D’inverno, Venezia

Cosa si cela dietro le finestre orientaleggianti di Venezia, le sue calli minuscole, i suoi canali e i suoi ponti che a sera si chiudono in un buio inquietante? Misteri gelosamente custoditi dai suoi (ormai pochi) abitanti, racconti di un passato che resta glorioso anche quando venduto in forma di souvenir. Nascosti, serpeggiano anche conflitti, vendette, trame ingarbugliate, su cui un commissario venuto da fuori, Aurelio Di Giannantonio, e i suoi collaboratori Spartaco Lo Russo e Nina Dashwood, anche loro foresti, cercano di fare chiarezza. Tre poliziotti persi nella bellezza della città lagunare, dove inseguono fantasmi che uccidono e spaventano, tra la folla festante e ignara del celebre Carnevale. Le loro indagini e il loro rapporto contraddittorio con la città sono l’anima di D’inverno, Venezia, il nuovo romanzo di Patrizio Nissirio, che a Venezia e nella sua laguna aveva ambientato il bel thriller esistenziale Silenzio (Ensemble, 2019), nel quale il lettore aveva già fatto conoscenza con Di Giannantonio, un cinquantenne un po’ stropicciato dalla vita, propenso alla riflessione col suo onnipresente sigaro Toscano, inflessibile nel difendere la Legge ma anche capace di vederne i limiti e le contraddizioni. D’inverno, Venezia è un giallo più classico, in cui la città – sempre protagonista – avvolge questi poliziotti che poco la conoscono o la capiscono, raccontando la loro caccia a elusivi assassini le cui motivazioni faticano a decifrare. Come i loro volti mascherati, intravisti nel labirinto delle sconte, le calli nascoste dove pochi turisti si avventurano. Le indagini si intrecciano con le storie personali dei tre poliziotti, tutti un po’ persi, sicuramente solitari, confusi dalla bellezza veneziana. Di Giannantonio e gli altri si troveranno, tra colpi di scena e inseguimenti, al confine tra giustizia e vendetta, un confine fluido e pericoloso. Un luogo dove le cose sono quasi sempre diverse da come appaiono, dove orientarsi è difficile: proprio come Venezia.