’amore sconfinato nei confronti dei propri luoghi d’origine, una retrospettiva letteraria nostalgica e sentimentale (la circostanza, dopo aver letto il libro, appare in qualche modo implicita nello stesso titolo) che vuole fissare le coordinate di un quartiere, quello di Amelia, a Lisbona, dove solo i perdenti, gli scansafatiche e gli infelici non riescono a scrollarsi di dosso la miseria e dove ogni ritorno appare un vagare della memoria o peggio una vera e propria sconfitta individuale. Amelia è un sobborgo reale e immaginario allo stesso tempo: Vieira Amaral ne fa un piccolo universo di gente malsana, dal quale allontanarsi orgogliosamente certi di una vittoria sulle circostanze avverse che impediscono al singolo di affermarsi nella vita oppure, come appunto capita all’immaginario protagonista, tornare a capo chino con un fardello fallimentare certificato dalla fine di una relazione coniugale durata otto anni, da un licenziamento e da una inettitudine di fondo per la vita pratica. Scrive l’autore nel torrenziale prologo: “Fu così che mi ritrovai di nuovo nel quartiere Amelia: disoccupato, disarmato, un po’ orfano, di ritorno nel luogo di vacanze lontane e felici, dove trovavo solo lo stesso scenario fisico e nessuna delle immateriali ragioni della felicità di un tempo. I miei amici ormai non erano più li, le persone che avevo amato erano morte, l’età non mi permetteva di tornare ai luoghi cari – la scuola elementare, il parco, il campo da calcio […] “. Sullo sfondo, in questa narrazione spesso cruda e sempre accorata, il Portogallo e la sua capitale negli ultimi decenni del secolo scorso con il consistente flusso dei “retornados” provenienti dalle colonie dell’ex impero portoghese (Angola, Guinea, arcipelago di Capoverde, e così via) che contribuisce a creare il caleidiscopico microcosmo di Amelia fatto di personaggi che il protagonista indaga aiutato e guidato “attraverso la selva oscura e profonda della nostra memoria” dal vecchio fotografo Virgilio che sa tutto sul quartiere e può chiarire ogni dubbio su fatti, persone, voci, pettegolezzi, sospetti. L’attenzione è posta in modo particolare su un omicidio e sulla misteriosa scomparsa di Vera, compagna di classe dei vecchi tempi. Zeca, Flaviana, Joe l’indiano, la signora Beatriz, Beone, Cordeiro, Cremilde, Delgado e tutti gli altri sono definiti ombre che il bagliore finale della morte ha fissato sul muro. Di grande intensità, rivolte a uno dei personaggi chiave del libro, le battute finali di una narrazione che ricostruisce un passato personale ma anche quello di quanti hanno popolato il quartiere di Amelia: “[…] è qui, in questa spiaggia morta di acque nere che posso, finalmente, morire e ricominciare, certo che poi, Delfino, quando il buio coprirà i miei occhi, domani, fra cento anni, saremo insieme in paradiso, e non vi sarà più morte, né lutto e grida di dolore, perché le cose di prima sono ormai passate.”

Bruno Vieira Amaral

“Le cose di prima”

352 pagg., euro 19,

Nutrimenti edizioni, Roma 2021.

 

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