Interviste
Intervista a Tiziano Scarpa
Si è cimentato nella grande impresa di tradurre in chiave moderna la famosa poesia ‘Se’ di Rudyard Kipling, che tante generazioni ha accompagnato, oggi edita da Einaudi Ragazzi. E lo ha fatto con leggiadria e serietà, rispettando la tradizione con un linguaggio moderno. Tiziano Scarpa ci spiega che cosa significa parlare agli Uomini di domani.
Come è nata l’idea di dare ‘nuova vita’ a questa poesia meravigliosa?
Bisognerebbe chiederlo all’editore. Io ho ricevuto la proposta da loro. E, dico la verità, non la consideravo una poesia “meravigliosa”. Non mi era neanche ben chiaro che fosse una poesia. L’avevo letta nelle traduzioni italiane che, per quanto ne so, sono tutte in prosa. Ne veniva fuori una specie di predica. Invece l’originale di Kipling è in endecasillabi rimati, che danno tutt’altro sapore. Parlare a un figlio saltellando sugli accenti dei versi, per di più in rima, dà al discorso una leggiadria che è quasi in contrasto con le cose serie che si affermano. Come se il padre dicesse: ti dico delle cose importanti, ma te le dico ballando. Viene il dubbio che quel padre stia un po’ scherzando. Mi si potrebbe obiettare che ritmo e rime servono a far imparare a memoria il suo discorso, stampandolo nella mente del figlio, rendendo portatile questa poesia. La traduzione italiana più nota di If è di Antonio Gramsci. Quando Einaudi Ragazzi mi ha proposto di ritradurla, ho risposto “ma voi siete matti, farmi confrontare con Gramsci!”. Ho accettato per cercare di dare un’eco della caratteristica dell’originale. Non ho potuto mantenere la misura degli endecasillabi, perché l’inglese ha parole più brevi delle nostre. Ho optato per un doppio settenario, o alessandrino martelliano, con la stessa tramatura di rime. Ma a parte le questioni metriche, mi sembrava che la mancanza di una traduzione italiana in versi ritmati e rimati mi autorizzasse a tentarne una nuova.
Che cosa significa essere Uomini, oggi?
Avevo provato a rendere il verso finale con “sarai un essere umano”, non “sarai un Uomo”… A noi oggi “Uomo” – con la maiuscola! – suona sessista e altisonante. Ma, facendo la tara a questi aspetti, dobbiamo comunque rispettare lo slancio verso l’ideale che il passato ci suggerisce. Non so cosa significhi essere “Uomo” (o “Donna”), ma mi piace l’idea che, almeno ogni tanto, ci si ricordi che bisognerebbe essere degni di portare una maiuscola.
Più difficile essere scrittori o genitori?
Non lo so, non ho figli. In vari miei libri esprimo questo rammarico. E in certe cose che scrivo mi sporgo verso la ricerca di figli e figlie ideali, cioè lettori e lettrici che ricevano da me un sorriso paterno: intendo dire che negli ultimi anni mi sento più motivato a scrivere storie per bambini, come se cercassi di adottare o accudire temporaneamente i figli degli altri attraverso la scrittura.
Quale libro l’ha aiutata a crescere?
Da piccolo leggevo Jules Verne, mentre non ho mai aperto un libro di Salgari: non mi attiravano gli eroi, ma le macchine, la scienza, la mescolanza di uomo e tecnologia. Se dovessi sceglierne uno, uno solo… non so. Mi ha aiutato a crescere il gesto di sottrarre libri scabrosi dagli scaffali più alti nella camera di mia nonna. Leggere in segreto qualcosa di vietato; costruirsi da sé, di nascosto, con la complicità decisiva dei libri. Questo mi ha aiutato a crescere.
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