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Il Libro delle opere divine

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di Francesco Roat

Il Libro delle opere divine (in latino Liber Divinorum Operum), una delle opere più importanti di Ildegarda di Bingen, fu scritto probabilmente tra il 1163 e il 1174. Questo testo è un’opera mistica e teologica che affronta la visione di Ildegarda riguardo all’ambito teologico, cosmologico ed antropologico. La sua scrittura rispecchia il suo profondo legame con le visioni ricevute, che lei considerava rivelazioni dirette da parte di Dio.  Tale ampio trattato si sviluppa giusto attorno al concetto di Divina Operazione (l’azione divina), esplorando come questi agisce nell’universo e in rapporto alla vita degli esseri umani. Ildegarda pertanto, in questo suo testo, descrive la struttura del mondo creato e pure il ruolo dell’uomo nel disegno divino.

Uno degli aspetti fondamentali dell’opera è dunque l’idea che l’universo sia una manifestazione dell’opera del creatore, e che ogni cosa creata – sia la natura che l’essere umano – rifletta la gloria e l’ordine divini. Creazione che, secondo Ildegarda, non è solo materiale, ma anche spirituale; e l’uomo per potere avvicinarsi alla divinità è chiamato a comprendere il significato profondo di ciò che lo circonda.

Il Liber Divinorum Operum è diviso in diverse sezioni, che trattano vari aspetti della rivelazione divina e della spiritualità. Tra i temi principali affrontati nel testo troviamo innanzitutto una riflessione intorno a cosa l’autrice intende per quanto lei ipotizza essere la visione di Dio e l’ordine cosmico.  Ildegarda descrive quest’ultima come una luce che illumina l’intero universo. La creazione è presentata quindi come un ordine armonioso, dove ogni elemento ha il suo posto, e conseguentemente l’uomo ‒ come parte di questa creazione ‒ deve vivere in sintonia con l’ordine divino.

Ildegarda parla poi della lotta che dovremmo intraprendere contro il peccato e della nostra chiamata alla redenzione. L’essere umano infatti ‒ a suo avviso e secondo la tradizione cristiana ‒, pur essendo stato creato in armonia con Dio, ha necessità di una ineludibile purificazione per tornare alla sua origine divina. Come in molte delle sue opere, le visioni di Ildegarda sono centrali anche in questo suo testo, dove esse vengono interpretate come peculiari mezzi attraverso i quali Dio si manifesta e rivela la sua volontà. Scontato per l’autrice il ritenere che la rivelazione divina sia accessibile solo a coloro che sono puri di cuore e che cercano sinceramente Dio.

La luce gioca sempre un ruolo simbolico molto importante nell’opera. Ildegarda spesso rappresenta la rivelazione divina come una luce che penetra le tenebre, illuminando l’anima e guidandola verso la verità e la salvezza. Significativo è pure come viene inteso in tale opera il mondo naturale, colto quale riflesso di Dio. L’autrice ritiene appunto che la natura non sia solo un ambito meramente terrestre, ma che rappresenti una sorta di scrittura divina, attraverso la quale è possibile leggere il disegno di Dio riguardo al mondo.

Ildegarda concepisce ad esempio le piante e le erbe come doni di Dio, destinati all’uomo non solo per la nutrizione ma anche per la cura del corpo e dell’anima. Questi vegetali, secondo Ildegarda, non sono solo uno strumento grazie al quale ottenere la guarigione fisica, ma risultano anche simboli di indispensabili virtù morali e spirituali. Le piante possiedono una forza che può essere utilizzata per ripristinare l’equilibrio e favorire la purificazione dell’individuo, in linea con la concezione ildegardiana dell’universo come un luogo armonico in cui ogni elemento ha un ruolo preciso. E la visione olistica, qui presentata ‒ che connette corpo, anima e natura ‒ si riflette pure nell’approccio dell’autrice nei confronti delle piante.

Il Libro delle opere divine è scritto in un latino relativamente semplice rispetto ad altri testi dell’epoca, ma appare molto ricco dal punto di vista poetico e simbolico. Ildegarda utilizza una lingua altamente figurativa e visionaria, che riflette la sua esperienza mistica. Questo stile le consente di comunicare la profondità delle sue intuizioni spirituali e di descrivere visioni che, per la loro natura, sono difficili da esprimere in un modo discorsivo esclusivamente razionale.

Detto scritto è inoltre una riflessione profonda sull’umanità, il peccato e la redenzione. Esso, come si accennava sopra, offre una visione dell’universo in cui la spiritualità e la materia sono strettamente interconnesse, attraverso un impianto teorico che si allinea con il pensiero filosofico coevo, ma che assume una particolare originalità nelle parole di Ildegarda. Va rimarcato infine come quest’opera abbia avuto un impatto significativo sulla cultura medievale non solo rispetto alla teologia cristiana, ma anche nell’ambito pratiche mediche e naturalistiche. Non per nulla l’abilità dell’autrice nel coniugare misticismo, teologia e conoscenze scientifiche l’ha resa una figura unica del Medioevo, e il suo capolavoro continua ad essere un’opera di notevole rilevanza anche oggi.

Ildegarda di Bingen, Il Libro delle opere divine, Mimesis, pp. 477, euro 28,00

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