Lo Zibaldone
I tabù del mondo
Nel terzo millennio sarebbe davvero opportuno che non esistessero più i tabù? E, in ogni caso, qual è il loro autentico significato: oggi come un tempo? Sono questi gli interrogativi fondamentali cui cerca di rispondere il saggio di Massimo Recalcati, I tabù del mondo, edito da Einaudi. La prima considerazione di chi penso sia il più noto psicoanalista italiano contemporaneo è che tali divieti risultano legati sia all’esperienza del limite sia alla spinta ad un suo superamento. Ma mai come in questo nostro tempo, insofferente rispetto a divieti e limitazioni, ogni vincolo o confine viene vissuto con disagio da chi invece vorrebbe senz’altro far volentieri a meno di ogni regola tassativa.
Paradossalmente tuttavia l’eliminazione di tutti i tabù ‒ osserva Recalcati ‒ sembra istituirne in modo surrettizio uno inedito: quello, inviolabile, che non debbono sussistere i tabù. Per dirla in altri termini: la libertà diviene una sorta d’obbligo o unico comandamento da non infrangere mai. Resta da chiedersi però se essa sia riducibile appena a: “questo essere sospinti di qui e di là come turaccioli di sughero sulle acque agitate di un mare senza bordi” e se l’assenza di barriere invalicabili, argini, interdizioni non spalanchi un vuoto vertiginoso entro cui l’individuo rischia non solo di smarrirsi ma, peggio ancora, di perdere la propria umanità.
C’è però da distinguere fra due dissimili forme di tabù. Quella che potremmo chiamare tradizionale o ideologica, ossia di mera proibizione aprioristica, la quale – nota ancora Recalcati ‒ diviene senza dubbio: “luogo di restringimento e oppressione della vita”. Ma vi è una seconda modalità meno dogmatica, che rappresenta una specie di monito o “indice” simbolico e che, tramite i suoi segnali di divieto, ci rammenta come l’esistenza e gli esseri viventi di cui essa è costituita non siano una nostra proprietà da utilizzare/signoreggiare impunemente e come il limite alla nostra libertà confini invalicabilmente giusto con quella altrui, da rispettare e pure assecondare.
C’è inoltre un’altra considerazione su cui riflettere, cioè il dato di fatto che senza Legge non esisterebbe alcun tabù, né senso alcuno del trasgredire ad essa. Così norma e contravvenzione appaiono facce opposte d’una medesima medaglia. La Legge cioè non rappresenta soltanto l’antagonista o la repressione del desiderio ‒ sottolinea il nostro psicoanalista ‒, bensì ciò che lo consente e lo favorisce. Sin dall’infanzia, infatti, niente più che un oggetto interdetto suscita nel bambino la voglia di averlo. Ma il problema sta appunto in questa brama illimitata che ci muove a partire da quando siamo venuti al mondo e di cui Freud ha individuato la natura incestuosa; non tanto perché tesa a possedere la nostra propria madre ma in quanto rivolta a tutto ciò che è altro rispetto a noi, che appunto tutto vorremmo godere/possedere.
Resta che l’attuale era disincantata e narcisistica non solo aborre ogni tabù ma, scrive Recalcati: “La disinibizione e l’assenza di vergogna e di senso di colpa trionfano alla faccia del vecchio uomo del Novecento”, ancora attanagliato dal dissidio tra bene e male, istanze pubbliche e private, spiritualità e corporeità. Bando alla retorica comunque, e nessuna nostalgia di principi assoluti o comandamenti imposti da un Dio paternalistico, sia ben chiaro, semmai consapevolezza che, a partire dall’orda selvaggia raffigurata da Freud in Totem e tabù, il patto sociale e le sue regole di convivenza consentono di arginare il caos della prevaricazione e della violenza imperante laddove regni soltanto il regime dell’homo homini lupus.
Non a caso uno dei primi tabù senza tempo e da rispettare ancora, sul quale si sofferma il saggio, è quello biblico di non uccidere, incarnato dal personaggio di Caino che, per invidia malsana, ammazza emblematicamente il fratello Abele finendo per annientare se stesso. Altro tabù affrontato: quello problematicissimo della fedeltà, tra lui e lei innanzitutto. Fedeltà vista da molti come retaggio moralistico/perbenistico, e che si tende ad infrangere con una disinvoltura che spesso maschera l’incapacità di nutrire e gestire un amore che, dopo la luna di miele dell’innamoramento, va coltivato con cura e dedizione assidua/altruistica. Esser fedeli implica allora fiducia nel continuo rinnovarsi d’un sentimento/affetto che sa crescere permanendo nel tempo, e ciò non comporta certo la mera adesione a un logoro tabù.
Restando nell’ambito dell’eros, ci si potrebbe chiedere quale tabù intenda annullare il mitico e impenitente Don Giovanni, celebrato da Molière, Mozart e Kierkegaard. Recalcati risponderebbe (o meglio: risponde attraverso il suo libro) che vanamente il seduttore per antonomasia s’illude d’infrangere la morale comune borghese in merito al rapporto di coppia fra uomo e donna. Nella sua coazione a conquistare e poi subito lasciare ogni femmina che incontra egli palesa un’insoddisfatta brama mai appagabile. In un vacuo desiderio isterico ‒ per dirla con Lacan ‒ che persegue ossessivamente la propria insoddisfazione, differendo la possibilità di realizzarsi nel presente ed agognando sempre altro, oltre l’hic et nunc, e altrove.
Massimo Recalcati, I tabù del mondo
Einaudi, 2017,
pp. 174, € 18,00

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