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Enoturismo 4.0, un manuale sul turismo del vino in Italia

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Nel nostro Paese il settore è ancora fondato su piccole cantine con accoglienza familiare dove la wine hospitality è affidata alle donne ed è difficile trovare personale formato

Il libro Enoturismo 4.0 – Osservatorio Enoturismo: evoluzione del digitale (Agra Editrice, pp 211, € 25), un focus sul settore enoturistico con particolare attenzione all’impatto delle tecnologie digitali, è stato presentato ieri a Palazzo Giustiniani. Accolti dal saluto del presidente del Senato Ignazio La Russa, sono intervenuti il ministro del Turismo Daniela Santanché, l’onorevole Dario Stefàno, il presidente di Assoenologi Riccardo Cotarella, il presidente dell’Oiv Luigi Moio (con un videomessaggio), l’autrice e imprenditrice vitivinicola Donatella Cinelli Colombini, la presidente dell’Associazione Le Donne del Vino Daniela Mastroberardino, il presidente del Movimento Turismo del Vino Nicola D’Auria, il presidente dell’Associazione Città del Vino Angelo RadicaDenis Pantini, Responsabile Agrifood e Roberta Gabrielli, Head of Marketing e Business Processes di Nomisma-Wine Monitor.

Il manuale è la più larga e documentata analisi delle destinazioni del vino italiane, cioè città e cantine, che sono state indagate da Nomisma Wine Monitor su un partecipato campione di 145 comuni e 265 imprese.

Oltre alla fotografia dell’evoluzione di un comparto che si sta consacrando strategico per tutto il turismo italiano vengono definite le categorie in cui raggruppare le cantine che già adesso registrano 15 milioni di accessi ogni anno e ricavano sul fronte enoturistico mediamente il 7% del loro business enoico:  piccola cantina con accoglienza familiare (39%), cantina con rilevanza storica, architettonica o artistica (14%), brand famoso/marchio storico (12%), cantina con rilevanza paesaggistica o naturalistica (11%), cantina organizzata per l’incoming (11%) e cantina dotata di offerta innovativa (11%).

Oltre ai dati statistici e al commento sulla fotografia delle dinamiche di settore, «Enoturismo 4.0» si articola in sezioni che vogliono rappresentare dei manuali d’uso per gli uffici turistici delle Città del Vino e per le cantine aperte al pubblico. Il focus di Donatella Cinelli Colombini è sul significato e il funzionamento del wine club e sui vantaggi di un uso coordinato dei social network e della tecnologia per ampliare i follower che ne rappresentano il principale bacino di utenza, così come per l’e-commerce proprietario. Un set di preziose linee guida per chi desidera ampliare la propria visione di business da chi sperimenta sul campo le novità sulla wine hospitality.

«Questo libro – ha affermato l’autore e docente universitario Dario Stefàno – continua a voler essere occasione non solo di verifica dell’evoluzione di un fenomeno legato in modo profondo a due asset strategici del nostro Paese, quali sono, appunto, il turismo e il vino; ma anche di pungolo e richiamo affinché legislatore e governo colgano e, possibilmente, anticipino input e tendenze che caratterizzano questa peculiare declinazione del turismo esperienziale».

«La mia parte del libro – ha spiegato Donatella Cinelli Colombini, autrice e imprenditrice vitivinicola – contiene le “istruzioni per l’uso” delle novità emerse dalle indagini. Insegna, ad esempio, cosa sono i winery club e come mai negli Usa funzionano e da noi no, perché le cantine devono usare più tecnologia nel rapporto con i visitatori e smettere di proporre “esperienze del vino fotocopia”. La parte più nuova riguarda le donne del vino. È breve ma è la prima raccolta organica delle informazioni sul vino al femminile in Italia. Mostra due cose: che le donne delle aziende del vino sono le più vicine al tetto di cristallo e che la parità di genere si raggiunge procedendo in modo asimmetrico cioè presidiando le attività più congeniali alle donne. Infatti nelle cantine le donne sono minoritarie nel settore produttivo ma dominano, anche in termini di progressioni di carriera, il comparto più vicino ai consumatori cioè commerciale, enoturismo, comunicazione e marketing».

«Le cantine, anche quelle di più piccole dimensioni – hanno sottolineato Denis Pantini, Responsabile Agrifood e Roberta Gabrielli, Head of Marketing e Business Processes di Nomisma-Wine Monitor – hanno accelerato negli ultimi anni il percorso di ampliamento di esperienze enoturistiche offerte, spaziando su dimensioni trasversali, dalla ristorazione alla ricettività, mettendo al centro la natura e il benessere. Lo spirito imprenditoriale, da sempre legato al vino, è così stato messo al servizio dei desiderata degli enoturisti. La soddisfazione di questi ultimi non può prescindere dall’esperienza complessiva vissuta sul territorio e in cantina, ed è proprio questa considerazione che ancora più che in passato pone al centro il ruolo della formazione sull’enoturismo. Il percorso da seguire è delineato, la sfida per le associazioni, le amministrazioni coinvolte e le cantine – in primis – è accrescere lo sviluppo di competenze, da quelle tecniche a quelle relazionali e di customer care; il fine, avere un enoturista che sceglie di tornare e di consigliare l’esperienza vissuta».

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