Lo Zibaldone
Carla Stroppa “La magia del ritorno – Sulle tracce del Mago di Oz”
di Francesco Roat
L’ultima opera saggistica di Carla Stroppa ‒ nota psicoanalista jughiana ‒ risulta, come sempre d’altronde, all’insegna dell’intuizione creativa, della puntualità espressiva nonché della competenza in ambito psicoterapeutico. Il libro prende spunto dal racconto di F.L. Baum, il Mago di Oz, che l’autrice reinterpreta al fine di superarne il linguaggio letterale, per approdare a quello simbolico. Così ciò che forse neanche Baum aveva immaginato potesse emergere dalla sua narrazione viene a galla e, man mano che Stroppa si addentra nella trama del testo, emergono tematiche di notevole interesse sia per quanto concerne la psicologia del profondo, sia per un’innovativa Weltanschauung (visione del mondo).
D’altronde, come scrive la nostra psicoterapeuta, la domanda da lei rivolta talora ai suoi pazienti, su quale sia la narrazione o la fiaba particolarmente gradita durante l’infanzia, suscita spesso in loro una risposta da cui “si possono intuire molte cose essenziali: quale sia stato il danno della psiche, quali i rimedi per ripararlo e trascenderlo e quale il sogno che la psiche stessa persegue, le paure, le speranze”. Così la storia del Mago di Oz diviene l’occasione per interrogarsi sulla necessità umana di ritornare alla completezza perduta che, in noi, “resiste in profondità a dispetto di tutte le alterazioni e gli smembramenti interni che le circostanze della vita hanno imposto”.
Pertanto la rilettura oltremodo avvincente di questo racconto ci accompagna ‒ attraverso un processo magico e non solo razionale ‒ nel viaggio alla riscoperta dell’integrità del Sé, dopo la frammentazione psichica indotta dal trauma della solitudine/perdita. La meta, nel Mago di Oz, è il viaggio di ritorno verso casa da parte della smarritasi fanciulla Dorothy; viaggio che è simile alla magia dell’inconscio, il quale si esprime non solo tramite i sogni ma pure attraverso avvincenti metafore, basate sulle illusioni e proiezioni dell’anima che non sono tanto da superare, quanto da comprendere nel loro significato psicologico. Infatti i personaggi di Baum non rinunciano al loro vagheggiamento neanche di fronte all’evidenza, realizzando infine gli agognati desideri con la mediazione del mago che, per certi versi, diviene una figura del Doppio d’Ombra dell’analista.
Poiché è pur vero che conoscere “il senso delle proprie illusioni” consente di individuare le nostre proiezioni e lo scenario interiore che ci caratterizza; ma ‒ nota Stroppa ‒ sono giusto queste ultime a consentire “un viaggio nella memoria”, riconducendo in tal modo la coscienza alla propria origine: “sia individuale sia collettiva”. Esse infatti indicano le mete dell’anima, come le tematiche e le problematiche del suo porsi nei confronti di sé, degli altri e del mondo. Ritornare a casa (a se stessi) è dunque in primo luogo un processo magico che va oltre la consapevolezza, la quale sopraggiunge solo in seconda istanza e solo se la coscienza si allontana dalla sua storia reale, entrando nella surrealtà dell’immaginazione simbolica.
Quindi Dorothy può far ritorno a casa (che non è regressione all’infanzia bensì riacquisizione della propria integrità) grazie ad un mago fiabesco e alquanto ciarlatano che però assume qui il ruolo che nei miti ha lo psicopompo Hermes/Mercurio, svolgendo un’indispensabile “funzione iniziatica”, equivalente al ruolo salvifico del sentimento coniugato all’intuizione, in grado di prospettarci strategie risolutive altre da quanto la sola razionalità/pensosità può suggerire. Se quest’ultima, volendo, può esser descritta come “la visione orizzontale” dell’esistenza, ad una realizzazione davvero vitale occorre anche una visione di tipo “verticale”, capace di indicarci la direzione giusta ed il cammino da compiere.
Dice bene Carla Stroppa: le immagini, le figure simboliche, le metafore sanno oltrepassare i limiti impostici dagli altri ‒ o da noi stessi ‒, permettendo all’anima disponibile a patirle (nel senso etimologico del termine: che implica il viverle appassionatamente ma al contempo di tollerarne l’ineludibile sofferenza) il ritorno a, o il recupero di, se stessa. E ancora: “D’altronde sappiamo che il male è parte integrante della vita e per ritornare verso l’interezza di sé bisogna vederlo e farci i conti con umiltà e buona volontà”. Per questo nei racconti fiabeschi sono presenti nemici, streghe ed ostacoli vari. Perciò concordo senz’altro con l’autrice che ‒ rispetto al male ‒: “per contrastare la sua azione distruttiva, bisogna incontrare l’amore, ossia qualcuno che con calore e consapevolezza riattivi il gioco eterno dei sogni e dei desideri, offrendo una casa all’anima”.
Purtroppo un’anima disorientata non sa più dove dimorare e che fare. Essa abita, per dirla con una metafora felice, nelle tenebre. Ma proprio allora è il momento (l’occasione propizia) per “cercare la luce nell’oscurità dell’inconscio”. Come? Per tentare di rispondere in modo sintetico, cedo il testimone a Stroppa, tanto illuminante appare la sua riflessione: “La magia è sempre la stessa: riconnessione, unione delle parti scisse mediante il pathos che appartiene alla parte innocente della personalità”. Con l’aiuto di un qualche mago, perché no, oppure di uno/a picoanalista capace di far scoprire alla persona in difficoltà il tesoro che è celato in lei. Per tornare al tema delle illusioni, occorre quindi attraversarle senza negarle, affinché poi possano resuscitare trasformate, divenendo slancio creativo, fecondo, salutifero e amorevole.
Come si sottolinea nel saggio, assai spesso i traumi psichici annullano perfino la possibilità di concepire un ambito diverso dalla situazione in cui ci si trova impantanati. Per questo l’anima non si libera dai propri problemi se non inizia ad immaginare almeno un’alternativa rispetto allo stato attuale, che non per forza/sempre è condannato a rimanere statico, immodificabile. Soltanto così tuttavia può iniziale il viaggio di ritorno alla propria autenticità. È quanto riesce a fare Dorothy alla fine del racconto di Baum. Ma non si tratta di mera fantasia narrativa. Lo ribadisce la nostra psicoterapeuta, cui lascio infine la parola conclusiva:
“Il ritorno a casa ha a che fare con la ricomposizione dell’asse Io-Sé, che vede al centro del percorso il bambino con tutta la sua fragilità e i traumi subiti, ma anche con la potenziale integrità che serba in fondo al cuore”.
Carla Stroppa, La magia del ritorno. Sulle tracce del Mago di Oz di Frank Baum, Moretti&Vitali, 2024, pp. 197, euro 18,00
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