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Eventi culturali

“Felicissima jurnata”: a teatro, Beckett incontra la napoletanità

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Foto di Laila Pozzo

di LORENZO POMPEO

Dal 13 al 18 maggio è andato in scena al teatro Vascello di Roma Felicissima jurnata, uno spettacolo presentato in anteprima al Teatro Biblioteca Quarticciolo a ottobre del 2022 nell’ambito di
una “Residenza d’artista” e che poi successivamente è stato presentato al Teatro India il 10
dicembre del 2021 nel corso di una rassegna organizzata da Tuttoteatro.com, associazione
che promuove rassegne di drammaturgia contemporanea (in questa occasione gli è stato
tributato il premio del pubblico Dante Cappelletti 2021).
Prodotto e realizzato da “Putéca Celidònia”, un collettivo artistico napoletano che nasce nel
settembre 2018 dall’incontro tra sei ex allievi della Scuola del Teatro Stabile di Napoli e che
successivamente prende in gestione due beni confiscati alla camorra nel Rione Sanità, a
Napoli (due tipici bassi napoletani, che grazie a loro diventano luogo di accoglienza e di
restituzione al territorio e ai cittadini), Felicissima jurnata è una trasposizione di Giorni felici,
la pièce in due atti che Samuel Beckett pubblicò nel 1961 (venne messa in scena nello
stesso anno) nei “bassi” del Rione Sanità (tipici locali a pianterreno con ingresso su strada
storicamente abitati dai meno abbienti, dove sono state ambientate molte delle celebri
commedie di Eduardo De Filippo).
Così come nella pièce di Beckett, protagonisti della pièce sono una coppia di maturi coniugi;
in realtà però è il personaggio femminile che tenta, invano, di intessere un dialogo col
marito, il quale risponde a monosillabi e grugniti, mentre il livello della sabbia si sta
progressivamente innalzando fino a rendere impossibile ogni movimento della donna. In
questa versione, scritta e diretta da Emanuele D’Errico, Lina, il personaggio femminile
interpretato da Antonella Morea, è intenta a lavorare a maglia su un alto trespolo (un trono?)
mentre il marito Lello (intepretato da Dario Rea), al di sotto di lei, per tutto lo spettacolo è
chiuso in un ambiente angusto formato dai fili che provengono dal lavoro a maglia a cui la
moglie è intenta.
Le voci dei due protagonisti, le loro espressioni, sono state raccolte attraverso una “ricerca
sul campo” tra gli abitanti dei bassi del rione Sanità, dove a marzo di quest’anno il testo è
stato rappresentato al Teatro Nuovo, uno spazio storico del teatro napoletano (fu fondato nel
1723 ma nel 1934 venne ridotto in cenere da un incendio e dimenticato fino al 1985, anno in
cui è stato riaperto) proprio nel cuore del celebre rione napoletano. La drammaturgia di
D’Errico parte da un dato: così come Beckett aveva a suo tempo immaginato, a causa di
circostanze indipendenti dalla loro volontà tra i due personaggi è interdetto il contatto fisico. I
frammenti di dialoghi e le testimonianze raccolte nei bassi (tra cui quella di una donna di
centonove anni che tutti i giorni continua a truccarsi, a mettersi lo smalto, mentre ascolta il
rumore della strada intorno a lei) compongono una tangibile rappresentazione della
condizione, sempre più labile, dell’uomo contemporaneo, della nostra epoca, nella quale una
parte sempre più rilevante del tempo e dell’identità è affidata al mondo virtuale dei social e
delle chat e dove, di conseguenza, è proprio il contatto fisico, l’interazione tra persone in
carne e ossa, a diventare un territorio sconosciuto.

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