Lo Zibaldone
Corrado Calabrò – “Quinta Dimensione”
Corrado Calabrò (Reggio Calabria 1934) giurista insigne, ha ricoperto importanti cariche tra le quali quella di Presidente dell’Agcom (Autorità garante delle comunicazioni), ha dedicato alla poesia fin dall’adolescenza un ampio spazio e, in sessanta anni di fecondo impegno ha ricevuto notevoli riconoscimenti. Le sue opere sono state tradotte in venti Lingue trovando sempre l’apprezzamento del pubblico e della critica. Ha ottenuto anche il conferimento di tre Lauree honoris causa e molti versi hanno ricevuto trasposizione teatrale e musicale. Con il romanzo Ricorda di dimenticarla (1999) è stato finalista al Premio Strega.
Questa opera antologica suddivisa in sezioni, raccoglie molta parte della sessantennale attività poetica dell’Autore. Vi sono trattati il tema dell’amore, dell’eros, del mare sempre presente e passione fin da ragazzo che lo vedeva spingersi al largo fino ad essere solo tra cielo e l’infinito scaglioso blu quasi a trovare un contatto con l’elemento primordiale, quel (azzardo) brodo primordiale da cui si sono originate le infinite forme di vita nel nostro pianeta, come ad attingere succhi vitali. Padrone dell’arte poetica, l’Autore stabilisce collegamenti con testi lontani tra loro anche decine d’anni a testimoniare il fil rouge che sottende tutta la sua poesia.
Tema dominante fin dai primi componimenti è il mare in cui immergersi, nuotare, navigare a vela sfidando gli elementi, farsi cullare dalla densa onda del mare lungo, abbandonarsi nel buio manto trapunto di stelle o illuminato dalla luna opalescente. La Fisica, scienza pura, riveste un ruolo di grande importanza per il Poeta. Egli infatti avrebbe voluto iscriversi in Fisica all’Università ma sopravvenuti problemi economici lo porteranno a iscriversi in Giurisprudenza dove conseguirà la Laurea a ventidue anni. Ma, come sottolinea Calabrò, l’Astrofisica resterà una passione viva e, coltivata con profonde letture, nutrirà la poesia compenetrandola. Ciò porterà i critici a sottolineare che dopo Lucrezio l’Astrofisica è tornata ad essere, in forma onirica, materia di poesia. Carlo Bo ha sostenuto: “l’originalità di Calabrò sta nell’essersi staccato dai modelli comuni per inseguire una nuova sperimentazione poetica. Ha cantato l’idea di un mare eterno e insondabile”.
Nella Postfazione densa e profonda Calabrò si domanda se al tempo di Internet, della soverchiante potenza dei mezzi digitali sia ancora possibile fare poesia. Egli risponde efficacemente scrivendo alcune raccolte di poesie scritte in forma di sms che poi in Rete hanno trovato molti estimatori con effetto tamtam. Ma il saggio ci guida tenendoci per mano nell’universo esistenziale dell’Autore. Ripercorre la vita, le vacanze nello Stretto con le infinite nuotate sotto il sole a picco. Figlio di una famiglia benestante e colta, coltiverà la lettura, scoprendo i Grandi e traendone profondi insegnamenti.
La critica, poiché Calabrò era poeta che faceva parte per sé stesso (non aderendo al Gruppo ’63 e al filone letterario dominante), si dimenticò di lui che pubblicò le sue raccolte poetiche in Francia. Solo dal 1981tornò a pubblicare in Italia.
Dice Calabrò che la poesia nasce dal voler superare la banalità dell’espressione, la poesia che può essere sia automatismo, come scrive l’Autore nel poema posto all’inizio del libro, dal titolo Roaming, sia, secondo me, dar corpo a pensieri ed emozioni sublimandoli, racchiudendoli in forma compiuta, cogliendo il succo dell’esistenza, eliminando le concrezioni per raggiungere la forma pura. Ma, azzardo, ogni poesia, ogni opera letteraria, artistica non è in fondo una variante di altre che le hanno precedute? Non vi è in esse un profondo rimescolio, direbbe Piero Boitani, il genio di migliorare un’invenzione? E in ciò sta la grandezza dell’artista, partendo da un substrato creare qualcosa di nuovo profondamente originale, proprio. Anche il riferimento al De rerum natura non ne è la prova?
Dice Calabrò funzione della poesia è rivelarci qualcosa di impercepito, fosse anche nella sua essenza più insignificante. La poesia ci apre gli occhi. Come la scienza di cui rappresenta come un controcanto. E la Quinta dimensione del titolo si ispira ancora una volta alla Fisica quantistica ma non potrebbe essere anche riferimento alla dimensione poetica?
Tante sono le poesie dell’antologia ed emergono altri temi, come il dolore, il distacco, l’abbandono, il senso di piccolezza dell’uomo davanti all’infinitudine dell’universo.
Tra le sezioni in cui è articolata la raccolta Mi manca il mare mi colpisce in particolar modo anche per i ricordi che alcune liriche mi hanno ravvivato nel profondo. Tra esse Marelungo con i riferimenti alla mia Sardegna, le Bocche e l’Arcipelago della Maddalena e soprattutto, potenza della pura Poesia, mio padre vero lupo di mare. Ma oltre il mare emerge potentemente la forza del desiderio e lo struggimento della mancanza, l’assenza, l’abbandono. E la barca che viene scossa dal marelungo, l’onda lunga testimone di una conclusa burrasca: giunge chissà da dove questo mare forastico/Morbide e placide ondate s’ allungano una sull’altra, come cera fusa. (…)Entra, onda a onda, nella mente come un male dell’anima.
Un Libro da leggere e rileggere, soppesare, meditare per aprire la mente alla quinta dimensione.
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