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Eventi culturali

Il difficile è dimenticare ciò che si è visto per casa. Una mostra diffusa di Matteo Fato

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di AUGUSTO FICELE

Mettere a disposizione un’intera città ad un artista non è da tutti: soprattutto se questi è ancora vivo e originario dello stesso capoluogo in cui avviene la mostra diffusa. Per Matteo Fato la locuzione latina “Nemo propheta in patria” non attecchisce: pescarese classe 1979, docente di Grafica d’Arte presso l’Accademia di Belle Arti di Urbino, è ovunque, in ordine sparso conquista tutti gli spazi culturali del comune costiero: Fondazione La Rocca, Museo delle genti d’Abruzzo, zerozerosullivellodelmare, Museo dell’Ottocento, Project Space / Flr e Casa Flaiano, senza includere una serie di progetti speciali di natura performativa che coinvolgono lo spazio pubblico di Pescara. L’inaugurazione della mostra “Il difficile è dimenticare ciò che si è visto per casa (Ritratto di Pescara per caso)”, organizzata dalla Fondazione La Rocca, è partita nel corso del weekend tra il 28 e il 29 giugno e durerà fino al 27 settembre. A sedici anni dalla sua ultima personale, Fato ritorna nella sua città natale non come il figliol prodigo della parabola evangelica, in questo caso non c’è alcun pentimento e sperpero, al contrario vi è una visione di uno spirito comunitario che condivide con spinta e orgoglio il proprio artista. Di certo è questo il valore aggiunto che rende appetibile quest’esposizione diffusa, bisogna dare merito al curatore Simone Ciglia e a tutto l’apparato organizzativo che ha permesso di evidenziare quanto l’insieme compositivo abbia esaltato il lavoro dell’artista. Il nucleo dei lavori si dirama in diversi approcci: dal d’apres, dove tocca la maggiore intensità nello zoom sul dettaglio delle mani incrociate del “Prevetariello in preghiera” di Antonio Mancini e nell’interpretazione quasi baconiana, disturbante, de l’”Arabo in preghiera” di Domenico Morelli, nella collezione permanente del Museo dell’Ottocento, alle opere inedite, una di queste, occultata e forse la  più intimista, di matrice liciniana, si trova sotto i piedi di un pianoforte all’interno della Fondazione Rocca, ai ritratti, il più convincente è l’omaggio a Scipione, uno dei suoi pittori di riferimento. Poi gli accumuli di pitture, ovvero le puliture raccolte su tela di lino presentate in questa mostra, conservano il potenziale autonomo di una futura esposizione (sarebbe interessante procedere su questo piano in maniera totalizzante). E ancora, da sottolineare, il suo gruppo di opere, tra dipinti e sculture, allestite all’interno dello spazio luminoso zerozerosullivellodelmare, colpite in passato da un allagamento del suo studio nel 2019, ora riprendono vita proprio perché assorbono il beneficio dell’usura, il segno che si appropria dell’alterazione. Non manca lo sguardo originale di valorizzare un nuovo spazio di recente acquisizione, il Project Space / FLR, una ex rimessa della cooperativa pescatori che ha il compito di raccogliere, come una Wunderkammer, fantasticando un giorno di fare l’inventario, una serie fantasmagorica di oggetti di studio, video di documentazione, opere e materiali. Dietro una vetrina oscurata, attraverso cui tutto è trascurabile e tutto affascina per vaghe intuizioni, si sfiora un mondo, un abbecedario da cogliere a tentoni. Colpisce sicuramente, nella tentacolarità del progetto espositivo, la performance che ha come protagonista un uomo in moto che gira itinerante per la città con l’altoparlante portatile che riproduce la cover della sempiterna canzone “Ha tutte le carte in regola” di Piero Ciampi, con la voce di Fato e l’accompagnamento musicale di Ciglia, un promemoria continuo per non disattendere alla missione più alta, quella della credibilità verso se stesso e ciò che crea. Tuttavia, bisogna dire che le casse da trasporto multistrato rappresentano l’idea più sobria e allo stesso tempo più intrigante di tutto il ventre espositivo: non solo hanno la funzione di montaggio e supporto, ma anche di intersezionalità dei medium adoperati, sono le anime che accolgono la ricerca di Fato, metalinguaggio silente che trasporta l’opera e al contempo ne traccia la ricerca, ci auguriamo, incessante.

 

 

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