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Lo Zibaldone

Il nostro essere vittima dell’inganno, intervista a Riccardo Landini

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di Carla Iannacone

Nel numero 108 della rivista Leggere:Tutti dello scorso dicembre recensimmo Il primo inganno di Riccardo Landini, edito da Edizioni Centoautori, un thriller ad alta suspence che ci aveva catturato sin dalle prime pagine per la trama avvincente e il ritmo serrato del romanzo. Con poche domande, abbiamo cercato di approfondire con l’autore, già vincitore   del Premio Giallo Stresa 2013 e Giallo&Noir, quelli che sono i temi principali della storia ma, soprattutto, abbiamo provato a comprendere come mai la gente è così attratta dal crimine, dal mistero, dal noir.

Nella Top10 dei libri più venduti c’è sempre un thriller o un giallo, si è mai chiesto da dove nasce questo interesse per il mistero da parte della gente?

È vero: il giallo è un genere letterario che, negli ultimi anni, si è andato diffondendo sempre più, uscendo dagli angusti limiti della sottoletteratura per affermarsi come leader incontrastato delle estati sotto l’ombrellone e, infine, delle classifiche di vendita dell’intero anno.  I motivi, a mio parere, sono più d’uno. Innanzitutto la qualità degli scrittori che vi si dedicano, spesso dotati di una capacità descrittiva e di una penna raffinata che accompagnano il lettore attraverso il mondo di ombre e delitti che essi stessi creano per raccontare argomenti e storie altrimenti difficili da esporre e che non coinvolgerebbero e raggiungerebbero un pubblico così esteso. Aggiungerei l’interesse dei mass media e della platea dei lettori per i casi di cronaca nera, il che ha imposto il giallo tra i generi più frequentati per soddisfare quella fame che pare pervadere l’occidente nei confronti del delitto; quasi che il poter additare il mostro della porta accanto bastasse ad assolverci dai nostri peccati di ignavia e indifferenza verso i problemi tragici che scuotono il nostro mondo. Infine, come diceva Sciascia, il giallo è l’unico genere letterario in cui non si può barare perché tutto deve tornare.

La passione per il crimine può trasformarsi in patologia?

Penso che la risposta non possa prescindere dall’ingerenza massiva degli strumenti di comunicazione quali tv e web nella vita quotidiana di tutti noi.  Aver trasformato gli autori, o presunti tali, di efferati crimini, così come le vittime, in star del video che ci sentiamo anzi autorizzati a chiamare per nome quasi fossero nostri buoni conoscenti – le varie Sabrina, Amanda, Raffaele, Veronica – ha portato il pubblico a tributare a questa sorta di Grande Fratello Noir il massimo interesse possibile. Lo dimostrano le tante trasmissioni televisive dedicate all’argomento aggiungendovi pure le riviste dedicate alla cronaca nera, diffuse quasi come quelle che si occupano del gossip più becero. Tutto ciò può certamente arrivare a sfiorare la patologia se non viene bilanciato dagli altri ingredienti che dovrebbero invece insaporire la nostra vita e darle un significato.    

La gente preferisce ingannare o essere ingannata?

Bella domanda questa, di solito la regola vuole il popolo sia la prima vittima degli inganni, dove con questo termine si intende la distorsione della verità per usi illeciti della classe politica dominante. Sotto questo profilo direi che i millenni non hanno cambiato la sostanza, ma semmai solamente la forma di come viene attuato l’inganno. La storia purtroppo non è mai stata capace di insegnare nulla al riguardo. Se tuttavia vogliamo restare in tema letterario direi che chi legge di gialli desidera ardentemente essere ingannato dall’autore poiché questo per lui significherebbe arrivare alla fine e restare sorpreso dal colpo di scena conclusivo o comunque dalla soluzione dell’enigma. Lo scrittore desidera a sua volta ingannare i propri lettori, però giocando pulito ed è, ad esempio, quello che faccio io nei miei romanzi: occorre tendere il filo con l’amo, far abboccare la preda, darle l’illusione di aver capito tutto e, al termine delle pagine del libro, tirare la lenza mostrando l’errore in cui la preda stessa è caduta. Naturalmente occorre infine liberarla e rigettarla in acqua perché possa continuare a leggere i miei (e non solo i miei) romanzi.

Ci sono malattie come il cancro che possono essere sconfitte, altre che avanzano inesorabilmente fino alla morte e a cui non si può opporre rimedio. Cosa c’è da temere di più oggi: il virus dell’HIV o la brama di potere?

È solo una questione di numeri. La brama di potere ne infetta di più di quanti una tremenda epidemia di HIV possa mai fare e, probabilmente, ha effetti ancor più devastanti sull’umanità, come dimostrano le cronache di guerra dei nostri giorni.  Bisognerebbe dunque augurare al mondo di liberarsi da entrambe, ma, senza voler apparire pessimista, temo che soltanto per ciò che infetta il corpo si possa trovare un antidoto, mentre per ciò che infetta l’anima – che, come già scriveva Cicerone, risulta essere una malattia molto più pericolosa per l’uomo – non si troverà mai un rimedio.

 

 

Carla Iannacone

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