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Intervista a Milo Vallone

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Milo Vallone, attore e regista nato a Pescara, classe 1973, si racconta a Leggere: tutti. In quest’anno vissuto sul palcoscenico, ha appena concluso la realizzazione dei due audiolibri di Jacopo Stante, editi da Mnamon e disponibili su Audible e le altre piattaforme, ai quali ha prestato la voce. Qui ci parla della sua passione per la recitazione, ma non solo.

di Francesco Toniarini

Da dove nasce la sua passione per la recitazione?

Sono tanti i momenti che mi hanno fatto nascere la passione per la recitazione, ma se devo sceglierne e ricordarne uno, non posso non citare mio padre. Era un avvocato, anche se non esercitava, perché scelse un lavoro impiegatizio ma aveva una grandissima passione per l’arte nelle sue molteplici espressioni: amava la musica, la pittura e il cinema.

Ricordo che nella mia infanzia, eravamo alla fine degli anni ’70, mio padre già da tempo si era comprato una cinepresa, una “Super 8”. La domenica ci proponeva di girare dei piccoli cortometraggi, brevissimi, che duravano al massimo cinque minuti, perché quella era la durata della pellicola di una bobina. E così, la domenica a pranzo si improvvisava, buttando giù delle idee per scrivere la trama; nel primo pomeriggio si provavano le scene e nella seconda metà del pomeriggio si giravano questi brevi film.

Mio padre avrebbe provveduto poi a montarli, incollando la colonna sonora dell’audio e delle musiche, così come si usava fare prima dell’avvento del digitale che ha semplificato o addirittura annullato molte procedure analogiche. Quest’ultime rendevano la realizzazione anche di un semplicissimo e brevissimo cortometraggio domestico, una costruzione artigianale così meticolosa da essere di grande, grandissima fascinazione soprattutto per un bambino piccolo.

Il rivedermi poi proiettato sullo schermo, con quelle immagini che scorrevano con un senso logico, come in un ormai ricomposto bellissimo puzzle dinamico, lo trovavo di una magia così entusiasmante che credo sia partito tutto da lì, da quelle domeniche a pranzo.

 

Ha mai lavorato nel doppiaggio, data la sua voce così talentuosa?

Innanzitutto grazie per il complimento. Comunque sì, ho lavorato per un po’ nel doppiaggio, una quindicina di anni fa ma poi ho lasciato. Il doppiaggio è una specialità dell’arte della recitazione affascinantissima e per la quale ho un grande rispetto, ma per un attore rischia di essere mortificante e “pericolosa”.

Mortificante, perché se sei abituato a far passare la completa espressività di un dato personaggio con tutto te stesso, il doverlo fare con il solo utilizzo della voce può essere frustrante o perlomeno per me lo è stato. E poi può essere pericoloso perché un attore che lavoro troppo con la sola voce nel tempo rischia di dimenticarsi che ha anche la mimica e la gestualità, che sono i veri protagonisti della comunicazione non verbale; una forma espressiva importante quanto quella vocale per la costruzione di un personaggio.

Ho lavorato con diversi attori, ormai molto dediti al doppiaggio e ho notato che hanno appunto quasi del tutto dimenticato il gesto e la mimica per concentrarsi solo sulle intonazioni e sui suoni della propria vocalità. Praticamente si rischia di diventare ciò che io chiamo “una voce che cammina”.
E allora ho cercato di evitare il rischio.

 

Aveva mai prestato la voce a un progetto che non la vedesse coinvolto come attore o regista?

Sì. Lavoro molto con la voce. Evito il doppiaggio di colleghi stranieri, come dicevo ma utilizzo molto la voce per progetti interessanti, soprattutto come voce guida, voce fuori campo di documentari. Però questa è stata la prima volta che ho prestato la voce per un audiobook. Avevo letto e inciso poesie e anche racconti, ma mai un intero libro.

 

Perché ha scelto il progetto editoriale di Jacopo Stante?

Perché scelgo sempre i progetti che trovo interessanti e questo lo era. Sia perché rappresentava come dicevo, una novità e sia perché leggendo il libro, per capire se accettare il lavoro l’ho trovato interessante per contenuto e forma.

 

Domanda retorica: quanto contano i temi ambientali per lei, specialmente oggi?

Non saprei quantizzarne l’importanza, li trovo semplicemente, necessari.
Viviamo in un’epoca in cui la superbia dell’uomo, che a mio avviso è il vizio capitale per eccellenza e che caratterizza l’uomo da sempre, perché in fondo è questo il nostro peccato originale, sta raggiungendo livelli pericolosissimi; e chi più soffre per questo delirio di onnipotenza è proprio l’ambiente.

Credo che a parte i convegni e le conferenze, l’arte nelle sue svariate forme possa e debba occuparsene, perché la capacità di persuasione che può avere un libro, un film o una canzone è di una forza che nel tempo può essere salvifica.

 

Il prossimo libro di Stante a cui ha prestato la voce “Charlie definisci libertà” uscirà prossimamente sia cartaceo che in versione audiobook, e parla di intelligenza artificiale. Cosa pensa dell’AI? È innegabile che potenzialmente costituisca un rischio per il mondo della recitazione e del doppiaggio, che infatti da tempo ne chiede una regolamentazione in tema di diritti d’autore e proprietà intellettuale e artistica.

Penso che sia un salto in avanti della tecnologia assai pericoloso.
Era già successo che uno sviluppo tecnologico agisse in quella tristissima dinamica di sostituzione dell’uomo, ma finora la sostituzione è sempre stata arginata al “fare”: penso alle catene di montaggio, che decenni fa sostituirono molti operai ma non era mai successo che si sostituisse l’uomo nella sua capacità creatrice e generativa.

E questa chiamata all’allerta vale un po’ per tutti gli aspetti del vivere e della società.
Nello specifico del campo artistico, invece, si arriverà a barricarsi in una trincea che non potrà impedire alla tecnologia quella triste e pericolosa opera sostitutiva, ma potrà rappresentare l’avamposto di una schiera di artisti che impreziosiranno le loro opere della propria umanità, come accade con quel “fatto a mano” che aumenta il valore ad alcuni manufatti.
Gli artisti con la A maiuscola saranno come quei preziosi artigiani del legno ai quali a volte ci preferiamo rivolgere anziché comprare un economico ma dozzinale mobile di un’azienda scandinava.

 

Ha avuto un’estate piena di eventi, come abbiamo potuto apprendere dai suoi social. Quali sono i progetti futuri per la stagione appena partita?

Senza un solo giorno di sosta, finiti i lavori della stagione estiva mi sono subito lanciato nei lavori di quella autunnale.
Sto preparando pressoché contemporaneamente due nuove opere che debutteranno in teatro, a distanza di tre settimane l’una dall’altra. Una si intitola “Primissimo Piano” ed è uno spettacolo su Pierpaolo Pasolini e Maria Callas e sulla loro storia d’amore e amicizia.

L’altro invece, di cui sarò anche l’autore del testo, si intitola “Don Chisciotte 2.0 – Sono tornato” e mi divertirò a impersonare il famoso protagonista del capolavoro di Cervantes catapultato ai giorni nostri. Va da sé che ne avrà molte da dire anche su alcuni temi toccati in questa intervista.
Infine sarò sul set di alcune serie per la Rai e per delle piattaforme, ma sono progetti sui quali non posso dir nulla, non per scaramanzia ma per via dei meno romantici vincoli contrattuali.

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