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A Salvador de Bahia con Jorge Amado

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Amado racconta la Bahia delle spaccature sociali dove i ricchi di origini europee stanno nella città dei palazzi storici e bar letterari e gli ex schiavi nelle favelas portuali.

DI ANTONIA DEL SAMBRO

Salvador de Bahia e de Todos os Santos è diventata famosa per le sue splendide spiagge e il suo centro storico con chiese barocche e storici locali portoghesi solo di recente. Così come di recente, grazie proprio agli scritti di Amado, son diventati famosi anche la cucina bahiana, particolarissima e speziatissima in confronto a quella brasiliana tradizionale, la capoeira e i riti animisti e religiosi propri della città di Bahia. Jorge Amado, infatti, ha fatto molto di più che collegarsi al filone del realismo magico della letteratura sudamericana, ha fatto sì che tutti conoscessero, attraverso i suoi bellissimi libri, la propria città natale. Una città che pur stando in Brasile è diversissima da tutte le altre per storia, tradizioni e sviluppo sociale. Affacciata su quella porzione di oceano che dà direttamente sulla direttrice africana, Salvador de Bahia è stata dal Cinquecento in poi, un porto internazionale molto importante, crocevia di continenti e i di merci e di persone che arrivavano proprio sulle coste della città brasiliana per rimanerci e creare le prime nobili e benestanti colonie portoghesi e allo stesso tempo punto di approdo di navi e uomini che dalle coste di Salvador si inoltravano, poi, nella sconfinata area brasiliana. E dove c’erano ricchi coloni e colonizzatori arrivavano anche gli schiavi. I secoli di conquista ed espansione spagnola e portoghese in America Latina sono coincisi anche con il periodo orrendo dello schiavismo e dei negrieri e trafficanti di uomini liberi che si ritrovavano ad essere catturati in Africa come bestie e trascinati dall’altra parte dell’oceano e diventare poco più che oggetti personali e di consumo. Molti nelle famose fattorie brasiliane e tanti nei porti affacciati sull’oceano. Mare morto di Amado racconta proprio questa Bahia, la più vera, quella di profonde spaccature sociali dove i ricchi, i benestanti e i padroni, rigorosamente di razza bianca e origini europee, stanno da una parte, nella città alta tra palazzi storici e bar letterari e gli ex schiavi vivono ancora di stenti e miserie tra le favelas portuali. Perché a Bahia, i posti più poveri e abbandonati erano e sono ancora in parte quelli dove vivono i pescatori, gli ex schiavi, la gente di colore e alcuni indios nativi brasiliani surclassanti anche essi dallo strapotere dei conquistatori europei. La Bahia del porto è ancora oggi la città dei brasiliani veri dove poter assaggiare i piatti tipici locali, un misto tra antiche ricette indios, cucina africana con teste di pesce e pollo e sofistica cucina europea a base di gamberi cotti nel latte di cocco o con la tapioca del Sudamerica. Leggere Mare morto significa capire perché Bahia a differenza di altre metropoli brasiliane è particolare e unica nel suo genere. Perché i culti più profondi e noti della religione brasiliana sono nati proprio qui, come quello di Yamamja, santa per i cattolici, divinità per gli animisti, “il mare” per gli indios. Tutto a Bahia è frutto di culture e lingue diverse e tutto risente di questo amalgama e di questa mescolanza perfetta. Amado la racconta in Mare morto, il vero libro sulla città.

 

 

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