Fumetti
La storia di Arpad Weisz, per non dimenticare
Essere un portiere eccellente, un allenatore eccezionale ebreo in Italia nel 1938: la storia di Arpad Weisz, per non dimenticare.
di Alessandra Sofisti
Nato a Solt in Ungheria nel 1896, di famiglia ebrea, venne chiamato in italia dall’Ambrosiana Inter (così Mussolini volle rinominare la squadra di Milano). Giocò e divenne famoso, fino a quando un bruttissimo infortunio al ginocchio non gli permise più di saltare tra i pali. Con uguale passione iniziò la carriera di allenatore. Fu il primo in Europa a creare tattiche vincenti, a curare l’alimentazione dei giocatori, a scendere sempre con la squadra a bordo campo con il suo inconfondibile cappello a tesa larga. Sarà l’allenatore più giovane ad aver vinto lo scudetto con l’Ambrosiana –Inter nel 1930 e altri due con il Bologna, scalzando dal podio l’ineguagliata, irraggiungibile – sino a quel momento – Juventus. Negli anni trascorsi ad allenare il Bologna, Weisz si distinse anche in ambito europeo, al Torneo dell’Esposizione Internazionale di Parigi nel 1937, vincendo per 4 a 1 contro il Chelsea, squadra inglese tra le più temute. Sposato con la connazionale Elena, ebbe due figli Roberto e Clara. Abitò con la famiglia vicino allo stadio in zona Porta Saragozza, amava passeggiare sotto i portici e, parlando un ottimo italiano, amava discutere su schemi di gioco e nuove tattiche con giornalisti, osservatori stranieri e persino con Renato Dall’Ara, che diventerà in seguito un famoso imprenditore e dirigente sportivo. L’inizio della fine arriverà per lui e per tutta la sua famiglia nel cupo anno 1938, anno dell’emanazione delle leggi razziali : il famigerato Manifesto del razzismo italiano firmato da Mussolini e sostenuto da sedicenti e opportunisti scienziati ed esponenti del Ministero della cultura popolare. Dopo aver fatto censire tutti gli ebrei stranieri residenti nel Regno d’Italia, in totale 8.100 persone, il governo di Mussolini privò gli ebrei di tutti i loro diritti e anche nello sport venne impedita l’iscrizione di cittadini non cattolici alle società professionistiche e dilettantistiche. Arpad Weisz fu esonerato, i figli espulsi da scuola. Dovettero scappare in incognito, di notte, prendendo un treno per Parigi, lasciando tutto. Non molto tempo dopo le truppe naziste invasero la Francia, la capitale francese non sarà più sicura e i Weizs saranno costretti ad una nuova fuga verso l’Olanda e la cittadina di Dordrecht, che aveva in quel momento la squadra di calcio a rischio retrocessione. Weisz ripartì da zero, si mise al comando della squadra, portandola dopo poco tempo alla salvezza. In tempi così bui non ci fu però salvezza per Arpad e per la sua famiglia, arrestati e deportati nel 1942, furono separati subito: Arpad diretto in un campo di lavoro in Alta Slesia, la moglie Elena e i figli nel campo di sterminio. Sopravvissuto per qualche anno alla fame, al duro lavoro, al freddo, ormai debole, venne condotto con un convoglio ad Auschwitz dove morì nel 1944. Nel 2009, nel Giorno della Memoria, per non dimenticare la Shoah e per i 100 anni del Bologna Calcio, la Città volle ricordare l’allenatore tra i più grandi e innovatori del suo tempo, con una lapide commemorativa posta sotto l’arco allo Stadio..
Arpad Weisz e il Littoriale di Matteo Matteucci Bologna : Minerva, 2017, 1 v., illustrazioni dell’autore, con il patrocinio del Bologna FC.
ISBN 9788873819448

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