Lo Zibaldone
Fede, il nuovo folgorante romanzo del maestro del giallo israeliano
di Elena D’Alessandri
Il nuovo romanzo di Dror Mishani è un giallo dall’andamento lento ma dalla trama ineccepibile che ruota attorno a due indagini apparentemente poco rilevanti che acquisiscono pathos e mistero con l’incedere delle pagine. Un ritratto inedito della provincia israeliana e delle sue contraddizioni.
“Ilana Lis aveva capito chi era veramente lui quando gli aveva detto che il suo posto era al piano terra e ogni tentativo di capire cosa stesse succedendo ai piani alti sarebbe finito male o con un senso di vertigine? Forse era questo che gli aveva scritto nella sua lettera di addio: “Io e te viviamo e lavoriamo al piano terra, Avi. E’ questo il nostro posto”.
Dopo la pubblicazione di Tre, il maestro del giallo israeliano, Dror Mishani, è tornato nelle librerie italiane, sempre con edizioni E/O, con “Fede”, un romanzo appassionante e ricco di risvolti psicologici (272pp, 18,50 Euro).
Avraham Avraham è il capo ispettore del distretto di polizia di Holon, una cittadina a sud di Tel Aviv. 48 anni, appena sposato con Marianka, è colto e sensibile; sul comodino un romanzo giallo di Leonardo Sciascia e uno di Georges Simenon: il Commissario Maigret incarna il modello a cui ispirarsi.
Dopo la morte della sua amica e collega, la commissaria Ilana Lis, la persona di cui si fidava di più – che ha rifiutato di vederlo negli ultimi mesi di malattia lasciando per lui solo una lettera che dovrà recapitargli suo marito Gary – Avi vorrebbe ‘cambiare aria’ e dedicarsi a casi più interessanti rispetto a quelli di cui si era occupato negli ultimi anni: casi di efferata violenza, per lo più, la cui risoluzione, a suo dire, non aveva giovato a nessuno. Ha, per questo, appena presentato al nuovo commissario Benny Saban una richiesta di trasferimento. “Gli sarebbe piaciuto essere trasferito alla direzione investigativa centrale, al nucleo investigativo internazionale o al reparto anti-frodi. O magari ad un altro corpo di sicurezza”.
Nell’attesa Avi deve tornare alla sua routine investigativa per occuparsi di due casi: quello della scomparsa di un turista svizzero che aveva lasciato l’Hotel Palace di Bat Yam in cui alloggiava senza saldare il conto, e quello relativo alla denuncia di abbandono di una neonata di pochi giorni da parte del Wolfson Hospital in cui era ricoverata in terapia intensiva; per quest’ultima indagine Avi verrà affiancato dalla collega Esty Wahaba.
Ma quelli che a prima vista sembravano essere casi di facile soluzione, si rileveranno, ben presto, alquanto intricati e in qualche modo connessi.
In un caso, dopo il ritrovamento del corpo del turista scomparso, apparentemente morto per annegamento – il cui vero nome è in realtà Raphael Shoshani, cittadino francese residente a Parigi – Avi sarà portato a sospettare che si tratti di un agente del Mossad e che la sua morte sia legata ad una relazione con una giornalista libanese irreperibile da giorni. Sebbene un tentativo di depistaggio vuole attribuire l’accaduto al traffico di droga, Avi è determinato a scavare più a fondo, scontrandosi con interessi politici e segreti di Stato. Nell’altro caso, quello della bimba abbandonata, l’interrogatorio della donna che ha abbandonato la bimba, da parte dell’ispettrice Esty Wahaba, lascia intravvedere trame familiari complesse. I due casi troveranno, improvvisamente e sorprendentemente, un punto di convergenza.
Con questo quarto libro della serie con al centro le indagini dell’ispettore Avraham Avraham, Dror Mishani tratteggia un giallo folgorante che, nonostante l’incredibile lentezza, lascia il lettore incollato alle pagine grazie ad una trama ben strutturata e ricca di sfumature psicologiche. Un romanzo sorprendente, attento ai dettagli e pregno di citazioni, specchio della società israeliana e delle sue contraddizioni in cui si scontrano la religiosità ebraica e il mondo arabo e in cui il Mossad aleggia come un grande fratello per mezzo dei suoi misteriosi agenti.
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