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Il significato di essere nothombiani

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Amélie Nothomb è una scrittrice campione d’incassi e i “nothombiani” affezionati aspettano ogni anno l’uscita del suo ultimo romanzo, in cui si colgono interrogativi e riflessioni colte, originali e lastricate dal senso di realtà.

di Loredana Simonetti

 

Quando scegliamo un libro da leggere, spesso riflettiamo il nostro stato d’animo di quel momento: se viviamo una sufficiente serenità ci piace impegnarci in letture che richiedono più attenzione del solito. A volte affrontiamo vere e proprie “crociate” all’insegna dell’impegno intellettuale, per arrivare stremati, ma con soddisfazione, alle ultime pagine di un buon libro, magari quello postumo, distillato con le migliori intenzioni!

Se, invece, attraversiamo dei periodi faticosi – e nessuna famiglia ne è risparmiata -, delle volte non riusciamo neanche a leggerlo, un libro. È proprio in questi momenti che è necessario sostenere lo sforzo di cogliere alcune opportunità del mondo dei libri che, silenziosamente, ci vengono offerti.

Ci vorrebbe qualcosa di nuovo, d’inconsueto, di veramente originale, capace di distogliere l’attenzione dal momento negativo e di rinnovare le nostre migliori cellule in rovinoso decadimento.

Un libro di Amélie Nothomb serve anche a questo!

La genialità della sua scrittura e l’irriverenza divertente dei dialoghi sono la conferma che Amélie Nothomb è una delle più originali scrittrici di oggi.

I suoi libri si divorano, anzi, spesso si bevono, meglio ancora se accompagnati da una sobria flûte di champagne di cui l’autrice è golosissima; sono piccoli libri che superano di poco le cento pagine, gioielli inaspettati di questa laboriosa e matura autrice belga, giapponese di adozione, in cui l’amore per il Giappone si trasforma in un’aspettata melodia, “che ci si sforza di ascoltare tramite il racconto.”

Quando a 21 anni la Nothomb lavorò in una grande impresa giapponese, a contatto con colleghi che le compromettevano il suo lavoro, racconta ironicamente l’esperienza in “Stupori e tremori”, un libro formidabile in cui i lettori si possono rispecchiare e trovare, magari, una soluzione comportamentale per contrastare situazioni di mobbing.

È nel 1992 che s’impone ai lettori con un originale libro dal titolo “Igiene dell’assassino”, una lunga intervista tra una giornalista e un premio nobel della letteratura al quale restano pochi giorni di vita. Una bomba silente che cresce, pagina per pagina, fino all’esplosione finale, come viene definito da molti.

Da allora pubblica un libro l’anno e ad oggi sono ben trenta romanzi, la maggior parte dei quali con la casa editrice Voland, che si avvale anche di eccellenti traduttori.

L’ultimo romanzo, “Primo sangue”, con cui ha vinto il Premio Strega Europeo 2022, è dedicato al padre, Patrick Nothomb, scomparso nel 2020, e anche in questo risvolto doloroso fa riflettere, rispettando le origini paterne, senza mai rinunciare alla sua scrittura, capace di tradursi in sorrisi e dolori.

Per riprendere le redini del suo stile dissacrante e ormai noto, è da poco uscito “Luccicante come una pentola”, quattro brevi racconti arricchiti dalle essenziali illustrazioni di Kikie Crêvecoeur.

Pensavo, all’inizio, che la Nothomb si fosse schierata, come in tanti, a diffondere il piacere della lettura, iniziativa della quale sono grande sostenitrice, ma non bisogna mai dare per scontato un suo libro. Un’autrice come lei ha sempre il rovescio della medaglia: leggere, si e sempre, ma attenzione: la cultura e la conoscenza possono avere risvolti molto pericolosi…

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