Lo Zibaldone
Il rapporto tra microcriminalità e videogiochi
È indubbio che la criminologia è una scienza idiografica e nomotetica, perché studia i fatti e le cause multifattoriali poste alla base del fenomeno criminale e/o deviante attraverso leggi di copertura scientifiche.
Uno dei compiti del criminologo specializzato è quindi quello di comprendere la condotta umana nella forma della devianza e della criminalità attraverso un sapere multidisciplinare e interdisciplinare, al fine di progettare programmi di intervento di indirizzo preventivo e gestionale della criminalità e della devianza in un determinato arco spazio-temporale.
Ebbene, è proprio quello che Mirko Avesani e Domenico Piccininno hanno cercato di fare nell’indagine cristallizzata nel libro “Microcriminalità e Videogames ai tempi della neurocriminologia”, edito da Primiceri Editore.
Il sapere neuroscientifico, neuro-criminologico e quello socio-criminologico si sono uniti in questa analisi per studiare tutte le evidenze scientifiche e condurre una ricerca pilota in tema di rapporto tra video games, socialnetwork e il crimine e la devianza principalmente giovanile.
Lo studio, che ha dato vita a questo saggio, prende le mosse dall’ormai dilaniante fenomeno della devianza e della criminalità giovanile che, a macchia d’olio, si sta espandendo senza confine, coinvolgendo qualsiasi attore sociale.
Attori sociali, in primis la famiglia, che mancano nella vita quotidiana dell’individuo che si sta sviluppando. La carenza di un tendenziale equilibrio nel rapporto tra genitori e giovani può causare una tensione psicosociale in quest’ultimo e una frustrazione che, alle volte, viene appagata da condotte violente, aggressive devianti e/o criminali.
I fenomeni devianti e criminali, esaminati dai ricercatori, sono proprio quelli di vecchio conio, che trovano come autori protagonisti giovani adolescenti, come quelli relativi alle baby gang, al family mass-murder e mass murder, ma che trovano come elemento di novità, in questa ricerca, la connessione causale con l’uso di video games principalmente violenti.
L’osservazione da parte degli autori ha spiegato, sotto il profilo neuro-socio criminologico, che l’uso frequente di determinati giochi virtuali può causare sia la dipendenza e cambiamenti morfologici e comportamentali nell’adolescente, che si trova già a vivere in una società completamente anomica, sia può rappresentare la causa e/o concausa dei fenomeni suddetti.
Per arrivare a queste conclusioni gli studiosi hanno analizzato l’ampia letteratura scientifica sul punto, una serie di casi accaduti nel tempo ascritti al fenomeno della criminalità e della devianza giovanile e hanno condotto una indagine pilota socio-criminologica.
In generale, tutti i dati raccolti non hanno fatto altro che giungere alla conclusione che la società odierna è anomica. La carenza di valori, principi, mete, obiettivi individuali e sociali rispetto a quelli che la comunità sociale propone, oltre all’assenza dei mezzi per raggiungerli, alimenta l’ego e l’individualismo a discapito dello sviluppo dell’empatia, della solidarietà sociale e della regolazione di condotte emotivamente aggressive.
L’anomia sociale coadiuvata quindi dalla cecità generale delle strutture statali. L’assenza di un apparato normativo-sociale, tra l’altro uniforme, preciso e coerente, genera il difetto di identità socio-individuale che causa il rifiuto nell’assecondarlo e, pertanto, la ribellione sociale e la canalizzazione della frustrazione verso una nuova realtà, ovvero quella virtuale.
Infatti tutti i casi studiati e il risultato dello studio dimostrano che i giovani rei di queste condotte aggressive e ostili hanno tutti avuto un collegamento, a livello cognitivo, con il bombardamento della violenza da parte dei video games e dei social network.
L’indagine condotta dagli studiosi dell’opera in questione ha ribadito che l’utilizzo frequente del video games e del social causano la paura, l’ansia, la carenza di empatia, la diminuzione dell’autostima, la depressione, dei disturbi del sonno che, come una catena, possono spianare condotto socialmente devianti e criminali (es. cyberbullismo) ed a causare patologie fisiche, come l’obesità, crisi epilettiche, stanchezza frequente.
In tutto ciò i rappresentanti dell’educazione e della formazione dove sono? Ebbene, l’inchiesta pilota ha dimostrato che gli utenti adulti, che hanno partecipato all’indagine con questionario anonimo, trascorre gran parte della giornata sul social network e sul video games, in una media di accesso elevatissima.
Questa incapacità della società odierna a veicolare i valori fondamentali sui quali dovrebbe reggersi una società democratica porta gli autori a chiedere retoricamente al lettore “come fa una giovane adolescente a credere nelle proprie capacità cognitive ed emotive, se sono gli stessi loro rappresentanti dell’educazione a comportarsi in modo irresponsabile, incosciente e inconsapevoli della loro fragilità”.
Così gli autori del testo hanno sviluppato un progetto di riforma, inserito nel libro, che si biforca in un intervento psico-pedagogico e normativo.
Gli studiosi hanno presentato, infatti, un progetto e programma su più punti per adoperarsi sotto il profilo socio-pedagogico per formare, educare e rieducare tutti i poli deputati al raggiungimento di questi scopi e per intervenire sotto la linea normativa.
È necessario non smarrire mai la bussola del buon senso per trovare un giusto e ragionevole equilibrio educativo attraverso lo sviluppo di una politica formativa e informativa per comprendere sé e gli altri e migliorare la società del futuro, giacché “Quando si effettua una scelta, si cambia il futuro”. (Deepak Chopra)
Microcriminalità e Video Games ai tempi della neurocriminologia
Mirko Avesani, Domenico Piccininno
Primiceri Editore, 2020
€15.00
PAGINE 118
ISBN 978-88-3300-210-1
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