Non solo libri
Andrea Di Consoli e il cinema
di Augusto Ficele
Andrea Di Consoli, scrittore, poeta e autore televisivo, ogniqualvolta affronta di petto la propria terra, crea una crepa, non un ricongiungimento. Le ferite aperte le bagna con il sale, unico modo per formare sulla propria pelle un odore inestinguibile di Lucania. È alle prese con il suo film, di cui ha curato il soggetto e la sceneggiatura, affidando la regia a Simone Aleandri con la produzione di Clipper Media insieme con Rai Cinema. Il film si intitola “La notte più lunga dell’anno” e tratta 5 storie forse distanti forse incrociate che si svolgono in una notte a ridosso del Natale. Di recente, presso il Teatro Stabile di Potenza, si è svolto il casting che ha chiamato a raccolta diverse decine di aspiranti comparse tra i 18 e i 65 anni. Con Di Consoli approfondiamo il suo rapporto dolente e viscerale con la propria terra attraverso una nuova lente, quella cinematografica.
Potenza è stata spesso raffigurata come una delle città meno interessanti d’Italia a livello urbanistico e turistico. Eppure dietro l’ordinarietà del capoluogo lucano si nasconde un certo fascino. Per lei è un forte rischio ambientare un film in una città apparentemente anonima?
“Non è un rischio per una semplice ragione: perché chi decide di farmi scrivere qualcosa sa in partenza che non otterrà nulla di cartolinesco, di oleografico, di esteticamente suggestivo, parola eufemistica per dire furbizia. Ma poi mi chiedo: cos’è la bellezza? Da ragazzo non la amavo molto, Potenza. Non mi piaceva. E non mi piaceva perché non avevo ancora maturato un pensiero complesso sulla vita. Poi ho capito che in quella normalità, in quell’apparente grigiore, in quella sobrietà, in quei saliscendi faticosi si nascondeva qualcosa di struggente. Qualcosa che potrei definire così: una domestica epifania poetica. Per me la migliore poesia nasce nel cuore grigio della vita vera, della vita quotidiana”.
Il suo soggetto è stato affidato al regista Simone Aleandri, con cui ha già collaborato attraverso la realizzazione del documentario “Mater Matera”. Si è creata una solida sinergia tra voi due?
“Non sono una persona facile. Sono sempre critico verso ciò che faccio. Tendo a dire che è tutto sbagliato, che bisogna buttare nel cestino ciò che ho scritto. A volte tendo all’isteria, alla scontrosità. Simone ha sempre avuto pazienza. In questo è straordinario. Viene a casa mia e mi fa capire le cose, mi porta con umiltà dove vuole lui, spesso riesce a farmi cambiare idea. È un regista con un’incredibile capacità di ascolto, di osservazione, di tessitura umana e narrativa. Ecco, lui riesce a mitigare i miei furori”.
Il film avrà attori del calibro di Alessandro Haber, Massimo Popolizio, Ambra Angiolini, Massimo De Francovich e Anna Ammirati. Vuole inquadrarmi certe caratterizzazioni dei personaggi in merito allo sviluppo della trama?
“Non posso svelare nulla della trama, ma posso dire che sono cinque storie forti che si sfiorano in una lunga notte. I personaggi sono tutti immersi in una resa dei conti con il destino. L’esito sembrerebbe tragico. E invece arriva sempre qualcosa a rendere meno doloroso l’improvviso accelerarsi degli eventi. Se proprio devo dirla tutta, dentro ci sono molti echi di ‘Lago negro’, mio libro d’esordio narrativo”.
Il “Serpentone” è un edificio alto 40 metri e lungo mezzo chilometro, situato in un quartiere periferico di Potenza. È stato più volte oggetto di conflitti e stigmatizzazioni, eppure questo paesaggio di cemento possiede una chiave poetica nel disagio. Avrà un certo spazio nell’ambientazione del film e quali altri luoghi verranno coinvolti durante le riprese?
“Sì, il ‘Serpentone’ ci sarà. E ci sarà un po’ tutta Potenza, da quella più storica e quella più recente. Sono sicuro che Aleandri, con la sua estetica che spesso ho definito calligrafica, saprà rendere magica questa città in apparenza ordinaria”.
Di recente le produzioni cinematografiche stanno sfruttando il più possibile l’immaginario turistico della Basilicata, talvolta anche con modalità retoriche. Da lucano non sente una forte responsabilità nel restituire un’autenticità senza patina alla sua terra, attraverso il suo sguardo filmico?
“Assolutamente sì. Mi piacerebbe molto portare al cinema una Basilicata priva di retorica, di populismo, di finte suggestioni magiche. Una Basilicata normale, poco pittoresca e per niente oleografica. Ma, appunto, una Basilicata che sa donare poesia proprio in un simile paesaggio normale, ordinario, marginale, quasi sgraziato. Mi piacerebbe fotografare la vita così com’è. E, così com’è realmente, la vita somiglia molto a Potenza”.
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